È tempo di rivalutare Popeye - Braccio di Ferro di Robert Altman?
Popeye - Braccio di ferro è un cinecomic come pochi altri. Considerato a lungo un flop di gradimento e di incassi, è tempo di rivalutarlo?
Non c’è bisogno di rivalutare tutto ciò che ha un po’ di tempo sulle sue spalle. Non è automaticamente bello tutto ciò che ha accompagnato nell’infanzia e a volte, con il senno e la maturità dell’età adulta, si può anche ammettere che ciò che ci faceva impazzire da bambini non è per forza immune dall’invecchiare prima di noi. Uno dei cinecomic più assurdi di sempre, nonché uno dei primi adattamenti veramente significativi, è tornato nei discorsi cinefili grazie al video di un popolare canale YouTube che titola con un’affermazione alquanto significativa: “Popeye - Braccio di Ferro non è così brutto!” (LO TROVATE QUI)
Popeye è mai stato considerato brutto?
Stiamo parlando, ovviamente, del film in live action diretto da Robert Altman in cui ha esordito, per la prima volta sul grande schermo dopo Mork & Mindy un giovane attore di nome… Robin Williams! Al suo fianco Shelley Duvall che, nello stesso anno, il 1980, aveva turbato gli spettatori interpretando Wendy Torrance in Shining. Due parti molto diverse. In entrambe è perfetta. Perché il suo fisico sembra plasmato apposta per assomigliare a quello di Olivia Oyl. Come si muove, come parla, sono un perfetto intreccio tra strisce, cartoni animati, e tridimensionalità del live action.
Dall’altro lato c’è la fama, costruitasi un po’ ingiustamente, di flop commerciale. Come ricordato nel videosaggio la ragione di ciò fu una produzione maestosa e disastrata, quindi anche costosa. Il primo live action di Superman, nel 1978, era stato un fenomeno sia al botteghino che nell’immaginario collettivo (non a caso l’abbiamo inserito nei cinecomic più influenti di sempre). Paramount Pictures voleva provare a raggiungere lo stesso risultato.
Robert Evans della Paramount voleva adattare Little Orphan Annie, tratta dalle strisce a fumetti che aveva avuto successo a Broadway con un musical. Persero i diritti battuti dalla Columbia. Si affrettarono a mettere in pista un altro progetto che potesse essere un successo sicuro in grado di rivaleggiare con Annie di John Huston. La prima scelta fu Hal Hasby, che rifiutò. Entra in scena Robert Altman, un regista della new Hollywood che, dopo i successi dei primi anni ’70 si trovava in una fase della carriera che necessitava di un colpo grosso. Popeye era l’occasione di rilancio.
Creare Braccio di ferro
La produzione fu imponente. Il set di Sweethaven fu ricostruito interamente, senza usare i teatri di posa, sull’isola di Malta. Gran parte della lavorazione del film avvenne lì, non solo nella fase di riprese. Furono costruiti anche lo studio di registrazione, quello di montaggio e un’area residenziale per tutta la troupe. I costi lievitarono ulteriormente quando i tempi si allungarono oltre il calendario previsto.
Colpa del perfezionismo, delle difficoltà tecniche e di una sceneggiatura più volte riscritta. I numeri musicali furono girati in gran parte dal vivo sul set, il trucco sfiancava Robin Williams che doveva indossare per ore gli avambracci prostetici e recitando a denti stretti intorno alla pipa con l’occhio chiuso. Ci furono problemi alla comprensione dei dialoghi perciò dovettero tornare in studio a ridoppiare alcune parti. Il polpo gigante sul finale ebbe malfunzionamenti, complicando le riprese della breve colluttazione con Braccio di Ferro. Il budget cresceva oltre il previsto così Paramount ordinò ad Altman di cessare la produzione e montare quanto aveva già girato.
Questo si traduce in un andamento piuttosto bizzarro della storia, con rapidi cambi di fuoco e un finale frettoloso. Ancora prima dell’uscita del film nell’industria si diffuse l’idea di un flop annunciato, additando il film come un disastro assoluto per il produttore Robert Evans. Una volta in sala il budget di 20 milioni fu recuperato con un incasso di 60 milioni di dollari. Troppo poco per un film che doveva essere una hit. Però non certo una tragedia, data soprattutto la sua lunga vita nei mercati secondari. Insomma, una grande fatica per un risultato sotto le aspettative che segnò la fama del film.
Per inciso, Popeye costò meno del rivale Annie e incassò tre milioni in più.
Popeye è da rivalutare?
La tesi del videosaggio sopracitato è sostanzialmente che, a fronte dei problemi produttivi, del coraggio dell’adattamento e della potenza dei nomi in gioco, Popeye sia da rivalutare. Non solo come flop, ma come grande film. Una posizione un po’ revisionista e nostalgica che tiene forse troppo conto della sua diversità dal resto e poco dell’effettiva riuscita. Oggi il film è inesorabilmente invecchiato, mentre i capolavori di Altman restano clamorosi da vedere ancora oggi.
Preso nel contesto storico l’adattamento di Braccio di Ferro è interessante per come si colloca esattamente a metà strada tra le due espressioni prevalenti del personaggio: la striscia e il cartone animato. Mantiene un suo senso nel live action anche grazie alla chimica perfetta tra Robin Williams e Shelley Duvall.
Il problema è però che il film funziona di più come un insieme di cortometraggi che un lungometraggio vero e proprio. Ci sono tante gag che dividono in capitoli la storia senza però concorrere a formare una storia completa. Notevoli le parti più satiriche delle tasse richieste per un nonnulla, o la rivalità tra uomini che si contendono Olivia. Il grande momento degli spinaci, che si fa attendere per tutto il film, dà poca soddisfazione, così come tutta la sottotrama di “Pisellino” che manifesta poteri da veggente, rapito per trovare un tesoro nascosto.
Molto meglio le botte tra Braccio di Ferro e Brutus, ma soprattutto quel mondo di Sweethaven deliziosamente vivo e cartoonescamente plausibile. No, Popeye non merita di essere rivalutato come un film fondamentale, ma al contempo nessuno degli anni che sono passati sulle sue immagini rovineranno mai un bel ricordo d’infanzia.