Ray Fisher oltre Joss Whedon: facciamo il punto delle accuse a Geoff Johns

Ray Fisher ha più volte accusato pubblicamente Joss Whedon e la dirigenza Warner. Ma punta il dito anche contro Geoff Johns. Ecco perché.

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Nell’ultimo anno Ray Fisher, l’attore di Cyborg nella Justice League, è stato al centro di una battaglia contro la dirigenza della Warner. Una piccola valanga che, con il tempo, ha guadagnato forza ampliandosi sempre di più. Inizialmente Fisher accusò Joss Whedon di comportamenti poco professionali e razzisti sul set. Man mano che le inchieste procedevano alla voce dell’attore si sono unite altre testimonianze, come quella della star di Buffy, Charisma Carpenter, o più recentemente lo sfogo dello sceneggiatore Chris Terrio.

Le parole di Ray Fisher hanno generato un’indagine interna, con più di 80 testimoni ascoltati, i cui esiti non sono però pubblici. L’attore si è giocato moltissimo con la sua battaglia che per molto tempo è sembrata quella di un Don Chisciotte contro i mulini a vento. Così non è, non più per lo meno, dato che la sua causa ha trovato sostenitori da più parti e una notevole esposizione mediatica. Questa storia parte con Joss Whedon e prosegue però con il dito puntato verso l’intera dirigenza Warner (accusata di avere lasciato correre troppe volte e di avere agito per tutelare gli executive). C’è però una terza figura essenziale, spesso citata da Ray Fisher, ma passata in secondo piano per via della minore notorietà al grande pubblico: Geoff Johns

Fumettista, sceneggiatore, produttore, e responsabile della DC Film, Johns è una delle colonne portanti della squadra di sviluppo di questo universo. Le accuse dell’attore nei suoi confronti sono estremamente articolate, spesso legate a un presunto atteggiamento razzista, e quasi gravi quanto quelle indirizzate a Whedon. Facciamo un riassunto.

Ray Fisher contro Geoff Johns

Tutto inizia poco dopo l’arrivo di Joss Whedon al posto di Zack Snyder. La situazione è tesissima all’interno della Warner: Justice League è immerso nei problemi, drena denaro senza sosta e preoccupa gli investitori. La deadline per l’uscita è sempre più vicina, ma le scene da (ri)girare sono ancora molte. Johns decide di fare da mediatore, per facilitare il lavoro del cast con il nuovo regista. 

Quando viene consegnata la sceneggiatura della seconda versione di Justice League al cast, Whedon scrive una mail agli attori dicendosi disponibile ad ascoltare eventuali “domande o lodi esagerate”. Ray Fisher non era della stessa idea. Chiama Whedon e gli esprime tutta la sua contrarietà ad alcuni tagli (soprattutto sulla trama famigliare di Cyborg) e su alcuni passaggi che potevano essere migliorati per una migliore rappresentazione dei personaggi neri. La risposta del regista è secca: “mi sembra di stare prendendo appunti, ma non amo prendere appunti da nessuno, nemmeno da Robert Downey Jr.”

L’interprete di Cyborg si rivolge allora a Johns il quale risponde solo: “non possiamo fare arrabbiare Joss”. Il fumettista si è giustificato, in risposta alla testimonianza, sostenendo di avere invece suggerito di avanzare le proposte quando Whedon non è sotto stress e quindi più disponibile ad accogliere i suggerimenti.

È solo l’inizio di un lungo braccio di ferro. Le indicazioni erano infatti chiare: il film della Justice League doveva essere più solare, con più umorismo, per provare ad arrivare a un pubblico più ampio. Cyborg, che era al centro del film prima delle modifiche, era un personaggio con una storia molto dolorosa alle spalle e quindi spesso arrabbiato. Fisher racconta quindi che Johns lo chiamò dicendogli che era un problema il fatto di avere al centro del film un “uomo nero arrabbiato”. Aggiunge poi un consiglio: di interpretare il personaggio meno come un tecnologico Frankenstein, ma più come un Quasimodo dall’animo gentile. “Non ho alcuna intenzione di interpretarlo come un gioviale custode di cattedrali” rispose Ray Fisher.

Questo perché l’attore sentiva il grande peso di interpretare il “primo” supereroe nero (ancora prima di Black Panther). “Era come se facesse supposizioni su come le persone nere avrebbero accolto il personaggio invece che ascoltare i consigli dall’unica persona nera con un impatto creativo sul progetto”, ha detto Fisher.

cyborg ray fisher justice league

Il Booyahgate

Uno dei momenti di rottura fu il caso del “booyah”. La dirigenza Warner voleva infatti che il personaggio pronunciasse la famosa catchphrase. Johns aveva proposto a Snyder la battuta, il quale aveva rifiutato. Ma lo studio insisteva. Secondo Ray Fisher la parola in sé non è un problema, ma funziona meglio in una serie animata che in un lungometraggio live action. Cyborg era inoltre l’unico eroe con una catchphrase. Un problema di rappresentazione del linguaggio delle persone nere, supportato anche dallo scrittore David F Walker. In un tweet ha infatti detto di odiare essere costretto a scriverla. Una frase che piace alle persone bianche, secondo lo scrittore, perché rispecchia la loro idea di come parlano le persone nere.  

Per convincere l’attore organizzarono una cena con il produttore Jon Berg il quale gli disse che la frase andava pronunciata perché la dirigenza Warner lo voleva per fare felici i bambini. Sul set Whedon andò dall’attore “supplicandolo" con tono solenne e shakespeariano (e assai ironico) di pronunciare la battuta. Una volta fatto, l’attore se ne andò dal set mentre Whedon gli diceva “bel lavoro, Ray!”. 

Il caso Krypton

Dopo i tweet e le accuse, altri hanno seguito l’attore. Due persone che hanno lavorato alla serie tv di Krypton hanno parlato con Fisher rivelando alcuni fatti correlati alle accuse di razzismo. Regé-Jean Page (la star di Bridgerton) sarebbe dovuto essere il nonno di Superman. Ma Geoff Johns, che supervisionava la serie, si oppose dicendo che Superman non poteva avere un nonno nero. Adam Strange sarebbe inoltre dovuto essere gay o bisessuale, ma si oppose anche a questo. In sua difesa Johns ha detto di credere che i fan si aspettassero un personaggio che assomigliava a un giovane Henry Cavill. 

La scrittrice Nadria Tucker uscì allo scoperto poco dopo. Sosteneva di avere voluto far cambiare spesso la pettinatura alle donne nere nella serie. Johns si era però opposto; quando Tucker gli spiegò che non era inusuale nella cultura nera cambiare spesso lo stile dei capelli, le venne risposto che no, non lo era. Geoff Johns ha negato le accuse di razzismo, spiegando che la sua posizione era volta solo a mantenere la continuità.

Ray Fisher e Walter Hamada

L’incontro tra Fisher e Walter Hamada, presidente della DC Film, non fu dei migliori. Invece di chiarire le posizioni e trovare un accordo, si acuirono le differenze. Hamada, secondo la versione dell’attore, disse che Whedon era uno “s*****o” e che non aveva intenzione di assumerlo più per alcun progetto. Ma non pensava che Geoff Johns avesse fatto nulla di male. Poco dopo iniziarono le indagini interne, Fisher lottò perché fossero gettito da una persona indipendente dallo studio. Il 4 di settembre twittò accusando Hamada di avere sacrificato Whedon e Berg "gettandoli dalla torre” per coprire Johns. Accuse poi ripetute a febbraio in un tweet in cui dice che il dirigente “ha distrutto la credibilità di un uomo nero, e pubblicamente delegittimato un’indagine molto seria attraverso menzogne alla stampa”.

Il riferimento è qui a una dichiarazione dello studio che difendeva Hamada sostenendo che Fisher si fosse rifiutato di testimoniare all’investigatore che l’aveva contattato. Nonostante l’attore sia stato molto attento e combattivo per l’indipendenza delle indagini, l’affermazione è una falsità dal momento che collaborò senza remore. Christy Haubegger, a capo delle comunicazioni di WarnerMedia giustificò l’errore nelle dichiarazioni ufficiali dicendo che venivano da informazioni di “terza mano” e che lo studio aveva risposto emotivamente alle accuse contro Hamada. Non era però il caso di scuse pubbliche dal momento che coloro che hanno scritto la nota dello studio “credevano che quello che stavano dicendo fosse vero”. 

Cyborg, che doveva avere un ruolo importante nel futuro film dedicato a Flash è stato prima ridimensionato ad un semplice cameo. Poi, quando l’attore ha detto di non voler lavorare più con Walter Hamada, lo studio ha liquidato la cosa prendendo atto della sua decisione e continuando senza scossoni con la produzione del film.

La controversia è destinata a non risolversi entro breve tempo. Sta costando molto ad entrambe le parti. Il parere di Katherine Forrest, che ha condotto le indagini, ormai concluse, è che non ci sono prove a supporto delle accuse di razzismo. Nella conversazione finale con Ray Fisher ha detto però che sono state prese delle misure correttive di cui ha già visto alcuni risultati (non è stata esplicita su quali). E i tagli fatti da Joss Whedon non sono motivati da un pregiudizio razziale.

Sono però ancora molte le ombre dietro a questa intricata vicenda. Fisher, dal canto suo, non sembra volersi fermare. “Non credo che alcune di queste persone siano adatte ad una posizione di leadership” ha detto. Il suo obiettivo non è più vincere la battaglia, ma fare luce sui problemi di Hollywood e rendere consapevoli le persone che lavorano dell’industria di chi hanno a che fare. 

Fonte: Hollywoodreporter

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