Serenity, di Steven Knight | Bad Movie

Il Bad Movie della settimana è Serenity, terza regia tra rischio e sperimentazione dello sceneggiatore inglese nominato all'Oscar Steven Knight

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Spoiler Alert

Knight's Tales

Come sceneggiatore lo conosciamo. Passa con disinvoltura dal traffico di organi di Piccoli Affari Sporchi (2002; nominato all'Oscar per Miglior Sceneggiatura Originale) alla mafia russa stabilitasi a Londra (La Promessa Dell'Assassino, 2007) al quiz televisivo (tra i creatori di Who Wants to Be a Millionaire? nel lontano 1998). Si è anche prodotto in commedie gastronomiche (Amore, Cucina e Curry, 2014; Il Sapore Del Successo, 2015), spy movie vecchio stile (Allied, 2016), gialli scandinavi pure in fase di reboot (Millennium - Quello Che Non Uccide, 2018) e serie tv come showrunner (Peaky Blinders + Taboo rispettivamente nel 2013 e 2017). Da regista Steven Knight ha sempre preferito il racconto con il maschio isolato al centro, di solito interpretato da alpha men e/o star. Il suo protagonista è spesso un uomo posto in una situazione limite, osservato scrupolosamente dalla macchina da presa, spesso in conversazione con sé stesso, solo contro tutti, vicino al metafisico. Erano così Jason Statham, ex soldato scelto in Afghanistan finito homeless per le strade di Londra dove assumerà un'altra identità in Redemption (2013) e Tom Hardy, capo cantiere in quel di Birmingham pronto a perdere lavoro, moglie e figli tutto in una notte per correre in macchina ad assistere al parto di un ex amante convinto che lei non ce l'avrebbe fatta senza la presenza di lui in Locke (2013).
Ora tocca a Matthew McConaughey nei panni del pescatore Baker Dill.

Il Tonno

C'è stata una balena di nome Moby Dick. Poi c'è stato uno squalo... di nome Lo Squalo (1975; ma alcuni preferiscono l'appellativo Bruce). Aggiungiamo orche, piranha, piovre, megalodonti, delfini, kraken. Abbiamo visto tutti i tipi di creature tra i flutti, anche sirenette di carnagione bianca e spugne di mare con braghette e cravattine di nome Spongebob. Serenity di Steven Knight ci fa incontrare Giustizia, un tonno gigantesco dell'oceano atlantico che il pescatore supersexy Baker Dill sta inseguendo da anni bloccato sull'isola misteriosa di Plymouth (un vulcano e una specie di Dea Kali sul porto per benedire i marinai) forse a largo della Florida. Intravediamo Giustizia da sotto il pelo dell'acqua cristallina. È gigantesco, furbo, con belle gobbe sulla spina dorsale fotografate in controluce. "Io pesco tonno" dice Baker; "No tu peschi solo UN TONNO" gli rispondono all'inizio del film. Knight realizza subito una bella sequenza di ossessione venatoria modello Achab di Moby Dick e/o Quint de Lo Squalo con sforzo, lotta tra l'uomo e il pesce, gadget appariscenti, enfasi in sound design della canna da pesca (che godimento sentire quel mulinello) e Matthew McConaughey in forma smagliante con t-shirt appiccicata al corpo grondante sudore.Vediamo più i pettorali che non i famigerati addominali del periodo frivolo prima dell'Oscar per Dallas Buyers Club ovvero dal 2001 al 2011. Ma non c'è il momento di sedersi accanto a Baker Dill dentro la barchetta Serenity per un bel film di caccia & pesca che tutto cambia improvvisamente.

La Pupa

C'è da dire che la vita di questo pescatore solitario è strana. Sembra Ricomincio Da Capo ma ai Caraibi. Baker è lo scopamico di una "gattara" un po' strega di Plymouth (Diane Lane, quattro anni più vecchia di McConaughey), si fa la doccia buttandosi ogni mattina dalla scogliera (nudo), trinca rum spesso e volentieri nell'unica locanda del luogo, disegna appunti incomprensibili su un taccuino, parla da solo ("Scusami ragazzo, ero convinto di averlo preso") e tira a campare disinteressandosi a dove i clienti vogliano andare a pescare (a volte li minaccia con il coltello). C'è anche un dj alla radio che sembra ripetere la stessa trasmissione giorno dopo giorno. A Plymouth tutti si conoscono, spiano ed il posto è un centro di pettegolezzi che al confronto la Windsor de Le Allegre Comari di Shakespeare è una megalopoli dove nessuno si impiccia degli altri. A proposito del Bardo e della sua perenne attualità: in Spider-Man Far From Home si cita la sua produzione storica (Enrico IV: "E solo inquieto giaccia il capo che porta una corona") mentre qui si tira in ballo una delle sue opere più fantasiose come La Tempesta con il celeberrimo passaggio: "Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni". Quando l'ex moglie di Baker Dill arriva a trovarlo anni e anni dopo il divorzio è subito chiaro che l'ossessione da Il Tonno passa a La Pupa anche grazie a una Anne Hathaway mai così languida al cinema con appariscente criniera bionda e morbosa attitudine passivo-aggressiva come nelle più classiche fantasie erotiche di un uomo medio del '900. Il Tonno scappa sempre mentre La Pupa, che Dill non vorrebbe più vedere, non lo molla più presentandosi al suo cospetto con costanza fino al momento della classica offerta noir: ucciderle il marito. Lei è un mix tra l'Ingrid Bergman di Casablanca (1942) e la Kathleen Turner di Brivido Caldo (1981) e dobbiamo dire che è affascinante vedere la Hathaway recitare la parte capendo perfettamente quanto quello stereotipo possa ancora oggi avere un appagante senso cinematografico almeno per il pubblico maschile più maturo d'età. Nel momento in cui il film passa dal Tonno alla Pupa pensavamo che il noir avrebbe preso il sopravvento su caccia & pesca e invece...

L'inconscio

C'erano isole che non c'erano (Shutter Island di Martin Scorsese), città dove saltare sui tetti dei palazzi (Matrix delle sorelle Wachowski), vite newyorchesi inesistenti (Allucinazione Perversa di Adrian Lyne), dieci fantomatiche persone bloccate in un motel (Identità di James Mangold), forse un'intera proiezione di sé stessi in versione true detective (la misteriosa terza stagione dello show di Pizzolatto dal finale enigmatico). Oltre ai mostri marini abbiamo visto anche tanti film che hanno utilizzato l'inconscio come schermo cinematografico in cui far confluire vari personaggi ingannandoci che non fossero prodotti di un'unica mente ma creature concrete, di quel mondo reale, per cui tifare e provare emozioni. Serenity porta il discorso alle estreme conseguenze e forse era il caso, una volta scelta questa strada così pericolosa in sceneggiatura (del solo Knight), non far vedere in quell'inquadratura iniziale il ragazzino verso cui si zoommava per entrargli nell'occhio. L'ultimo colpo di scena nel terzo atto ha indignato molti critici anglosassoni perché il Dill prodotto dalla mente del figlio (ecco un altro personaggio di Knight che ha fatto la guerra come in Redemption; in questo caso Iraq, 2006) entra in contrasto con quell'universo come se si ribellasse contro il suo stesso creatore. È il super-io freudiano che interviene quando a Dill si cerca di impedire in tutti i modi di commettere un omicidio? E vogliamo parlare di un figlio che ipotizza e mette plasticamente in scena una torrida scena di sesso tra sua madre e suo padre con papà sprezzante post coitum come a punirla per essersi risposata con un uomo violento dopo la sua morte? "C'è un te e un me, da qualche parte" continua a ripetere Dill al figlio verso la fine della pellicola. Certo non si può dire che Steven Knight non abbia avuto il coraggio di fare qualcosa di completamente diverso come terza regia. È partito dalla film di caccia & pesca per poi virare verso il noir classico misogino per poi approdare dentro la fantasia caraibica di un adolescente affetto da patologia mentale così traumatizzato dalla morte del padre eroe di guerra dall'averlo ricreato dentro di sé, e al computer, per poi spingerlo a convincere sé stesso di poter uccidere il patrigno dopo averlo guidato (e impersonato?) in un amplesso con la propria madre. Non stupisce che più di qualcuno abbia stroncato un'opera così chiaramente oscura e controversa nascosta dietro i colori sgargianti del mare delle Mauritius (hanno girato lì) e la recitazione semplicemente perfetta tra bellezza e gestualità di un magnifico Matthew McConaughey.

Conclusioni

Non sappiamo se dopo questa terza regia così particolare e dal risultato fallimentare (solo 11 milioni incassati nel mondo a fronte di un budget da 25) Knight tornerà al timone di un film. Al momento lo vediamo accreditato come sceneggiatore per la miniserie con Tom Hardy di A Christmas Carol diretta da Nick Murphy mentre sappiamo che il suo copione per il sequel di World War Z non fece impazzire di gioia i produttori. Non sarebbe male per noi poter estendere la filmografia da regista a qualche titolo in più. Perché piacciano o non piacciano, polarizzino o non polarizzino, i film diretti da questo signore sono sempre visioni di serena complessità, tra rischio e sperimentazione.

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