Razzismo, alcool e Apocalypto

Le accuse di antisemitismo al suo regista e i dubbi della Disney se disfarsi del film. Ecco perché la nuova pellicola di Mel Gibson è il perfetto emblema di tutte le contraddizioni e del volto peggiore di Hollywood

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Certe volte, anche involontariamente, alcuni film vanno oltre la loro normale funzione di intrattenimento e diventano dei simboli fortissimi di qualcosa che c’è nell’aria, riuscendo così a rappresentare una situazione più generale. Apocalypto è uno di questi film: vediamo perché.

Inutile riparlare dell’arresto di Mel Gibson per guida in stato di ubriachezza e delle sue successive tirate antisemite e maschiliste. Ma degli effetti invece sì, è il caso di parlarne. La maggiore enfasi della stampa si è concentrata sulle frasi idiote antisemite dell’attore, dimenticandosi quasi ad un certo punto della guida in stato di ubriachezza e omettendo praticamente le frasi sessiste nei confronti di una donna poliziotto. Eppure, dovrebbe essere più pericoloso un guidatore ubriaco di un ubriaco antisemita. E poi, il fatto che le frasi sessiste siano state per lo più dimenticate, deriva forse dalla cattiva coscienza di tutti i giornalisti uomini (e magari di molte giornaliste donne), che magari nella loro vita hanno, in un momento o l’altro, detto qualcosa di maschilista?

Ma, soprattutto, è incredibile vedere come questo fatto dovrebbe rovinare (secondo molti) la carriera dell’attore. Intanto, le idee di Gibson non soltanto erano ben note, ma rese pubbliche in un film di grande successo (La Passione di Cristo), che sicuramente è molto più pericoloso dei vaneggiamenti sotto alcool (vogliamo mettere la forza del grande schermo con delle battute di un ubriaco? Non c’è paragone, se proprio vogliamo pensare che debbano influenzare qualcuno).
Ma quello che mi lascia veramente perplesso è che ben altri scandali sono stati dimenticati senza grossi problemi. Penso a Victor Salva, regista di Jeepers Creepers, condannato per pedofilia per rapporti con un quattordicenne, ma che continua tranquillamente a lavorare. Ma soprattutto a Woody Allen, che ogni volta che viene in Italia viene trattato come il Messia, nonostante le accuse che gli sono state rivolte, alcune indiscutibili (altre meno).
E vogliamo parlare di personaggi come Sean Penn, noto per il suo pacifismo a livello internazionale, ma anche per le percosse (poco pacifiche) che riservava all’ex moglie, Madonna?
Di personaggi del genere, che commettono reati contro le persone, Hollywood è piena. E se loro li giudichiamo soltanto per quello che fanno sul set, perché lo stesso principio non si applica a Mel Gibson?

Il caso dell’attore dimostra poi come i colleghi possano trattarti in modo molto diverso, a seconda se si è sulla cresta dell’onda o in fondo ad un abisso. Recentemente, è uscita sulla Stampa un’intervista a Sergio Rubini, in cui l’interprete italiano, in un paio di cartelle, riusciva a ricordare l’esperienza sul set de La Passione di Cristo dicendo che:

- Gibson è un fanatico e che sul set era tutto un susseguirsi di messe
- Gibson ha fatto una barca di soldi grazie al film
- L’arresto di Gibson potrebbe essere tutta una manovra pubblicitaria per promuovere Apocalypto

A parte che:

- Le idee religiose di Gibson erano ben note e nessuno ha costretto Rubini a partecipare al film
- Gibson ha fatto una barca di soldi perché ne ha investiti di tasca sua, cosa che gli attori italiani si guardano bene dal fare
- guidare in stato d'ubriachezza, fare commenti antisemiti e sessisti, oltraggiare dei poliziotti e prendersi tre anni di galera con la condizionale non è proprio un'idea di marketing fantastica

mi chiedo: ma Rubini ci ha messo tre anni per capire che l’avventura de La Passione di Cristo non gli è piaciuta? O prima ha preferito non parlarne, perché non era il momento giusto? Ed è questo il modo di ringraziare un regista che ti ha reso celebre nel mondo?

Infine, le aspettative per Apocalypto. La Passione di Cristo ha fatto una montagna di soldi (611 milioni nel mondo, di cui 370 nei soli Stati Uniti). Quindi, sostiene il gregge belante, anche Apocalypto sarà campione di incassi. Certo, come no, un film sui maya riscuoterà lo stesso interesse di uno su Cristo (peraltro, sostenuto da tutte le Chiese cattoliche del mondo, che lo hanno fatto diventare una sorta di quinto Vangelo). E poi, perché nessuno voleva finanziare una pellicola su un tema di grande interesse come La Passione di Cristo, con un regista che, grazie al suo ultimo film, aveva vinto l’Oscar, e con un budget tutto sommato irrisorio (circa 25 milioni di dollari), mentre tutti non vedevano l’ora di appoggiare Apocalypto (che è costato quasi il doppio)? Misteri (e follie) del business cinematografico d’oltreoceano.
Vedrete che, quando Apocalypto non farà nemmeno un quinto (a essere ottimisti) di quello che aveva incassato La Passione di Cristo, tutti daranno la colpa allo scandalo di cui è stato protagonista Gibson e non, semplicemente, alle potenzialità poco commerciali della pellicola. Insomma, razzismo, contrasti religiosi, sessismo, ipocrisia, stupidità, provincialismo, tutti argomenti toccati da Mel Gibson e dal suo Apocalypto. E non dite che è solo un film…

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