Scuola di polizia, rivisto oggi
Scuola di polizia è, effettivamente, per la prima volta nella storia di questa rubrica, pieno di battute che oggi non si potrebbero scrivere
Questo articolo fa parte della rubrica Rivisti oggi
Scuola di polizia è stracolmo di umorismo c.d. “politicamente scorretto” ma anche più in generale dello spirito degli anni in cui è uscito: parecchie battute e gag che oggi ci fanno sobbalzare sul divano (e ce ne sono, non fate finta di nulla), quarant’anni fa erano semplicemente normale umorismo. Persino le recensioni dell’epoca si concentravano di più sul fatto che fosse un pessimo film (discutibile) che sulla grana grossissima dello humor: il debutto alla regia di Hugh Wilson non è mai stato un film shockante, solo un’ottima dimostrazione, se mai servisse, di come è cambiato il concetto di umorismo negli anni.
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Ma cos’ha di così terribile Scuola di polizia?
Scuola di polizia è, in un certo senso, un catalogo di tutto quello che negli ultimi quarant’anni abbiamo cercato di correggere o per lo meno di ricontestualizzare. Ci sono battute omofobe (c’è un’intera gag basata sul fatto che finire in un gay bar è un’esperienza degradante per un vero uomo, e non è sovversiva e antimachista perché quelli che ci fanno la figura peggiore sono proprio gli avventori del bar), battute grassofobe (un intero personaggio esiste solo sulla base del fatto che è grasso), sessismo, molestie, bullismo, razzismo… scegliete voi quale -ismo, ne troverete almeno uno in ogni scena di Scuola di polizia.
L’intera premessa del film è presentata come una burla di cattivo gusto: la scuola di polizia vuole diventare più inclusiva e quindi accetterà per la prima volta uomini non bianchi, donne bianche e donne non bianche – il che significa poi il peggio del peggio, un branco di incapaci e/o sociopatici che solo una rigida disciplina può rimettere in riga. E non c’è alcun ribaltamento ironico, perché la satira che colpisce l’apparato di potere è tendenzialmente più blanda di quella che sfotte i nuovi, imbranati cadetti. Scuola di polizia è un film cattivo, che si diverte a torturare i suoi protagonisti sapendo (e sapendo che il pubblico sa) che alla fine in qualche modo trionferanno. Ma più che un trionfo è un sollievo.
L’importanza di chiamarsi Mahoney
Scuola di polizia, però, è anche un film comico interpretato da un grandissimo cast, che riesce a elevare anche le battute e le situazioni più scontate. E a capo di tutti c’è il Mahoney di Steve Guttenberg, una delle più clamorose e azzeccate facce da schiaffi d’America, i cui continui ma sottili sfottò ai suoi superiori sono uno dei principali motori del film – quelli, e i suoi candidi tentativi di farsi sbattere fuori, almeno fino a che a scuola non trova l’amore. E Kim Cattrall è una spalla perfetta, oltre che la dimostrazione che Natalie Dormer è una sua regen. Certo, il modo in cui i due fanno conoscenza è tramite una molestia, alla quale lei reagisce con fin troppa nonchalance – ma abbiamo già stabilito che Scuola di polizia è così.
Il fatto è che il loro rapporto funziona, e tiene ancorato alla realtà un film che altrimenti è una collezione di gag tra lo scemo, il surreale e la slapstick pura. Si è spesso presa in giro l’abitudine di Hollywood di piazzare una storia d’amore in qualsiasi film per renderlo più appetibile, ma in questo contesto è, se non una necessità, quantomeno un elemento di equilibrio, oltre che l’occasione per vedere Guttenberg e Cattrall che interagiscono. Non stiamo dicendo che il resto del cast non spicchi, ovviamente, ma in un modo o nell’altro sono tutti iper-caratterizzati da una singola specialità; i due piccioncini sono invece i personaggi più tridimensionali, per quanto possano esserlo i protagonisti di Scuola di polizia.
Il capo della scuola di polizia
Lasciateci infine spendere qualche parola per il teorico villain del film, la Umbridge di turno, il capo istruttore Thaddeus Harris, interpretato da un clamoroso G.W. Bailey. Una delle grosse differenze tra i film comici di allora, anche quelli più semplici e pure banali, e quelli di oggi è che un tempo si riusciva a infilare grandi caratteristi in ruoli importanti, lasciando loro la libertà totale di divorarsi ogni scena nella quale appaiono. Bailey è un esempio (come lo può essere Lloyd Bridges in Hot Shots!), ed è un piacere ogni volta che appare ad abbaiare qualche orrenda scorrettezza.
Sono quindi le prestazioni personali a elevare Scuola di polizia, che per il resto è una collezione di gag collegate dal contesto ma più o meno scollegate da una linea narrativa classica – è un po’ un film senza trama, insomma, ma pieno di personaggi e di interazioni tra questi archetipi misti a maschere di carnevale. Ha un suo fascino, perché oggi è difficile trovare film così personaggiocentrici e destrutturati. E qui e là fa ancora parecchio ridere. Il più o meno dipenderà dal vostro rapporto con certo umorismo.
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