Riflessioni sullo sfogo di Alex Proyas contro i critici che hanno bocciato Gods of Egypt
Qualche riflessione sullo sfogo di Alex Proyas su Facebook contro i critici cinematografici che hanno stroncato il suo Gods of Egypt
Oppure, più aspramente, solo di... "odio & antipatia" come si scherza con formidabile humour britannico in Il Fratello Più Furbo di Sherlock Holmes (1975) di e con Gene Wilder?
Sergio Leone amava raccontare sempre la barzelletta che si concludeva con il figlio di un cassamortaro (leggi: becchino) molto meno in imbarazzo rispetto al figlio di un critico cinematografico riguardo il mestiere del papà.
E poi il detto modificato all'uopo: "Chi sa fare fa, chi non sa fare insegna e chi non sa insegnare... fa il critico cinematografico".
Registi & Critici: una storia non d'amore?
In 8½ (1963) Federico Fellini faceva impiccare da Marcello Mastroianni (cioè il regista) un personaggio molto simile a Guido Aristarco (un critico con cui c'era stata maretta a differenza dell'amicone di sempre Tullio Kezich).
In Gremlins 2 - La nuova stirpe (1990) Joe Dante fece uccidere Leonard Maltin dai suoi mostri con cameo del famoso autore del dizionario (incredibile: anche i critici possono avere senso dell'umorismo).
In Italia Paolo Virzì litigò tanto con Gianni Canova ma poi i due fecero pace (con tanto di prefazione di Canova a libro su Virzì). Quantomeno... pare.
Ultimamente Massimo Boldi (il quale però pare non sia un regista) non ha preso benissimo un articolo firmato Federico Boni di Cineblog.it e ci ha tenuto a farlo sapere al mondo.
L'ultimo ad entrare nel dibattito spesso noiosissimo e intellettualmente assai poco stimolante riguardo il rapporto tra artisti & analisti o registi & critici è Alex Proyas con un post su facebook al vetriolo contro gli stroncatori del suo ultimo Gods of Egypt (24 su Metascore e 12% su Rotten Tomatoes).
A scanso di equivoci: lo scrivente ama molto la filmografia dell'australiano da Il Corvo - The Crow (1994) a Io, Robot (2004) passando pure, pure per Segnali Dal Futuro (2009).
Mi piace Proyas regista. Proyas polemista, invece, meno. Molto meno.
Il regista comincia il post ricordando come abbia trovato buffo che negli anni il suo lavoro sia stato rivalutato perché: "Raramente i miei film hanno ottenuto critiche positive".
Beh... niente di più falso. Forse si è distratto. Fin dai tempi de Il Corvo, passando per Dark City (1998) fino ad arrivare a Garage Days (2002) + Io, Robot (2004)... i film di Proyas sono stati recensiti con grande rispetto e considerazione da gente del calibro di Roger Ebert, Todd McCarty, Stephen Holden, Manhola Dargis, James Berardinelli e Mick LaSalle. Il regista è un po' confuso e forse confonde la sua carriera con quella di Michael Bay.
Complessivamente... non può certo ritenersi un regista non coccolato dalla critica. Anzi.
Poi Proyas si arrabbia tanto e senza fare nomi specifici (non il massimo del coraggio in una disputa dialettica ma forse aveva paura delle querele) rimpiange i critici buoni (leggi: suoi ammiratori) sfortunatamente ormai deceduti ("Ma purtroppo quei tipi di critici sono quasi tutti scomparsi"; direbbe Totò che si è verificata "una grande morìa delle vacche"... e probabilmente anche dei critici pro-Proyas negli anni) e dà degli "idioti squilibrati" agli stroncatori del suo ultimo film.
Dice: "Nessuno di loro ha il coraggio di ammettere 'mi è piaciuto', se questo va contro il consenso pubblico".
Nessuno di loro? Quanti critici cinematografici esisteranno al mondo? Di loro... nessuno lo fa. Proyas lo sa.
Poi improvvisamente diventa "italiano" (e questo è davvero imperdonabile) e come da noi su Caligari (chi è letteralmente nauseato dai peana postumi riguardo il regista di Arona trova in noi una spalla su cui vomitare) se ne parte con un grande apprezzamento di un signore da poco deceduto: "Roger Ebert non era male. Era un vero cinefilo, almeno, un regista fallito, ma questo lo ha reso più intuitivo. La sua passione per il cinema era contagiosa e l’ha condivisa sempre con i suoi fan. Amava i film, e il suo contributo al cinema è sempre stato positivo".
Anche dall'altra parte dell'Oceano quando muori... diventi improvvisamente tanto bravo come in Italia.
Il Maestro non meritava certo questa squallida leccata postuma.
Gran finale: "Ora abbiamo un branco di avvoltoi malati che beccano le ossa di una carcassa morente. Cercando di prendere il ritmo del consenso. Mi congratulo con gli appassionati che cercano di dare valore alla propria opinione non basandola su ciò che la massa reputa buono o cattivo".
Ora... sfogarsi contro i critici è naturale e ci siamo abituati. E' qualcosa di così facile da fare che francamente saremmo più perplessi qualora non venisse attuata come pratica da chi perde le staffe e vuole prendersela pure lui contro una categoria considerata socialmente leggermente di più rispetto ai gatti neri che attraversano la strada.
Che il rapporto tra registi & critici sia idiosincratico è anche divertente oltre che giusto. Ma purtroppo Proyas non ha aggiunto niente di nuovo all'argomento, lasciandosi andare solo ad insulti e imbarazzanti generalizzazioni.
Molto più acuto e come al solito lucido nella sua cattiveria David Fincher quando disse: "Mi chiedete della critica? Penso a un critico cinematografico giusto il tempo che lui ha dedicato intellettualmente al mio film".
E' una frase cattiva e fincheriana... ma anche dannatamente intelligente. Un regista può essere immerso in un'opera per 12 mesi pensandoci 20 ore al giorno. Noi, soprattutto i quotidianisti che lavorano in trincea e affrontano 6-8 uscite a settimana, quanto tempo dedichiamo pensando a un film specificamente e quindi provando a fare il nostro lavoro? Certamente chi lavora nelle scuole di cinema o università o per pubblicazioni che consentono più dilatazione temporale e spaziale nell'analisi di un prodotto audiovisivo... può avvicinarsi di più a un tipo di immersione all'interno del testo vagamente più simile a chi a quella costruzione del testo ha lavorato in prima persona. La frase di Fincher ha una sua logica e quantomeno dimostra di conoscere la prassi del lavoro effettivo di un critico cinematografico.
Per il resto... bisognerebbe semplicemente rinfoderare le pistole e smetterla di spararsi al buio perché il commento e la critica da parte di professionisti pagati da un qualsiasi editore esiste da secoli e continuerà probabilmente ad esistere anche in futuro. Su canzoni, libri, quadri, sculture, videoinstallazioni... e anche film. Ai registi cinematografici il compito di affrontare questa disgrazia con quello che suggeriamo possa essere un rassegnato aplomb.
Se poi la prendono con sportività, pazienza e anche un pizzico di ironia... anche meglio e lo scambio tra le categorie può diventare veramente bello e reciprocamente stimolante come capita quando ci si incontra e si chiacchiera serenamente di ciò che amiamo alla follia: il cinema.
D'altronde non è in gioco niente di eccezionale nel rapporto tra artista & analista se non, come forse direbbe il direttore Bradlee di Tutti Gli Uomini del Presidente, la libertà di stampa.
Ma poi soprattutto... com'è alla fine questo Gods of Egypt???
Beh... questa... è un'altra storia.
NOTHING CONFIRMS RAMPANT STUPIDITY FASTER...Than reading reviews of my own movies. I usually try to avoid the...
Pubblicato da Alex Proyas su Domenica 28 febbraio 2016