Romeo + Giulietta sarebbe piaciuto anche a Shakespeare
Romeo + Giulietta è una geniale reinvenzione di una delle tragedie più famose della storia che anche il suo autore avrebbe apprezzato
«Quello che volevo fare era immaginare come Shakespeare avrebbe potuto girare un film tratto da una delle sue opere se fosse stato un regista». In questa dichiarazione di Baz Luhrmann (tratta da questa eccezionale intervista che risale al 1996) c’è tutto quello che serve per capire Romeo + Giulietta, arrivato da un paio di giorni su Star di Disney+. Non necessariamente apprezzare: il film di Luhrmann divise la critica – Roger Ebert lo definì “un casino” e “deprimente” – 25 anni fa e ancora oggi c’è chi odia questa operazione di modernizzazione, ma neanche troppo, di una delle più famose tragedie teatrali di tutti i tempi. Ma anche chi non lo sopporta e pensa che la definizione più adatta coincida con il nome della band che ha scritto la canzone con cui si apre il film non può non riconoscere che Romeo + Giulietta è esattamente quello che Baz Luhrmann aveva in testa quando ha cominciato a lavorarci. E come spiega il regista australiano, «Shakespeare scriveva opere per convincere un pubblico di 3.000 persone ubriache di ogni estrazione sociale a entrare in teatro, e la sua concorrenza erano gli orsi ammaestrati e le prostitute; era un intrattenitore che usava un’enorme quantità di trucchetti da palco per stupire il pubblico»: messa così, è difficile pensare che Luhrmann potesse fare qualcosa di diverso dal delirio postmoderno che ci ha regalato.
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Romeo + Giulietta, Bazmark e Leo
Baz Luhrmann è un australiano, e un tipo strano. È il regista australiano di maggior successo di tutti i tempi, ma a oggi ha girato, in quasi vent’anni di carriera, appena cinque film; e non perché sia di quelli che si prendono lunghe pause di riflessione tra un’opera e l’altra, anzi: Luhrmann sta raramente fermo, e quando non sta lavorando per il cinema è a teatro, oppure sta girando uno spot di Chanel, o una campagna per promuovere l’Australia come meta turistica. Nasce e cresce immerso nella creatività, nella bellezza e nel cinema: la madre insegnava danza ed era proprietaria di un negozio di vestiti, mentre il padre possedeva un distributore di benzina e un cinema, per cui il piccolo Bazmark (nato Mark, soprannominato Baz dal padre, al liceo si cambiò il nome all’anagrafe unendo i due) sceglie fin da subito la carriera nel mondo dello spettacolo. Teatro, cinema, televisione, poi nel 1992 il debutto da regista con Ballroom – Gara di ballo, adattamento cinematografico di una sua opera teatrale che incassa 80 milioni di dollari a fronte di un budget di 3 e catapulta Luhrmann nell’orbita della Hollywood che conta – e che ha soldi per sviluppare progetti ambiziosi da proporre a giovani di talento, o per accettare proposte ambiziose fatte da giovani di talento.
Romeo + Giulietta e la mafia di Verona Beach
La prima cosa che fece Luhrmann per assicurarsi di rispettare il suo pitch originale (“Come sarebbe un film su Romeo e Giulietta se lo girasse Shakespeare in persona oggi?”) fu decidere dove ambientare la sua storia. La scelta ricadde su un non-luogo, Verona Beach, che nella realtà è Città del Messico e nella finzione è invece un pastiche di diverse influenze e suggestioni: secondo Bazmark «è un mondo americano, ma anche latino, un po’ Sud America, un po’ Messico, un po’ Miami, ma alla fine è solo Verona Beach, un luogo universale». E devastato da una costante battaglia tra due gang, i Montecchi e i Capuleti, che dietro la rispettabile facciata di una sana competizione tra famiglie di industriali in concorrenza nascondono un sottobosco di malavita, ammazzamenti e più in generale mafia.
L’idea di trasformare la faida tra Montecchi e Capuleti in una battaglia tra famiglie mafiose è la chiave di volta di tutta l’operazione. Innanzitutto è rispettosa della tradizione, perché nell’opera di Shakespeare le due famiglie si spartiscono la città e conducono i loro affari con metodi da criminalità organizzata; l’opera non spiega mai quale sia la causa della faida tra Montecchi e Capuleti, ma il fatto che siano descritte come famiglie ricche e potenti fa pensare che ci possano essere dietro le solite, banalissime ragioni economiche – una dinamica di potere che è identica a quella dietro a moltissime storie di mafia. Poi permette a Luhrmann di modernizzare un altro dettaglio dell’originale che non avrebbe avuto senso nel 1996: invece di portare spade e spadini, i membri dei due clan girano con pistole intarsiate con il nome della famiglia, e che portano nomi ammiccanti e didascalici insieme tipo “Sword”. Infine dà l’occasione al regista di mettere in scena quel repertorio di “trucchetti da palco” che era tanto caro già a Shakespeare.
Sparatorie, prima di tutto. Tantissime, coreografatissime, ultra-pop, post-moderne, e no, non avete cambiato tab e non siete finiti su un pezzo che parla di Tarantino. Ma provate a riguardare questa scena, che è poi quella con cui si apre il film:
Montaggio frenetico, zoomate, carrelli rapidissimi, colori accesi ai limiti del fastidioso, gente che urla, un primo piano sui tacchi di ferro degli stivali di John Leguizamo: il primo impatto con la faida Montecchi-Capuleti è una clamorosa dichiarazione d’intenti, e l’ultima cosa che ci si aspetterebbe da un film ispirato a Romeo e Giulietta. Eppure crediamo che Luhrmann abbia ragione: se Shakespeare fosse vissuto negli anni Novanta e avesse fatto il regista avrebbe probabilmente concepito qualcosa del genere, consapevole che il pubblico va intrattenuto fin da subito per convincerlo a salire a bordo, dopodiché ci sarà tutto il tempo del mondo (o del film) per raccontare questa tragica storia di un amore tormentato e impossibile.
Leo, Claire e il resto di Verona
Paradossalmente, la tragica storia di amore tormentato e impossibile è la cosa meno interessante di Romeo + Giulietta, o quantomeno quella di cui è meno interessante discutere. Luhrmann è estremamente fedele al testo shakespeariano, al punto che tutti i dialoghi del film sono presi parola per parola dall’opera e reinterpretati in chiave moderna (è eccezionale la scelta di far recitare le prime battute a un’annunciatrice del TG), e la storia di Romeo e Giulietta che si amano ma non possono per cui si inventano un piano complicatissimo per sposarsi e fuggire a Mantova solo che le cose non vanno come previsto e loro muoiono è... be’, la conoscete, no? Luhrmann la segue quasi alla lettera, limitandosi a riambientarla, e scoprire come va a finire non è certo il motivo per cui si guarda Romeo + Giulietta.
Lo sono invece Leo DiCaprio e Claire Danes. Il primo sarebbe esploso di lì a un anno ma già in Romeo + Giulietta dimostrava di avere il physique du role e il talento per diventare una star di livello almeno mondiale. La seconda aveva appena 16 anni (DiCaprio 21, e infatti la prima scelta di casting, Natalie Portman, venne esclusa perché ne aveva 14 e “quando mi baciava sembrava mi stesse molestando”) e aveva debuttato al cinema solo due anni prima in Piccole donne; Luhrmann la scelse su consiglio di DiCaprio, secondo il quale «era l’unica che quando abbiamo fatto i provini mi ha guardato in faccia mentre dava le battute, invece di abbassare lo sguardo, sbattere le ciglia e provare a flirtare»; e in effetti se ci diceste che tra i due è Giulietta quella che colpisce di più non ce la sentiremmo di darvi torto. Ne approfitteremmo però per ricordarvi il resto del cast, dallo straordinario Mercuzio versione drag di Harold Perrineau al mai troppo compianto padre Laurence/Pete Postlethwaite, che contribuisce quanto i due protagonisti a dare vita a Verona Beach, un posto bellissimo dove non vivremmo mai.