Red Dead Redemption 2, l’America ai tempi della banda di Dutch Van Der Linde
Alla scoperta dell’America del 1899, futuro setting di Red Dead Redemption 2
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
Il vero villain della produzione Rockstar, lo sa bene chi visse sulla propria pelle il desolante epilogo del capitolo originale, non è Dutch Van Der Linde, comunque reo di condurre una vita tutt’altro che in linea con la legge, né tanto meno il pur disprezzabile e sgradevole Edgar Ross, mera pedina in uno scacchiere ben più grande di lui. Il nemico che minaccia costantemente Marston, che lo bracca senza sosta e non gli lascia respiro, è il governo stesso, mostro imbattibile, perché dotato di infinite teste e risorse.
Red Dead Redemption è un gioco che parla di uomini al limite, perché ambientato in un momento storico, oltre che in un luogo geografico, di confine, di transizione, di passaggio, sottile barriera tra un prima e un dopo che si mescolano e si compenetrano, che frizionando schiacciano e smembrano intere etnie, speranzosi emigranti, uomini comuni ancorati ad un modo di fare e di pensare che lentamente si fanno anacronistici e superati.
California, Nevada e Colorado, a partire dal 1850 divennero difatti mete prescelte di quella che passerà alla storia come la corsa all’oro, migrazione all’insegna della caccia al prezioso metallo, disponibile in copiose quantità non solo nel sottosuolo, ma anche nei letti dei fiumi, prospettiva che attirò moltissimi coloni, mal attrezzati e scarsamente addestrati, a diverse traversate del continente, la più famosa delle quali prenderà il nome di California Trail, che per molti si tradurrà in una morte spesso tragica dovuta a fame, disidratazione, attacchi di animali e malintenzionati di ogni specie.
Non sono più gli anni del “selvaggio west”. A metà Ottocento i centri abitati ormai abbondano anche in quella parte di mondo, ma è comunque difficile parlare di civilizzazione. Le vie di comunicazione latitano, molti accampamenti sorgono e vengono abbandonati non appena le risorse, e l’oro, vengono completamente prosciugati, esistono ampissime zone ancora inesplorate e la legge, basandosi su codici morali grossolanamente condivisi e malamente rispettati, viene esercitata soprattutto da associazioni private, vigilanti, sceriffi eletti dalle persone più influenti del circondario.
Eppure, sarà proprio questo rilevante spostamento di uomini e capitali a far sì che, nel giro di pochi decenni, anche l’ovest venga investito dalla macchina del progresso, un processo inarrestabile che prende le fattezze di nuove linee ferroviarie che sorgono in mezzo al nulla e che collegano piccole cittadine di dimensioni sempre maggiori che ospitano empori, negozi di vario genere, bordelli e, ovviamente, banche, attratte soprattutto dagli affari che ruotano attorno ai pochi che effettivamente, con la corsa all’oro, si sono arricchiti.
Anche il governo, naturalmente, incrementò progressivamente la sua influenza nella costa ovest durante la seconda metà dell’Ottocento, cercando di sedare le contese sulle terre dei coloni, appropriandosi di svariate fonti di materie prime, introducendo enti federali utili alla vigilanza, che si attenevano alle linee guida del common law di stampo inglese.
Nella costa ovest degli Stati Uniti, insomma, si scontrano due forze opposte, un contrasto che ha come conseguenza, tra le moltissime altre, anche quella di sgretolare ed annientare un intero sistema di valori, e con essi un certo tipo di società, che pur era venuto a consolidarsi solo qualche anno prima, a partire dalla corsa all’oro per l’appunto. Un’intera generazione, nata e cresciuta con la “legge del west”, si trova costretta ad accettare compromessi imposti da un governo da cui o si erano allontanati anni prima, o con cui non si erano mai dovuti interfacciare.
Questo, in soldoni, è il dramma di John Marston, cresciuto alla bell’è meglio in una banda di criminali con a cuore la propria gente, poi costretto, suo malgrado, non solo a rinnegare il suo passato, ma a distruggerlo, a diventare complice e parte integrante di quel progresso che ha tutti gli interessi di nascondere quell’ecosistema che pur ha incoraggiato a costituirsi.
[caption id="attachment_188286" align="aligncenter" width="1000"] Il protagonista di Red Dead Redemption 2 è Arthur Morgan, membro della banda di Dutch Van Der Linde.[/caption]
Red Dead Redemption 2, molto probabilmente, ci mostrerà ancor meglio e più efficacemente questo contrasto tra epoche e sistemi di valori, ponendoci nei panni di uno dei membri di spicco della banda di Dutch Van Der Linde, vera e propria allegoria errante di un modo di intendere la vita minacciato quotidianamente dal nuovo che avanza, quel nuovo che, un giorno, finirà per usare e tradire uno dei tanti figli dell’America del nord nella seconda metà dell’Ottocento, quel John Marston che in questo secondo capitolo potremo persino incontrare, ovviamente più giovane, naturalmente ancora inconsapevole del triste destino che lo attende.
Il gioco debutterà ufficialmente il prossimo 26 ottobre. Solo allora scopriremo e potremo apprezzare l’interpretazione, artistica e non solo, che Rockstar darà a questo momento così delicato nella storia degli Stati Uniti D’America.