Il segreto del cinema di Rashomon, 70 anni dopo

C'è qualcosa che rende Rashomon il piano regolatore su cui si è sviluppato tutto il cinema moderno che è venuto dopo

Critico e giornalista cinematografico


Condividi
Rashomon di Akira Kurosawa usciva nei cinema italiani 70 anni fa.

Il segreto di Rashomon non è chi davvero abbia ucciso il samurai e violentato sua moglie ma come sia possibile che un film così complicato continui ad essere così popolare, amato e influente. Per chi non lo conosce il riassunto della trama è semplice: il fattaccio di cui sopra è accaduto e, davanti ad un tribunale, 4 persone rievocano quei fatti per come li hanno visti da testimoni, solo che ognuno, in flashback, fornisce un resoconto diverso perché ognuno vede e percepisce la realtà diversamente, a partire dalla propria posizione e condizione. La verità è irraggiungibile.

Idea altissima in un film di eccezionale presa che è il padre di tutte le possibili decostruzioni narrative, nonchè il primo film giapponese a sfondare in occidente (Leone d'oro al Festival di Venezia). Non solo faceva un ampio uso del flashback (non una novità, già lo facevano i noir), ma spacca un singolo racconto in 4, passa sopra gli eventi per 4 volte (anche se ogni volta con molte differenze) e ingaggia con lo spettatore un duello. È il cinema di Lubitsch (che veniva prima) che chiede sempre allo spettatore di completare quel che avviene, di fatto coinvolgendolo nella creazione di senso in maniera profonda, ed è il cinema della Nouvelle Vague (che verrà dopo) che rompe le gabbie formali e chiede allo spettatore di seguirlo mentre racconta le sue storie in modi non convenzionali. È quello che 50 anni dopo Memento di Christopher Nolan ha portato all’apice, la battaglia con lo spettatore per l’interpretazione di cosa stia davvero accadendo a partire dalla percezione soggettiva dei personaggi. Il film puzzle che ha dominato negli anni ‘90 nasceva già lì.

rashomon donna

Ma ancora Rashomon è il cinema atemporale di Rapina a mano armata e tutto quello che viene dopo, la decostruzione della percezione, ribaltare la linearità solita del racconto così tanto che lo spettatore è costretto ad un surplus interpretativo anche solo per mettere insieme i pezzi e trovare delle risposte. Risposte che comunque non avrà in questo caso, perché non ci sarà mai una vera versione ufficiale dei fatti, il punto è proprio che mentiamo a noi e mentiamo agli altri e il reale è inconoscibile se non a partire dalla soggettività.

rashomon mifune

Il paradosso è che tutto avviene non in città, non nel presente, ma immersi nella natura, con un'enfasi visiva che ha fatto epoca proprio sulla presenza di elementi naturali. Il sole e la luce sono l'arma principale di Rashomon. È a luce che genera le ombre del fogliame sul corpo degli attori (all'epoca le macchine da presa non erano così sensibili da catturare la luce naturale e si usavano specchi per enfatizzarne la potenza), è la luce del sole che viene ripreso direttamente (prima volta nella storia del cinema che qualcuno puntava l'obiettivo sul sole), sono i raggi sulla spada di Toshiro Mifune, una pioggia così densa perché era acqua colorata di nero per risaltare nel bianco e nero e la chiarezza pazzesca delle scene di tribunale, in cui sole e ombra sembrano tirare una linea tra due mondi. Nell'esaltazione più pura del mondo che conosciamo, nell'immersione totale nella realtà empirica, c'è l'ambiguità umana.

rashomon profili

Però Rashomon oltre a costringere ogni singola persona in sala ad attivarsi al massimo (e poi frustrare tutti con la mancanza di soluzione) era anche un film giapponese del 1950, arrivato 5 anni dopo le due bombe nucleari e una sconfitta nel secondo conflitto mondiale che è stata un’ecatombe umana e politica, la fine di un mondo (il Giappone pre-seconda guerra mondiale non era un regime ma per etica e percezione del mondo non era meno spietato e suprematista della Germania nazista). A quel pubblico lì che disperato per anni aveva vagato tra le macerie economiche della sconfitta, dentro un paese in ginocchio, quel film diceva “Ma chi è stato? Chi ha la colpa di quello che ci è successo?”.

rashomon morale

Quello è il segreto di Rashomon, presentarsi come una parabola di pura speculazione filosofica (come Achille e la tartaruga) ma mantenere un aggancio potente all’attualità dell’epoca e poi nei decenni a venire, nella vita di ognuno. La risposta a quella domanda, di nuovo, i giapponesi la cercavano ma non potevano averla perché non c’era. Kurosawa girava un film in cui lo smarrimento era ovunque e i colpevoli erano impossibili da trovare perché ognuno aveva una sua versione. Era la rappresentazione di quel Giappone, delle voci contrastanti, delle tensioni e di una turbolenta visione della storia recente. Un omicidio e una violenza sessuale come filtro per comprendere una guerra, una sconfitta e due bombe nucleari.

rashomon abbraccio

Come già scritto poi Rashomon è diventato altro, il progetto su cui è stato costruito il cinema moderno, quello che distrugge la narrazione classica e incorpora dentro di sé elementi di sfida allo spettatore, in modo da renderlo ancora più partecipe della costruzione di senso. Era il passo prima di 8 e mezzo. Ma ancora oggi, vedere un film del genere, se non lo si è mai visto prima, scatena idee, riflessioni e prese di coscienza che nessuno dei suoi molti epigoni è riuscito a mettere in campo. Rashomon ha ancora qualcosa di unico e originale da dire, nonostante sia uno dei film più noti, conosciuti, imitati e influenti della storia del cinema.

Continua a leggere su BadTaste