Resident Evil: Welcome to Raccoon City è un’occasione sprecata

Resident Evil: Welcome to Raccoon City avrebbe potuto avere un successo strepitoso, se solo fosse uscito nell’anno in cui è ambientato

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Resident Evil: Welcome to Raccoon City è su Amazon Prime Video

Immaginate: è il 1996, siete nel pieno della vostra adolescenza, passate le vostre serate in compagnia davanti a una TV, passandovi il controller e giocando a questo nuovo gioco targato Capcom che parla di zombi e che promette di essere l’esperienza più spaventosa mai sperimentata – altro che i film, qui l’orrore sta cercando attivamente di uccidervi (o di uccidere il vostro avatar su schermo, almeno)!

La tensione vi divora quanto voi divorate i pop-corn. Resident Evil è un’esperienza incredibile, una delle più intense della vostra giovane vita. E quindi sognate: sognate che un giorno una persona di buon cuore si carichi sulle spalle la responsabilità di trasformare quel gioco in un film, così da far conoscere la storia del T-virus e della Umbrella Corporation anche a chi guarda con sospetto e aria di superiorità i videogiochi. Resident Evil: Welcome to Raccoon City è la risposta a tutti i vostri sogni – o meglio lo sarebbe stata se fosse uscita nel 1996.

Il film di Johannes Roberts, però, è uscito nel 2021, dopo che la saga di Resident Evil ha già visto passare altri otto capitoli più innumerevoli espansioni, DLC, remake, remaster. E dopo che il mondo tutto, non solo quello del cinema, è cambiato radicalmente, in modi che non stiamo neanche a cominciare a elencare perché non avremmo abbastanza spazio sul server. Resident Evil: Welcome to Raccoon City è un goffo tentativo di far ripartire da zero la saga al cinema, e il suo più grosso problema è che stato concepito, diretto e anche interpretato come se fossimo ancora nel 1996 (o se preferite nel 1998, anno in cui coerentemente si svolge la vicenda).

President Evil

Se fossimo ancora nel 1996, Resident Evil: Welcome to Raccoon City sarebbe un film clamoroso.

La saga cinematografica nella versione immaginata da Paul W.S. Anderson è (stata, visto che ormai è conclusa) qualcosa di molto lontano dai videogiochi da cui è tratta, e proprio da questa sua distanza trae la sua forza. Anderson non ha mai voluto adattare in scala 1:1 i giochi Capcom, ma pescare quegli elementi che secondo lui hanno grande valore cinematografico e gettarli nel calderone di una storia da lui inventata, e gradualmente incasinata capitolo dopo capitolo.

Non è difficile capire quindi perché esista Welcome to Raccoon City: la contemporanea resurrezione del franchise in forma videoludica, con il ritorno alle origini di Biohazard e il grandissimo successo di Village, ha convinto Capcom e Sony della necessità di ricominciare da capo, e di provare a reimpossessarsi del proprio franchise anche nella sua versione cinematografica. E quindi, con tutto l’amore e il rispetto per chi è venuto prima, Raccoon City è un reset totale, e un modo per raccontare la storia di Resident Evil in un modo che sia il più possibile “Resident Evil”.

Resident Evil: Welcome to Raccoon City Robbie

Questo significa abbandonare lo spettacolo e l’azione costante degli ultimi tre film di Paul W.S. Anderson, e tornare all’origine: Resident Evil: Welcome to Raccoon City è un film di corridoi bui, di assedi, di gente barricata in un luogo mentre fuori ci sono gli zombi. Ecco, la versione più sintetica è questa: Raccoon City è un film di zombi, come non accadeva, almeno al cinema, dalla prima metà del primo film. È un film semplice e lineare, la storia (vagamente ispirata, secondo Roberts, a certi film di Carpenter) di un gruppo di persone che entrano in un luogo, scoprono che è pericolosissimo e devono riuscire a uscirne. Due luoghi, in realtà: la Spencer Mansion, nella quale è ambientato il primo gioco, e la stazione di polizia di Raccoon City, uno degli ambienti più importanti del secondo. È qui che Kaya Scodelario, Robbie Amell, Hannah John-Kamen e il resto del cast spendono le quasi due ore del film, fuggendo dagli zombi e cercando di capire cosa stia succedendo a Raccoon City.

Il problema è che tutta questa storia, che sulla carta funziona perché è semplice, diretta e funzionale, è raccontata nel modo peggiore possibile – ed è soprattutto scritta nel modo peggiore possibile. Welcome to Raccoon City sembra un film scritto nel 1996 perché nel 1996 il rispetto del mondo del cinema verso quello dei videogiochi era pari a zero, e l’idea era che bastasse citare un paio di nomi noti e mostrare un paio di creature altrettanto famose per far felice il pubblico nerd, notoriamente di bocca buona se solo lo accontenti e gli dai da mangiare quello che più ama. Il film di Roberts è scritto con la stessa superficialità, con la stessa sensazione di assistere alla messa in scena di un elenco puntato di situazioni che bisogna far vedere per far felice il pubblico.

Raccoon City

È il genere di film che ti costringe ogni tanto a fare pausa per rimirare con stupore l’assoluta stupidità di quello che stanno facendo i personaggi. È un film che è convinto che far dire ai tuoi protagonisti tantissime parolacce significhi essere gritty e dark e adulti. È un film talmente scemo che inizia con un dialogo nel quale Kaya Scodelario si fa raccontare la situazione di Raccoon City da un camionista che le ha dato un passaggio, e che letteralmente due minuti dopo lo spiegone mostra questo cartello, nel caso il pubblico si fosse distratto. È un film che abusa di flashback al punto da confonderli con il presente, e che nella OST fa un uso smodato e insopportabile di grandi classici degli anni Novanta utili solo a ricordarci in che periodo si svolge il film.

O forse le varie What’s Up, Crush e My Favorite Game sono infilate a forza per convincere noi che guardiamo di essere ancora negli anni Novanta: forse in questo modo Roberts spera di farci accettare la terrificante (in senso negativo) CGI dei suoi mostri, la stupidità di alcuni dialoghi. Qualunque sia la spiegazione, il risultato non è quello sperato: Resident Evil: Welcome to Raccoon City è stato un flop, e difficilmente vedremo i sequel che Johannes Roberts spera di girare. Forse non è un male: gli anni Novanta sono finiti da un pezzo, e Resident Evil ha bisogno di trasferirsi nel presente, non di continuare a vivere di nostalgia.

Trovate tutte le informazioni su Resident Evil: Welcome to Raccoon City nella scheda del film!

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