Rambo: Last Blood, di Adrien Grunberg | Bad Movie

Il Bad Movie della settimana è il quinto capitolo del franchise Rambo diretto da Adrian Grunberg e interpretato da uno Stallone ormai 70enne

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Spoiler Alert

Rambo (1982) di Ted Kotcheff

In Vietnam gestiva attrezzature da milioni di dollari mentre una volta tornato a casa non trova lavoro nemmeno come "parcheggiatore". Ex Berretto Verde, patriota, supersoldato, élite durante il coinvolgimento Usa nella Guerra in Vietnam (1955-1975) dove viene decorato con la medaglia al valore del Congresso. Diventa un Signor Nessuno tornato negli Stati Uniti del 1981 dove viene scambiato dallo Sceriffo Teasle per un vagabondo (Rick Dalton di C'era una volta a... Hollywood lo definirebbe a una prima occhiata: "maledetto hippie") quando penetra nella cittadina di Hope nello stato di Washington per cercare l'ultimo sopravvissuto con lui del suo reparto in Vietnam (Delmar Berry). Non lo trova. È morto perché esposto a un defoliante (c'è un bellissimo film italiano sull'uranio impoverito che tante vittime fece nella guerra in Kosovo intitolato Vento di Terra del 2003). Lo Sceriffo Teasle di Hope non lo vuole nemmeno far entrare in città, Rambo insiste comunque e il resto è uno scontro durissimo lui contro Polizia locale e Guardia Nazionale in cui il nostro si ricuce un braccio da solo nel bosco (scena che ossessione l'intera decade degli '80), uccide solo un uomo dello Sceriffo (Stallone in sceneggiatura diminuisce fortemente gli omicidi di Rambo) e alla fine risparmia il suo grande nemico (interpretato da un enorme caratterista bianco con il faccione irlandese al secolo Brian Dennehy) perché convinto dal Colonnello Trautman, suo diretto superiore in Vietnam arrivato ad Hope per evitare il peggio con la celebre battuta: "Non sono qui per salvare Rambo da voi, ma voi da Rambo".

Rambo 2 - La Vendetta (1985) di George Pan Cosmatos

Rambo è finito ai lavori forzati dove spacca delle pietre gigantesche dopo i fattacci di Hope. Trautman lo va a trovare per chiedergli di andare a liberare dei soldati americani rimasti prigionieri in Vietnam. Se lo farà, sarà graziato. È il 1984. Meno vestito che nell'umido Stato di Washington, il nostro si infiltra nella giungla orientale sotto il comando a distanza di Murdock, un futuro grande nemico (interpretato da un enorme caratterista bianco con il faccione di Charles Napier) che pare il fratello gemello dello Sceriffo di Hope. Una volta lì incontrerà una donna guerrigliera alleata (Co-ba) con cui avere dei momenti di delicata conversazione (purtroppo finirà che dovrà seppellirla nel fango) e Podovsky, ufficiale sovietico con gli occhi di fuori amante della tortura interpretato in chiave più che esagitata, e sudata, dall'ex drugo di Arancia Meccanica Steven Berkoff. Murdock ovviamente non aiuterà mai Rambo, anzi si scoprirà che tutta quell'operazione era una farsa compreso il sacrificio dell'ex Berretto Verde considerato spendibile dal Governo. Finale simile al primo con Rambo che sopravvive nella giungla, fronteggia Murdock (ben più vigliacco e immorale di gente come Podovsky), lo risparmia e viene calmato da Trautman il quale gli chiede cosa voglia. La riposta è uno dei pochi sfoghi del supersoldato, grazie alla penna vibrante in sceneggiatura di Stallone + un giovane James Caneron: "Io voglio... loro vogliono, e ogni altro ragazzo che è venuto fin qui e ci ha lasciato la pelle o ha dato tutto quello che aveva, vuole che il nostro paese ci ami quanto noi lo amiamo, ecco quello che voglio!". E va via, graziato, non si sa dove.

Rambo III (1988) di Peter MacDonald

L'approdo è la Thailandia dove Trautman lo raggiunge per chiedergli di seguirlo in Afghanistan per combattere i sovietici al fianco dei mujaheddin locali. Rambo rifiuta ma poi rapiscono Trautman, uno dei pochi con cui Rambo era riuscito ad aprirsi fino a quel momento. È il 1987. Il solito nemico interno dopo lo Sceriffo di Hope e Murdock è tale Robert Griggs, dell'Ambasciata americana, interpretato da un altro grande caratterista villain, dopo Dennehy e Napier, come Kurtwood Smith che in RoboCop aveva voluto un look da ragioniere perché ispirato dal nazista Heinrich Himmler. Peccato che scompaia prestissimo dal film rompendo quella regola, fino a quel momento funzionale, di avere sempre un nemico "interno" appartenente alle istituzioni. Rambo fa amicizia con un bambino, conosce il valore bellico e il senso della riconoscenza dei mujaheddin, sgomina i sovietici, anonimi come le facce di chi li recita, e con Trautman liberato al suo seguito lascia l'Afghanistan salutando con garbo gli autoctoni.

John Rambo (2008) di Sylvester Stallone

Prima battuta di Rambo dopo 20 anni di assenza: “Vaffanculo, chiaro?”. Chiarissimo. Qualcuno gli dice che vuole convincere le persone con libri di preghiere. Lui replica: “Non avete delle armi con voi? Allora non cambierete niente”. È pessimista. E poi poco dopo: “Vaffanculo il mondo”. Pure nichilista. Siamo in Thailandia e forse è meglio lasciarlo catturare i serpenti e pescare con l’arco. Avevamo saputo da Murdock nel secondo film che John Rambo era nato il 6 luglio 1947. Quindi ora dovrebbe avere 60 anni. Che cosa gli è successo dopo l’11 settembre 2001? Niente. La patria è sempre più lontana. Isolato, disilluso e tinto. Mai avuto i capelli di un nero così acceso. Richiamato al disordine da un gruppo di missionari parolai e ottimisti, il nostro dovrà salvarli da un gruppo di truci birmani capitanati da un pedofilo che indossa quasi sempre enormi occhiali a specchio. Sembra che John torni ad eccitarsi all’odore del sangue, anche se l’istinto omicida è velato da uno spleen giustificato da esperienze di vita non proprio esaltanti. “Vivere per niente o morire per qualcosa. Scegliete voi” lo vediamo meditare ad alta voce. Grazie a lui e al colorito gruppo di mercenari tra cui si distingue il capo inglese sboccato, i missionari salveranno la pelle ma non la fede. Sangue a fiumi, colori desaturati, impressionanti scontri a fuoco alla Salvate il Soldato Ryan e Rambo che urla sempre più addolorato mentre uccide tutti. C’è grande dignità in questo sofferente guerriero tinto senza patria e speranza. Tornato a casa, lo vediamo passare davanti alla cassetta della posta dei genitori. C’è scritto R. Rambo. Ma anche se il padre si chiamasse Ronald o Reagan (l'ex Presidente Usa repubblicano in carica dal 1981 al 1989 era un suo grande fan ai tempi di Rambo 2 - La Vendetta), ormai questo soldato non è più figlio suo.

Rambo: Last Blood (2019) di Adrian Grunberg

Siamo rimasti lì. Bowie, Arizona. C'è una sedia a dondolo dove spesso Uncle John si siede dentro il ranch di papà (ancora non sappiamo quella R per cosa stia). È in una dimensione nonnesca ma non c'è ancora pace nella sua testa perché scava tunnel arzigogolati sotto gli ettari della fattoria, ascolta a palla Five to One dei Doors (canzone martellante non proprio anodina) mentre lima coltelli fatti con acciaio di Damasco e non ha rapporti con esseri umani se non con due messicane: la governante Maria e la di lei nipote Gabrielle. È il Rambo movie più privato che ci sia tanto che sembra un rape & revenge alla L'ultima Casa a Sinistra (1972) di Wes Craven per quanto il nostro stavolta uccida per dinamiche squisitamente familiari legate ad aggressioni ai suoi cari. Geopolitica quindi esclusa? Eh no. C'è il Messico come emblema della terra del male (la Mordor del cinema action e di guerra degli ultimi 10 anni) e dal Messico potrebbero arrivare parecchi problemi dopo che Gabrielle è andata lì (aiaiai) per incontrare il padre finendo nelle fauci dell'ennesimo cartello di cinema & tv stavolta rappresentato dai cattivissimi Fratelli Martinez. C'è una giornalista (Carmen) come unico alleato e unica persona perbene di quella nazione rappresentata come luogo senza legge, amore ed educazione civica. Ciò che è impressionante in questo film di Grunberg & Stallone (attivo in soggetto e sceneggiatura) è: pensi che non andare mai in Messico sia una soluzione? Sbagli. Il Messico può venire a casa tua in un attimo. Il muro di Trump? Non serve a niente. Tu stai seduto sul dondolo in Arizona ed ecco dieci macchine nere all'orizzonte con un esercito armato fino ai denti dentro gli abitacoli pronto a disintegrare te e il tuo bel ranch senza che niente, o nessuno, possa proteggerti. Non ci sono controlli alla frontiera? Il cartello dei Fratelli Martinez è così ricco da poter corrompere qualsiasi agente e/o politico impiegato sul confine durante peraltro la propaganda trumpiana anti-immigrati? Ci vengono i brividi. A Rambo no. Perché lui ormai si aspetta sempre il peggio dalla vita ("Gliel'ho detto che ti piace scavare e che sei un po' matto" aveva scherzato Gabrielle ben consapevole presso i suoi amici di avere un Uncle John acquisito più strambo che Rambo). Dopo essersi infiltrato in Messico a suo rischio e pericolo (è il Rambo movie più autolesionista perché lui prende e va lì a 70 anni senza un briciolo di preparazione tattica rispetto ai tempi delle infiltrations in Vietnam e Afghanistan) è come se avesse bisogno di essere pestato a morte, marchiato sulla guancia, farsi delle miglia in macchina con un cadavere per poter riuscire a tornare quella macchina da guerra perfetta. Il supersoldato che aveva sempre sollevato il dubbio circa il fatto che fosse super proprio perché traumatizzato al punto da diventare un'inesorabile macchina omicida non ha Storia (a differenza di Rocky, altra maschera stalloniana, il quale è su YouTube nei suoi incontri più importanti e ha pure una statua a Philadelphia), non è menzionato negli archivi e non può essere googlato ("Io non esisto" aveva detto a Co-ba in Rambo 2). La sua lotta, accelerata in regia come gli scontri in Mad Max: Fury Road, è pura sopravvivenza personale e nemmeno difesa del suolo patrio da una home invasion messicana. La cupezza del monologo finale in voice over ha del delirante per quanto sia scollegata alla trama del film: "Ho provato a tornare a casa, ma non sono mai arrivato". Lui che ha appena strappato il cuore a un cattivone, realizza che il suo è ancora, invece, al suo posto pronto a difendere il luogo in cui è nato e a tenere viva la memoria dell'unica famiglia che ha avuto ormai ridotta a dei fantasmi (ma la governante Maria e la giornalista Carmen sono ancora vive). Poco dopo, sui titoli di coda, lo vediamo andar via a cavallo proprio come Shane nel finale de Il Cavaliere Della Valle Solitaria (1953).

Conclusioni

Diventerà un Jack Reacher pronto ad andare in giro con Maria e Carmen ad aiutare i più deboli? Sarà invece l'ultima volta che lo vedremo? Dipende dagli incassi ma per quanto riguarda la seconda maschera della filmografia stalloniana non pensiamo si sia effettuato quel salto di qualità come nel franchise Rocky. O meglio: il potenziale espresso in John Rambo (2008) non è stato portato avanti dal qui presente Rambo: Last Blood, pellicola involuta il cui aspetto più interessante è proprio questo incubo trumpiano del Messico cattivo che può entrarti in casa in qualsiasi momento. Allora forse il famoso prequel più di una volta evocato da Sly in cui vedere John Rambo ragazzino, pieno di entusiasmo, ciarliero, popular al liceo e/o college prima che il Vietnam lo rendesse praticamente afasico, può essere l'unica possibilità per riproporre uno stesso personaggio da un punto di vista diverso con in più il divertimento cinematografico di vedere un giovane attore alle prese con una delle icone cinematografiche più ingombranti e discusse del '900. E poi, finalmente, sapremmo il perché di quell'amore ossessivo per Five to One dei Doors.

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