RoboCop 2 sogna pecore elettriche

RoboCop 2 è un’intricata riflessione filosofica sulla natura di Alex Murphy, e una parodia del primo capitolo.

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RoboCop 2 è su Amazon Prime Video

Qualche mese (ormai quasi un anno) fa dedicammo uno speciale al primo RoboCop, al tempo appena arrivato su Prime. Ora che sono arrivati anche gli altri due sequel (oltre al remake, del quale avevamo scritto invece qui) abbiamo deciso che è il momento di un ripasso generale: eccoci dunque qui a parlare di RoboCop 2, considerato a larghissima maggioranza un sequel inferiore all’originale, ma anche un film che fa, e soprattutto dice, tante cose interessanti sul personaggio; si vede che è scritto da Frank Miller, e anche che è diretto da uno specialista di “sequel interessanti” come Irvin Kershner, all’ultima regia della sua vita. Incassò meno del predecessore (con un budget molto più alto) e venne un po’ dimenticato, o quantomeno accompagnato sempre dal caveat “il primo era meglio”.

RoboCop 2 e la maledizione del primo capitolo

D’altra parte, RoboCop 2 era destinato a esistere sotto l’ingombrante ombra del predecessore. Sono pochi i sequel che riescono a migliorare quanto detto nel primo capitolo, e se dobbiamo essere onesti RoboCop 2 non fa parte di questa lista: il film di Paul Verhoeven diceva già sostanzialmente tutto quello che c’era da dire, era perfetto così com’era e l’unico motivo per cui ha avuto un sequel è la potenza iconografica del suo protagonista, troppo bello, cromato e indistruttibile per pensare di lasciarlo arrugginire dopo solo un film.

RoboCop 2 poteva quindi scegliere la strada più semplice, e rifare quello che succedeva nel primo capitolo ma più grosso – la classica soluzione per i sequel di quel periodo. Frank Miller, invece, preferisce complicarsi la vita, e mettere un po’ da parte l’azione (e la classica struttura supereroistica che prevede che l’attenzione sia sempre concentrata sul protagonista) per dedicarsi alla filosofia. Quella stessa filosofia che già RoboCop esplorava, con tutti i suoi ragionamenti sull’identità di Alex Murphy e sulla sua natura ibrida tra umano e macchina; e che qui diventa il fulcro di tutto il film, che gioca letteralmente a fare a pezzi RoboCop e a ricostruirlo da zero, nel tentativo (non del tutto riuscito) di fare una sorta di reset di quanto successo nel capitolo precedente.

Il nuovo RoboCop e il RoboCop 2.0

Murphy viene così fatto regredire a uno stadio pre-umano, ri-trasformato in quel cyborg indistruttibile e senza sentimenti che già avevamo visto nel primo capitolo. E da qui viene rimesso insieme, pezzo dopo pezzo, mettendo ogni volta alla prova la sua umanità. È chiaro che in un film del genere la domanda “RoboCop è una macchina o un essere umano?” è oziosa e retorica, e infatti RoboCop 2 fa di tutto per dimostrare che la risposta è la seconda. Ma quello che è interessante è come ci arriva: in quella che è una delle scene più crudeli mai viste in un film di fantascienza e robot, Murphy viene ridotto di fatto a un cervello, che rimane aggrappato alla vita per puro istinto di autoconservazione. È a partire da questa testa in stile Futurama che poi il poliziotto viene ricostruito, migliorato ma sempre e comunque tenuto il più lontano possibile dalla tentazione di sentirsi umano.

È come se il film volesse dimostrare una cosa, ma i suoi personaggi facessero l’impossibile per giustificare il suo contrario. Il fatto stesso che uno degli snodi di trama riguardi un RoboCop 2.0, riveduto, corretto e migliorato come successo a Terminator, è indicativo: Murphy viene trattato come un oggetto, una proprietà intellettuale, e si potrebbe vedere questo passaggio come una satira dell’obsolescenza programmata. RoboCop 2 è un sequel, e quindi condannato per sua stessa natura a migliorarsi rispetto all’originale; non ci riesce, ma il fatto che cucia questi discorsi nell’ordito della trama, facendo incontrare cinema e meta-cinema, è per lo meno una scelta interessante e stimolante.

RoboCop 2 e la parodia

Meno stimolanti, ahinoi, sono tutti quegli aspetti apparentemente secondari ma che contribuiscono in maniera decisiva a definire l’identità del franchise di RoboCop. E cioè: il film di Verhoeven era sì una riflessione sul dualismo uomo/macchina, ma era anche una satira ultra-stratificata che se la prendeva con il turbocapitalismo, lo strapotere delle corporazioni, la morte della cosa pubblica, ma anche l’ossessione per la sicurezza, la spettacolarizzazione della violenza, e aggiungete voi il tema che preferite. RoboCop 2 prova a essere altrettanto satirico quando non parodistico, ma l’approccio che sceglie è quello di ripetere cose già note limitandosi ad alzare il volume.

Le corporazioni in RoboCop 2 sono più cattive che nell’1, e più onnipresenti. La violenza pubblica è ancora più estrema, l’assenza di giustizia più evidente (il film si svolge nel pieno di uno sciopero della polizia, il che rende RoboCop anche un crumiro). C’è chi ha argomentato che RoboCop 2 sarebbe addirittura una parodia di RoboCop, e in effetti certi momenti sono talmente parossistici da fare il giro e sfociare nella risata pura. Il problema è che molti di questi tentativi di fare “come il primo, ma talmente più grosso che fa ridere” cadono nel vuoto, perché funzionano solo su carta: è divertente per esempio l’idea che la OCP provi a ri-brandizzare RoboCop come un eroe ambientalista, ma viene sfruttata poco e male e presto scartata, come capita a molti degli spunti satirici del film. Il risultato è un film sovrabbondante e spesso fuori fuoco, stuzzicante per il cervello ma poco soddisfacente per la pancia e il cuore. Il che non impedisce a RoboCop 2 di essere un ottimo sequel, solo senza il perfetto equilibrio del predecessore. D’altra parte settimana prossima parleremo del terzo capitolo, quindi per ora godetevi il secondo.

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