Roma 2010 - Ghibli sì, Miyazaki poco

E' stato presentato al Festival di Roma l'ultimo film dello studio Ghibli, che però non è all'altezza delle opere del maestro, qui solo sceneggiatore. Visto anche il poco convincente L'Homme qui Voulait vivre sa vie...

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festival di roma

 A cura di ColinMcKenzie

  • Arrietty (Fuori concorso)
    I protagonisti di questa pellicola animata sono i Rubacchiotti, dei piccoli esseri che vivono un po' come folletti a contatto con gli esseri umani, ma cercando di non farsi vedere. Fino a quando l'arrivo di un ragazzino non porterà a cambiare la loro esistenza.

    Si, in teoria è un lavoro dello studio Ghibli, ma se vi state aspettando qualcosa a livello di Miyazaki o di Takahata è meglio non farsi illusioni. Certo, nella sceneggiatura di Miyazaki si possono trovare alcuni dei suoi temi preferiti (come i genitori assenti, costante autobiografica di molte sue pellicole), ma per il resto è più semplice notare cosa manca.

    Intanto, già dal punto di vista tecnico la differenza è notevole, visto che una certa attenzione certosina ai dettagli non viene mantenuta (anche se la cameretta di Arrietty è deliziosa). Nulla di sconvolgente, visto che siamo di fronte senza dubbio a un Ghibli minore, anche nell'investimento svolto.

    Dove però le carenze risultano meno perdonabili è negli sviluppi narrativi e nella costruzione delle scene. Praticamente manca ogni tipo di tensione, come se i personaggi non corressero nessun tipo di pericolo per buona parte del film. Non aiuta il personaggio della madre, assolutamente insopportabile visto che non fa che lagnarsi.

    E che dire delle musiche leziose, che dovrebbero sopperire alle lunghe pause narrative? L'impressione è che Arrietty sia fin troppo un prodotto per bambini, a cominciare dall'insistenza con cui punta su smorfie di gatti e nonne per strappare una risata.

    La pellicola migliora quando punta su temi più malinconici e sul senso di scomparsa, cosi come sull'impatto negativo degli esseri umani sulle altre specie, tematiche anch'esse normali per Miyazaki. L'ultimo atto è senza dubbio il migliore e l'unico che offre un po' di emozione. Ma non certo sufficiente per rivalutare tutto...

     

  • L'Homme qui voulait vivre sa vie  (Fuori concorso)
    Certo cinema francese sembra quasi scontato. Borghesi annoiati che parlano e parlano, crisi di coppia, problemi esistenziali di persone sui 30-40 anni. Così, la direzione inattesa che prende il film di Eric Lartigau sarebbe assolutamente encomiabile e funziona benissimo. Peccato che funzioni benissimo solo per cinque minuti, che su 115 minuti totali di durata non è un ottimo risultato.

    I problemi sono vari. Intanto, subito dopo l'evento traumatico vediamo un uomo normale compiere azioni pericolose e complesse con una freddezza e un'esperienza incredibili. D'accordo, vogliamo accettarlo e dire che ha dato il 'meglio' di sé in questa occasione? Allora poi, nell'ultima parte, non mi puoi trasformare il protagonista (un Romain Duris che offre più di quanto il film dia a lui) in un cretino che fa di tutto per mandare a monte i suoi piani.

    L'altro difetto è che quasi due ore di pellicola non si possono reggere, sostanzialmente, su un'unica idea. Sarebbe stato necessario sviluppare meglio il rapporto con il personaggio di Branka Katic, mentre sfruttare così male Niels Arestrup (il mafioso corso de Il profeta) è un crimine. Alla fine, una pellicola hitchcockiana più nelle intenzioni che nei risultati...

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