Red Dead Redemption: Messico, nuvole e un pizzico di noia

Il viaggio di John Marston nel selvaggio Messico: alla riscoperta di Red Dead Redemption

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Il mio personalissimo viaggio alla riscoperta di Red Dead Redemption, in vista dell’uscita del sequel, dopo averlo giocato e abbandonato anzitempo anni fa, non è iniziato nel migliore dei modi. Da uno dei giochi più acclamati, lodati ed amati della scorsa generazione di console, realizzato dalla stessa casa di produzione che mi ha regalato quell’autentico sogno ad occhi aperti che viene generalmente chiamato con il nome GTA: San Andreas, mi sarei aspettato un incipit graffiante, sorretto da un plot drammatico al punto giusto, sviluppato da personaggi affascinanti.

Come ho avuto modo di illustrare e spiegare nella puntata precedente di questo diario di bordo, purtroppo non sono rimasto affatto folgorato dalla ridondanza delle missioni per conto della pur bella ed interessante Bonnie MacFarlane, né avere a che fare con l’istrionico Nigel West Dickens ha scatenato chissà quali e quante risate. Tra corse di cavalli tutt’altro che adrenaliniche e una certa ripetitività di fondo, ha prevalso soprattutto la noia oltre che la delusione di avere a che fare con una trama poco incisiva, spesso paradossale nel come ridicolizzava, in rari frangenti fortunatamente, coerenza e solidità di un protagonista credibile, sfaccettato, investito di una missione quasi suicida.

Eppure, con un po’ di testardaggine, cercando in tutti i modi di lasciarmi cullare dai panorami di uno scenario mozzafiato, incarico dopo incarico sono finalmente sbarcato sulle coste del Messico, successiva tappa di un’avventura che, di lì a poco, avrebbe completamente cambiato il cast di personaggi tirati in ballo.

Abbandonato l’Irlandese, inesauribile fonte di guai ed imprevisti, il nostro si ritrova invischiato in una sanguinosa guerra civile, costretto a muoversi tra i due schieramenti opposti, nell’incrollabile speranza che almeno uno dei due leader delle fazioni in lotta possa rivelarsi utile nella caccia all’uomo che tiene in scacco John e la sua famiglia.

[caption id="attachment_187399" align="aligncenter" width="1000"]Red Dead Redemption screenshot Graficamente Red Dead Redemtpion si conferma una piccola perla anche in questo viaggio verso il Messico. Su Xbox One X, con un buon pannello 4K, lo spettacolo è ampiamente garantito.[/caption]

Vengono meno i personaggi “freak” e si insinua una tenue critica sociale, politica, antropologica, vero perno attorno cui ruotano le alterne fortune di Abraham Reyes, capo dei ribelli, e del colonnello Augustin Allende, leader delle forze governative. Non solo: l’incontro del protagonista con Landon Ricketts, vecchio pistolero emigrato in Messico per cambiare vita, è l’occasione per gli sceneggiatori di Rockstar per parlare dell’emigrazione, dell’incontro col diverso, della disparità tra zone ricche e povere del mondo, del rapporto tra autoctoni e stranieri."Non si trascende mai nella filosofia, ma la trama si fa più seriosa, profonda, controversa, soprattutto quando Marston è costretto nel ruolo di passivo testimone di molestie, violenze ed esecuzioni"

Non si trascende mai nella filosofia, ma la trama si fa più seriosa, profonda, controversa, soprattutto quando Marston è costretto nel ruolo di passivo testimone di molestie, violenze ed esecuzioni, perpetrate da una parte e dall’altra degli schieramenti, pur di raggiungere, egoisticamente ed ossessivamente, il suo vero scopo. Al pistolero senza macchia delle prime missioni, sempre pronto ad aiutare chiunque, anche perfetti sconosciuti alle prese con guai al limite del grottesco, si contrappone un uomo in missione apparentemente freddo, distaccato, proteso unicamente a catturare i suoi vecchi amici.

La trama, insomma, si fa più interessante. Smette di voler essere ironica a tutti i costi e si sporca le mani, presentandoci un’ambientazione ambivalente, complessa, dicotomica che finisce per influenzare il protagonista, anch’esso finalmente adombrato dal dover accettare qualsiasi compromesso pur di procedere nel suo incarico.

Purtroppo il gameplay non segue con la stessa intensità l’evoluzione dell’intreccio narrativo. Da una parte rinuncia completamente alla varietà, dall’altra si affloscia su sé stesso smettendo di proporre qualcosa di nuovo. Sparare resta una goduria, e per la maggior parte del tempo non si fa altro, ma resta l’amaro in bocca per diversi limiti imposti dallo stesso periodo storico scelto. Un paio di nuove bocche di fuoco, tra cui il fucile di precisione, ampliano le possibilità tattiche di John, ma le armi restano fin troppo simili tra loro, mentre il Dead Eye è una feature che spesso e volentieri azzera il livello di sfida delle missioni, tramutando il buon Marston in un Terminator dalla mira infallibile, incapace di morire anche quanto circondato da un nutrito gruppo di pistoleri ostili.

A migliorare la situazione, ancora una volta, ci pensa l’ambientazione che ho trovato persino più ispirata rispetto a quella che ha caratterizzato la prima parte del gioco. Il Messico brucia sotto un sole incandescente. La sabbia, ora bianca, ora rossa, dipinge un mondo afoso, ma al tempo stesso affascinante. Canyon e dune modellano un orizzonte vivacizzato da una vegetazione rada, generosa di fiori coloratissimi. Lo stacco rispetto alle zone più a sud degli Stati Uniti non è così netto, eppure anche l’architettura dei centri abitati segnala il cambio di latitudine, di usi e costumi. Anche in questa seconda parte, insomma, Red Dead Redemtpion si riconferma un meraviglioso tour virtuale in un passato e in una location credibile, ricca di vita, storicamente coerente.

[caption id="attachment_187400" align="aligncenter" width="1000"]Red Dead Redemption screenshot La trama migliora, ma qualche dialogo continua a non essere pungente come sperato.[/caption]

L’escursione di John Marston in Messico non ha sortito l’effetto sperato. Esattamente come nella prima parte dell’avventura, sono stati più gli sbadigli dell’adrenalina provata nel corso di questa o di quella missione. Il gameplay non si è evoluto, la varietà degli incarichi è persino diminuita. Eppure un lieve miglioramento, per quanto riguarda il mio personalissimo coinvolgimento, l’ho registrato. Una trama più seriosa e ambivalente, un cast di personaggi meno votati all’ironia fine a sé stessa, mi hanno intrigato maggiormente, creando finalmente un certo grado di empatia con un protagonista sin da subito affascinante, ma solo adesso investito di quella tridimensionalità che ogni eroe coinvolto in una vicenda  controversa come questa dovrebbe possedere.

Non mi resta che abbandonare il Messico, tornare negli Stati Uniti e godere della lodata conclusione di Red Dead Redemption, sperando di trovarla meritevole di tanta considerazione.

Alla prossima e ultima puntata.

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