Robert Downey Jr si racconta da Letterman ed è più super e umano che mai
Nella terza stagione di Non c'è bisogno di presentazioni di David Letterman Robert Downey Jr ha parlato del suo passato di dipendenze
Una prima e una dopo Iron Man.
Un’ombra che ha trascinato con sé sin dall’adolescenza il giovane prodigio, figlio di un regista dell’underground, reazionario, geniale e ingombrante (Robert Downey Sr).
"L’alcolismo è una malattia del cervello che, tra le conseguenze, ti impedisce di accettare le cure quando ti vengono offerte", ha detto l’attore ospite della seconda puntata di Non c'è bisogno di presentazioni, lo show Netflix con David Letterman al culmine di un dialogo iniziato con la solita patina glamour e arrivato a raccontare la vita vera e più intima della star.
Il format è semplice: il conduttore e un ospite (che non necessita di introduzioni, appunto) si siedono faccia a faccia e parlano. Un dialogo che dovrebbe essere spontaneo ma che, più volte, si è tramutato in un continuo solleticarsi di “ego” reciproci senza mai arrivare alla sostanza. La solita televisione della parola insomma, fatta un po’ meglio, ma senza le vette di eccellenza cui Letterman ci ha abituati.
E per gran parte dell’episodio è così anche con l’ex Iron Man, definito dal conduttore “Mr Box Office”. Si parla di tutto e un po’. Si raccontano i progetti futuri su cui l’attore investirà tempo e denaro (che, per la cronaca, sono due startup, una a tema ecologico e una media company che dia visibilità a personalità positive ed emergenti). Occhiolini scambiati a vicenda, intervallati da un’escursione semidocumentaristica nella vastissima tenuta dell’attore, tra maiali, alpaca e lo sterco dei suddetti. Francamente dii ben poco interesse.
Ma poi, per una decina di minuti, il tono della puntata si fa più serio.
Letterman, che notoriamente fa vanto di essere uscito da una brutta forma di alcolismo, questa volta non scavalca l'ospite. Tira a sé i riflettori per mettere a suo agio l'interlocutore e poi lo lascia libero.
Letterman invita Robert Downey Jr a parlare di Al di là di tutti i limiti. Il film di Marek Kanievska è stato un punto di rottura nella salute dell’attore. Una storia di depravazione, di droga e di dipendenze. Per realizzarla il regista ha cercato di portare al limite l’immedesimazione nei personaggi, incrociando però una strada che Robert Downey Jr aveva già iniziato a percorrere.
“C’è stato un passo falso che ti ha portato a sperimentare troppo, a eccedere e lasciarti andare?” Chiede Letterman all’attore. La risposta è chiaramente complessa, e si articola in una manciata di minuti incredibili. Robert Downey Jr, si stringe, irrigidisce le spalle, si ritrae, ma la bravura e l’esperienza di Letterman lo guidano. Di confessioni alla Bojack Horseman se ne sono viste tante, con pentimenti, rammarici, messaggi positivi. Eppure questo momento di televisione, forse preparato, forse costruito a tavolino, appare umanamente autentico e, per questo, toccante.
Robert Downey Jr. si libera dalla corazza di Iron Man, e dal peso metaforico di quell’armatura fatta non solo di metallo, ma dalla difficoltà di essere sempre un esempio positivo per le famiglie, di veicolare un senso di serenità e affidabilità. Ritorna Robert Downey, quello che a nove anni fumava marijuana con il padre, come segno di vicinanza, di affetto e di ribellione verso le imposizioni. Che viveva come in un coma tra il set e l'angoscia privata. Inizia così il breve racconto di una vita lontana da tutte le altre, fatta di riflettori e di poli opposti. Come un pianeta distante, che viene osservato da lontano, ma che difficilmente riesce a connettersi con il resto del mondo, non senza deflagrare.
Trent’anni di dipendenze, dagli 8 ai 38 anni (chiaramente con tutti i distinguo del caso), non sono facili da raccontare nel tritacarne dei talk show. Ma basta uno scambio di sguardi, un cambio di postura, e qualche risata a denti stretti, per mostrare una vita turbolenta con una semplicità e una vulnerabilità che il supereroe ormai in pensione non faceva vedere da anni.
È un momento molto breve, all’interno di una puntata comune, di uno show piacevole, ma spesso troppo elegante e patinato. Ma è anche una parentesi che permette a chi guarda di arrivare a vedere la shoccante foto dell’attore in attesa del processo che lo porterà in prigione, senza qualsiasi velleità voyeuristica. Ma solo con umana compassione
E nel breve istante che segue, la star globale, la personalità modello, l’attore che sbanca i botteghini, racconta i suoi mesi in prigione dandogli valore. Ne parla come del periodo più importante della sua vita, con più passione di come parli del costume da supereroe o del suo successo critico per Charlot.
E questo, nell’America di oggi, e nella televisione elegante da salotto, è una piccola, grande rivoluzione.
Cosa ne pensate della puntata di non c’è bisogno di presentazioni con Robert Downey Jr? Fatecelo sapere nei commenti