Returnal, la morte inevitabile tra mitologia e doppie chance | Speciale

Returnal è l'ultima esclusiva di PlayStation 5 sviluppata da Housemarque, un racconto sulla morte e sulla ciclicità della vita

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Returnal, la morte inevitabile tra mitologia e doppie chance | Speciale

Nella meravigliosa quanto complessa mitologia greca, a dirigere le sorti della vita sono le Moire, figlie di Zeus e di Temi. In grado di decidere il momento della nascita di una persona così come di tessere il filo dell'esistenza, fino al taglio che ne determinava la morte, erano Cloto, la Moira addetta al reggere il filo, Lachesi, che avvolgeva il fuso, e infine Atropo, l'inesorabile, la sorella che armata di forbici arrivava a tagliare il filo non appena giunto il momento opportuno. Maggiore delle tre, armata di cesoie, concedeva agli uomini il bene e il male, come scritto da Esiodo nella Teogonia, prendendo il proprio nome da uno dei termini del greco antico più ineluttabile: l'inevitabile. Perché la morte, dopotutto, lo è.

Camminare sulla coltrice terra di Atropo, un pianeta disperso chissà dove, chissà come, ci fa sentire il peso dell'ineluttabile, della morte che si presenta dinanzi ai nostri occhi con fare solenne. Non ha fretta, non ne ha il desio, ma cade come una scure al momento opportuno, un boia chiamato a tranciare la vita di Selene, le nostre speranze, i nostri progressi. Chi meglio della nostra eroina può allora provare a fronteggiare l'inevitabile richiamo di Eaco, il giudice che controlla l'ingresso delle anime uccise da Atropo nel Tartaro? Necessariamente Selene, sempre nella mitologia greca la figlia di Iperione e Teia, la Luna. Amante di Zeus, con il quale diventerà genitrice di Pandia, si innamorò di Endimione, dal quale non volle mai più separarsi, tanto da costringerlo a cadere in un sonno eterno, con il solo scopo di andarlo a trovare ogni notte. Un ritorno continuo, per farlo sfuggire al destino di Atropo e salvarlo dall'inevitabile fine di un amore che la Luna non poteva permettersi di vedere svanire.

Returnal

Questo è Returnal: una corsa contro l'inevitabile, una sfida alla morte, una lotta per sopravvivere ad Atropo e raggiungere la soluzione a un loop infinito che ci riporta costantemente da Helios, la nostra navicella arenatasi sul pianeta nascosto. Returnal è la summa della maggior parte dei titoli che lo hanno preceduto nel dare lustro al genere, un melting pot di vicende e di feature che spingono Selene a essere una nuova e scattante Samus Aran: bionda, avvolta in una tuta spaziale, sola in una missione oscura, ostile, in un pianeta popolato da creature aliene e con l'unico obiettivo di raccogliere oggetti tecnologici dal pianeta per sopravvivere. Housemarque prende il concetto di velocità, impara la lezione e trasla tutto in un mondo procedurale, randomizzato, e aggiunge un nuovo concetto di backtracking. Perché la mappa, che non si rigenera e si svuota come in un qualsiasi Dark Souls di FromSoftware, decide di non costringervi a tornare sui vostri passi: decide di farveli compiere più volte, ogni volta che morite, in maniera totalmente diversa. Perché i fili gestiti Cloto ed elisi da Atropo non possono essere sempre uguali.

"Keiji vive così un loop temporale che gli permette di eludere la morte e continuare a migliorarsi vita dopo vita"È un concetto, quello della ciclicità del tempo e della vita, che già Doug Liman ci aveva proposto nel 2014, quando insieme a Tom Cruise ed Emily Blunt aveva trasposto al cinema la light novel All You Need is Kill di Hiroshi Sakurazaka. Pubblicata nel 2004 in un due tankobon (i volumi dei manga), a vestire i panni del protagonista era Keiji Kiriya, chiamato a combattere i Mimics che hanno invaso la Terra. Dopo esser stato ucciso in battaglia si ritrova a vivere lo stesso giorno innumerevoli volte a causa di uno strano fenomeno: Keiji vive così un loop temporale che gli permette di eludere la morte e continuare a migliorarsi vita dopo vita, imparando come sopravvivere e affinando le proprie capacità, nel tentativo di cambiare il suo destino. Doug Liman, sotto l'egida di Warner Bros., lo trasporta in Edge of Tomorrow, in cui il protagonista è William Cage, affiancato da Rita Vrataski: entrambi hanno vissuto il loop temporale, lo scoprono e lo utilizzano a proprio piacere, giocando con la morte. Perché in caso di necessità, alle strette, tanto meglio morire e resettarsi piuttosto che proseguire. Succede in Returnal, dove una run può essere buttata al vento per un errore e, quindi, vi spinge a preferire un ritorno all'inizio uccidendovi, succede in Edge of Tomorrow, dove un errore del Maggiore Cage può spingerlo a preferire davvero la morte.

Returnal

In questo parallelismo con la morte preferita alla vita, continua a esaltarsi, per il gameplay che ci offre, la vicinanza anche a Metroid, che abbiamo già nominato. Al di là della possibilità di coprire le distanze in maniera molto rapida, proprio come faceva Samus, tra l'altro amplificata da alcuni oggetti che potrete recuperare in una onirica e parallela realtà di una casa del XX secolo, Returnal ha questo approccio al backtracking che affascina. Potrete teletrasportarvi tra diverse aree, dopo aver attivato determinati portali, ma più andrete avanti, più otterrete oggetti permanenti - la spada, il rampino su tutti - più morire e ripetere ciò che avete già fatto diventerà appagante e aprirà più possibilità. Riscoprire una mappa che abbiamo già sviscerato e in maniera capillare setacciato può sembrare in un primo momento frustrante ed è per questo che Returnal vi chiede quasi di rivivere l'esperienza giorno dopo giorno, prendendovi la naturale pausa di riflessione. Dopo essere morti desidererete non sentir mai più parlare di Atropo, dopo qualche ora non vedrete l'ora di sfidare di nuovo la morte. Perché avrete pur perso tutti gli oggetti, avrete smarrito qualsiasi upgrade e potenziamento raccolto, ma l'esperienza accumulata non ve la può togliere la morte.

Ogni passo che farete è intriso d'ansia per quello che potrà accadervi, ogni morte vi entra in maniera viscerale nel corpo, toccando tutte le terminazioni nervose del vostro organismo e spingendovi a una disperazione quasi atarassica. Perché mentre Selene si ridesterà dal suo sonno nei pressi di Helios, voi avrete appena vanificato un importante numero di ore trascorse su Atropo, con l'unico grande scopo di dissuadere la morte dal suo bacio. Invano. Proprio perché è inevitabile. Trovata l'arma giusta, aumentata l'integrità della vostra tuta grazie alle resine raccolte nel corso dell'avventura, aperte tutte le porte, setacciata l'intera mappa, inerpicati su qualsiasi verticalità offerta dall'ambiente circostante, arriverete a costruire una build alla quale in maniera morbosa andrete ad affezionarvi, fino a non volervene più separare. Finché non ci penserà il nemico inatteso, quello che vi sorprenderà, che vi affronterà con un fare maligno e arrogante, incurante della sua di morte, che d'altronde sarà ciclica allo stesso modo: perché lui sarà di nuovo lì, quando voi tornerete.

Returnal

Returnal è tra le esperienze più dicotomiche che i videogiochi potessero offrirci: da un lato dissacrante come pochi, ma allo stesso tempo appagante come inanellare una serie di soddisfazioni personali topiche. Perché le battaglie vi fanno sudare, perché non potrete più affrontare il boss in maniera spavalda: ci vorrà preparazione, strategia, convinzione, capacità di avvicendare il movimento forsennato alla schivata precisa, la mitragliata feroce al preciso fuoco secondario. Il desiderio per la vita che deve prevalere sul terrore della morte. Benvenuti ad Atropo, la Moira che attende ineluttabile il vostro destino con le sue cesoie: l'arma per spezzargliele stavolta è intrisa della vostra pazienza e della speranza riposta in Selene. Perché abbiamo ancora bisogno di queste esperienze, viviamo per sentirci ancora vivi.

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