Può succedere anche a te è il Cage più buono che c’è
Può succedere anche a te è una dolce commedia romantica nella quale Nicolas Cage interpreta il suo personaggio più positivo di sempre o quasi
Può succedere anche a te è l’ottavo capitolo del nostro viaggio allucinante nella carriera di Nicolas Cage che abbiamo deciso di intraprendere mentre aspettiamo l’uscita di The Unbearable Weight of Massive Talent. Trovate tutti i capitoli dello speciale a questo link.
Il film.
Può succedere anche a te è la seconda parte di un’ideale bilogia Cage-iana che si completa con il film di cui abbiamo parlato la settimana scorsa, cioè Cara, insopportabile Tess. Niente di concettuale o profondo: semplicemente Cage aveva stretto un accordo con Tri-Star per due film, che vennero distribuiti nello stesso anno. D’altra parte il 1994 è stato per molti anni il Primo Grande Anno di Nicolas Cage, almeno in termini numerici, con tre film al cinema (oltre ai due citati c’è il flop Bufera in Paradiso) e la comparsa nel documentario di Caroline Thomas A Century of Cinema. Può succedere anche a te, e il 1994 in generale, segnano anche la fine della fase romcom di Cage, che da lì in avanti si dedicherà almeno per qualche anno al cinema d’autore, al cinema di genere o a un mix di entrambe le cose.
Il cast.
L’altro grande nome oltre a quello di Nic Cage è Bridget Fonda, che al tempo si stava ancora facendo strada a Hollywood cercando di decidere cosa le piacesse di più, se le commedie romantiche, l’action (solo l’anno prima aveva avuto un ruolo da protagonista in Nome in codice: Nina, remake di Nikita di Besson), i film di mafia… Vale la pena segnalare che due anni prima di Può succedere anche a te Fonda aveva avuto modo di recitare con un’altra gigantesca faccia da cinema, cioè Bruce Campbell (in L’armata delle tenebre). Il ruolo di terza incomoda nel film va a Rosie Perez, e segnaliamo anche Isaac Hayes, Stanley Tucci e il debutto al cinema di Emily Deschanel (suo padre Caleb è il direttore della fotografia del film).
Il regista.
Negli anni Novanta Andrew Bergman (nessuna parentela) venne definito “il miglior regista di commedie che nessuno conosce”, e in effetti nella sua lunga e semi-sfortunata carriera ci sono dei titoli da far girare la testa. Considerate per esempio che il suo debutto a Hollywood fu la sceneggiatura di Mezzogiorno e mezzo di fuoco di Mel Brooks, ma anche che ha scritto film ottimi e semi-dimenticati come Fletch – Un colpo da prima pagina con Chevy Chase. Può succedere anche a te è il suo secondo film con Nicolas Cage: nel 1992 lo aveva diretto in Mi gioco la moglie... a Las Vegas, del quale Via da Las Vegas NON è un sequel. Tornando a parlare di Bergman, c’è un motivo se a un certo punto ha cominciato a lavorare molto meno al cinema e si è dato alla scrittura di romanzi: nel 1996 scrisse e diresse Striptease di Demi Moore, uno dei film più massacrati dalla critica dell’intera storia del cinema.
Di cosa parla.
Tratto da una storia vera, Può succedere anche a te racconta di Charlie e Muriel, una coppia del Queens che vive nell’infelicità coniugale. Charlie è un poliziotto buono, che un giorno si ritrova alla cassa di un diner senza i soldi della mancia; promette quindi a Yvonne, la cameriera che lo sta servendo, che tornerà il giorno dopo con la mancia, e le promette anche che, nel caso in cui il biglietto della lotteria che ha in tasca dovesse risultare vincente, smezzerà il montepremi con lei. Il biglietto è ovviamente vincente, Charlie e Muriel vincono 4 milioni di dollari, la metà dei quali però vengono consegnati a Yvonne: in questo modo si forma il triangolo che farà da spina dorsale a tutto il film. Che da lì in avanti procede dritto senza intoppi ma anche senza troppi sussulti: è una dolce commedia romantica prevedibile come un temporale sulla Cisa, sorretta dalle interpretazioni di tutto il cast e in particolare dalla coppia Cage/Fonda, una delle meglio assortite di questa prima parte di carriera di Cage (anche se Laura Dern rimane imbattibile).
E Nicolas Cage che fa?
Il poliziotto buono, buonissimo, che gioca con i bambini del palazzo, che ha sempre una buona parola per chiunque, che aiuta gli anziani, i ciechi e gli anziani ciechi ad attraversare la strada. È un protagonista anni Cinquanta più che anni Novanta, di gran lunga il personaggio più intimamente buono interpretato da Nicolas Cage fino a quel momento. Non solo: il suo Charlie Lang è un tipo mite e di buone maniere, e tra lui e la moglie è lei quella che scivola più spesso nell’overacting che solitamente si associa al nostro Nic. Non è una critica, ovviamente: Rosie Perez è perfetta (per certi versi meglio ancora di Cage e Fonda, che funzionano meglio quando sono insieme che quando li si prende separatamente), ma è fuor di dubbio che il ruolo di Nicolas Cage del film sia suo, non di Nicolas Cage.
Questo non significa che il Nostro si faccia sempre schiacciare dalla sceneggiatura e tenere a bada dalle compagne di cast. Ci sono un paio di momenti di brillantezza cage-iana, e il nostro preferito è, ovviamente, quello più gratuito e inaspettato. Lo vedete immortalato nella foto che apre il pezzo; Charlie e Muriel scoprono di avere vinto alla lotteria, e mentre lei urla, strilla, strepita e saltella in giro per la stanza lui fa una sola cosa: guarda in macchina. Per almeno trenta secondi, Cage fissa chi guarda con aria attonita frantumando la quarta parete con la sua semplice presenza; è un momento Cage altissimo, che dura il tempo di qualche respiro prima che il Nostro torni nei ranghi. Ma è un momento da custodire nel cuore.
Cage-o-meter: quanto Nicolas Cage c’è in questo film da 1 a 10?
8: è un Cage in controllo di sé stesso ma un po’ addomesticato, e che vive un po’ troppo di luce riflessa (da Rosie Perez o da Bridget Fonda).