Sacha Baron Cohen in prima linea contro le distorsioni dei social media

Sacha Baron Cohen contro i social network senza controllo. Ma non è un episodio di Borat, è una battaglia personale e attualissima dell'attore

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Non c’è dubbio che Sacha Baron Cohen abbia ben chiaro di cosa sta parlando, quando si riferisce alla violenza, alla rabbia e al rancore, generati dal clima politico fortemente polarizzato e divisivo in America. Cohen infatti, nei panni di Borat, ha esplorato gli angoli più oscuri di quella società. Tra le tante (dis)avventure si era trovato ad affrontare direttamente - e realmente - le ire della destra estrema. Era salito sul palco di una convention alt-right fingendosi un cantante folk. Aveva cantato una strampalata e violentissima canzone, provocando le ire del pubblico. La scena, vista in Borat: Seguito di film cinema, aveva fatto particolare scalpore, quando diversi partecipanti avevano filmato e reso pubblico sui social media la sua incursione. Sembrava il tipico scherzo di Cohen, ma in realtà era qualcosa di più.

E sono proprio i social media l'oggetto al centro del dibattito politico e dei discorsi pubblici dell'attore. Sacha Baron Cohen non veste senza pensieri i panni del provocatore. Attraverso i suoi personaggi vuole smascherare i pericoli e le idiozie che si celano spesso dietro retropensieri non consapevoli. Da un po' di tempo la sua figura pubblica lavora in parallelo ai suoi personaggi per smuovere le coscienze. L'animo però è tutt'altro che leggero, da come si evince nelle interviste rilasciate per la promozione del suo ultimo film. Non è raro infatti sentirlo esprimere ai giornalisti la sua preoccupazione per la deriva della politica statunitense. In particolare, se ancora servissero indizi per capirlo, la scelta di fare uscire il seguito di Borat a ridosso delle elezioni e lo scandalo Giuliani che ne è seguito, hanno dimostrato la ferma opposizione dell’attore a Trump.

Sin dal 2015 Sacha Baron Cohen sta combattendo una personale battaglia contro l'assenza di regole online. Contro la possibilità di dire tutto, anche le falsità o i discorsi di odio, in nome della libertà di espressione. Spesso ha dimostrato l'impatto che l’assenza di controllo sulle notizie false, ad opera di quasi tutti i social network, ha sulla qualità del dibattito politico. Un percorso di sensibilizzazione condotto per molto tempo pressoché in solitaria, senza trovare (per sua ammissione) grande sostegno tra i colleghi del cinema.

Dopo il ban di Trump da Twitter e Facebook, Sacha Baron Cohen non ha trattenuto l’entusiasmo per la notizia e ha delegato il suo commento (non a caso) a un tweet. 

È il momento più importante nella storia dei social media. Le più grandi piattaforme hanno bannato il più grande fornitore di falsità, cospirazioni e odio. 

A tutti i dipendenti di Facebook e Twitter, gli utenti e i sostenitori che hanno combattuto per questo risultato… il mondo intero vi ringrazia!

È chiaro però che, a fronte di una decisione storica come questa, rimane un sottofondo decisamente preoccupante. Il fatto che questo tipo di piattaforme sia arrivato a una soluzione simile, è il sintomo evidente di un mal funzionamento. Una decisione che ha messo in luce l'impossibilità di contenere la diffusione di contenuti che incitano l’odio, di pericolose teorie di complotto o fake news.

Sacha Baron Cohen, da sempre impegnato nella lotta al razzismo e all’odio, si era particolarmente esposto nel 2019 con grande risonanza mediatica. Aveva preso parte a un convegno della Lega Antidiffamazione. Si tratta di un’organizzazione non governativa volta a combattere l’antisemitismo e le forme di pregiudizio. Nel suo discorso aveva sottolineato in particolare modo i suoi timori verso l'influenza dei social.

Il tutto senza mezzi termini.

Su quel palco ha definito Facebook, Twitter, YouTube come le più grandi macchine di propaganda della storia. Ha attaccato gli algoritmi che valorizzano consapevolmente le notizie che stimolano gli istinti più estremi (come disgusto o rabbia) con il solo intento di creare engagement e fare performare i contenuti. L’intera ossatura del suo ragionamento, che potete ascoltare qui, è guidata dalla frase di Voltaire “Coloro che riescono a farti credere delle assurdità, possono farti commettere delle atrocità”. Il suo intervento non è andato a vuoto. Il suo contributo ha aiutato la nascita del movimento Stop Hate for Profit, una campagna volta a fare pressione sui social media perché inizino a rinunciare ai profitti che derivano dall’amplificare l’odio.

L’esitazione rispetto all’oscurare i contenuti a rischio si collega direttamente al difficile tema dell’equilibrio con la libertà di espressione. Ma Sacha Baron Cohen non accetta queste argomentazioni. Così ha detto a Variety:

Continuano a declamare la frase “libertà di parola” senza davvero comprendere il senso della libertà di parola e della sua definizione, o che la visione particolare della libertà di parola negli Stati Uniti hanno deriva proprio dalla loro storia particolare. In Europa ci sono dei limiti a questa libertà che derivano dagli effetti del nazismo. C’è una forma di imperialismo ideologico per cui la visione di un manipolo di miliardari della Silicon Valley è imposto al mondo intero

L’urgenza ad agire non discende, per l’attore, solo dalle violenze viste a seguito dell’assalto a Capitol Hill, ma anche per le conseguenze che potrebbe avere sulla pandemia. 

Se le società che si occupano di social media non agiscono alla svelta per fermare i movimenti anti-vax dal diffondere le loro teorie di complotto, moriranno ancora centinaia di migliaia di persone, se non milioni.

Non è certo la prima volta che gli attori di Hollywood prendono forti posizioni politiche, ma sicuramente l’interprete di Borat è stato uno dei più attenti nell’interpretare ciò che stava accadendo. E l'ha fatto sia tramite le sue interviste che con il suo corrosivo mockumentary.

Abbiamo inserito Borat: seguito di film cinema tra le opere che hanno raccontato meglio il 2020 proprio per la sua capacità, tramite l’ironia grottesca, di farsi specchio di molte idiosincrasie. Sacha Baron Cohen ha spesso detto che al tempo del primo Borat questi sentimenti di odio e razzismo erano più nascosti. Ora invece, girando il seguito, è stato più semplice portarli alla luce. Gran parte della colpa è evidentemente attribuita dall’attore proprio ai meccanismi di comunicazione a cui si sottopongono gli utenti essendone, al contempo, parte integrante.

È chiaramente una posizione destinata a fare discutere, e che nasce dalle sue chiare convinzioni politiche. Ma l’abilità di Sacha Baron Cohen nel trasmettere messaggi e lo stile corrosivo che adotta, stanno agitando le acque nel dibattito pubblico americano.

E questa volta è riuscito a farlo interpretando il suo personaggio meno noto: se stesso. 

Fonte: Variety

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