La pubertà è caos, ovvero: la Vecchia Pixar è tornata? | Bad Movie

In teoria, potremmo vedere un Inside Out ogni dieci anni. Intanto, la Pixar è cambiata, anche se questo non è necessariamente un problema

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Il Bad Movie della settimana è Inside Out 2, il nuovo film dei Pixar Animation Studios al cinema dal 19 giugno.

Premessa

La Pixar era in Ansia. Questa nuova emozione di Inside Out 2 (insieme a lei arrivano Imbarazzo, Invidia, Noia e un pizzico di Nostalgia) rappresenta bene come si sentissero da quelle parti prima dei risultati notevoli del primo weekend al box office americano. La casa di produzione fondata da Edwin Catmull e Alvy Ray Smith nel 1986 a Richmond, California, rappresenta ancora la punta di diamante dell'animazione mondiale, capace di essere insieme sperimentale e nazional popolare? La risposta è “ni”, almeno proprio da quel prodigioso 2015 in cui Pete Docter & Co. ci misero davanti agli occhi Sigmund Freud + Woody Allen + J.R.R. Tolkien, ovvero un viaggio epico e comico dentro le lande surreali della psiche della dodicenne Riley Andersen.

Questa signorina statunitense si era appena trasferita dal campagnolo Minnesota a una grigia e alienante San Francisco, con al seguito mamma paziente che ogni tanto rimpiangeva un pilota brasiliano e papà simpatico spesso al lavoro o con la testa più sul football americano che non sui problemi di casa (o di Riley). Da quel lontano 2015, Pixar ha realizzato buoni film, alcuni quasi ottimi (il solido Toy Story 4 o il magnifico floppone autoriale Red) ma mai più capolavori come i pezzi da novanta dello studio nella Golden Age Pixar dal 1995 al 2015.

Torniamo sempre a ripeterlo: non è facile mantenere una qualità alta all'interno della produzione industriale dell'audiovisivo, figurarsi conservare una qualità altissima stile Pixar. Calo fisiologico o preludio a drastico ridimensionamento di ambizioni? In Marvel stanno vivendo le stesse emozioni dopo i risultati eccellenti sia qualitativi che quantitativi del periodo magico MCU 2008-2019, e solo l'inizio del 2025 ci darà probabilmente qualche risposta sul loro futuro insieme al risultato fondamentale per il theatrical mondiale di Deadpool & Wolverine il prossimo 25 luglio.

Mentre la Pixar era in flessione naturale, il resto del mondo animato che ha combinato? John Lasseter non è riuscito al momento con Skydance Animation a distinguersi dalla “sua” Pixar, da cui fu invitato ad andare via perché si dice desse nella Golden Age 1995-2015 degli abbracci troppo affettuosi e alcolici a impiegate e collaboratrici. Illumination e Dreamworks creano delizie comiche senza lo spessore Pixar. Disney è stata così coraggiosa da aver ucciso il concetto di villain sia in Lightyear (2022) che in Strange World (2022), non venendo però ripagata dagli spettatori che uccisero i box office post-pandemici sia di Lightyear che di Strange World.

L'animazione europea, un tempo appannaggio di Sylvain Chomet e Michel Ocelot, è diventata sempre più marginale (Dov'è il mio corpo di Jérémy Clapin provocò qualche sussulto). Noi italiani? Nonostante la presenza sempre di classe dell'outsider Enzo d'Alò (così nemo profeta in patria da ambientare il suo ultimo cartoon in Irlanda), stiamo aspettando, pregando e facendo gli scongiuri, il lungometraggio di Zerocalcare + Giorgio Scorza di Movimenti come fosse la manna dal cielo dopo i fortunati esperimenti streaming. In Giappone Makoto Shinkai ha imposto l'amore giovane in mezzo all'apocalisse (Your Name, Suzume), e giusto in questo 2024 un signore di 83 anni che doveva ritirarsi da quel dì (mai credere a un artista quando esterna) ha riportato a Tokyo l'Oscar per Miglior Lungometraggio d'Animazione dentro il suo Studio Ghibli con Il ragazzo e l'airone.

Parliamoci chiaro: al netto di successi Netflix come la serie Arcane di Francia e USA tratta da videogame, ci manca la Pixar come faro centrale mainstream? Certo che sì. Esattamente come sarebbe il caso che Marvel tornasse in forma theatrical dopo il disastroso The Marvels (2023) per il bene delle sale cinematografiche del mondo. E proprio perché eravamo pervasi da una nostalgia Pixar, ci eravamo rivolti con sempre più entusiasmo alla Sony Pictures Animation dopo il meritato Oscar per Spider-Man - Un nuovo universo (2019), convinti che avrebbero bissato, in questo momento poco competitivo, con Spider-Man: Across the Spider-Verse, prima che quel ragazzino giapponese di 83 anni li fregasse al fotofinish con Il ragazzo e l'airone (anch'esso un Miyazaki minore, non all'altezza dei capolavori del passato).

Concludendo la premessa: l'animazione non è particolarmente animata in questi ultimi anni a livello mondiale. Pixar aveva bisogno di un film largo e accessibile per tornare al centro della scena. Senza picchi di eccezionalità, per fortuna l'ha trovato con Inside Out 2. All'insegna di uno slogan che viene dal primo film del 2015.

"La pubertà è un caos"

Ma soprattutto la pubertà di Riley, già evocata nel finale di Inside Out, è l'occasione per presentare nuovi personaggi nella sala di controllo della sua mente rispetto alla squadra vincente della pellicola originale. Cambia la musica già ai titoli di testa (dal tema delicato di Michael Giacchino si passa a schitarrate elettriche modello AC/DC) e mentre Gioia ricomincia con i difetti di sempre (“Buttiamo l'indigesto!”), cercando di isolare Riley da ogni tipologia di turbamento, ecco che la console si rompe, poi diventa arancione, poi assistiamo all'ingresso di quattro nuovi personaggi con predominanza femminile 4 a 1. Gli originali erano più equilibrati con 3 signore (Gioia, Tristezza, Disgusto) e 2 signori (Paura e Rabbia). Ora abbiamo…

Ansia

L'arancione viene da lei. Sorrisone e capello sconvolto da scienziato pazzo. È un'Ansia portata all'allegria forzata e quindi i colori rispecchiano questa scelta più solare che dark. Sarà un personaggio chiave che cercherà di sostituirsi a Gioia nella gestione di Riley, procurandole dei chiarissimi attacchi di panico (occhio: ne soffre anche il Mike Lowrey di Will Smith in Bad Boys: Ride or Die). Con Ansia siamo dentro la tradizione grafica pazzarella e cool dei Looney Tunes.

Invidia

Somiglia a Disgusto ma è tutto in calando celeste rispetto a quella signorina puntigliosa verde. Per “calando” intendiamo che sia zona oculare che capelli che volto paiono sgocciolare all'ingiù. Occhioni giganteschi perennemente lacrimanti stile manga.

Imbarazzo

Ragazzone impacciato con tuta non gold ma grey nel cui cappuccio nasconde costantemente il volto da cui esce un naso a cipolla enorme degno dell'Obelix compagno d'avventure di Asterix. Diciamo che tutto il personaggio pare preso dal forzutissimo gallo francese creato da René Goscinny e Albert Uderzo nel 1959.

Noia

È una signorina francese. È buffo che esca un personaggio del genere e venga collegato alla Francia in questo preciso momento storico perché i nostri amici transalpini, dopo le elezioni europee dei primi di giugno, tutto stanno vivendo oggi tranne che uno stato di indolenza o apatia. I prossimi 30 giugno e 7 luglio voteranno per le elezioni legislative per il rinnovo del Parlamento con ben 3 anni di anticipo rispetto al 2027, dopo che il Presidente Macron ha preso una tale batosta al voto europeo del 6 giugno da anticipare le consultazioni popolari. Sicuramente la noia è un'emozione che difficilmente possiamo associare alla Francia in questo inizio d'estate 2024. Tornando al film: costei è magra, naso importante, affusolata come uno spaghetto, pigiama blu e calzino. “Gioia è così retrò” la sentiremo dire. Graficamente c'è un pizzico di Françoise Sagan + quei pupazzi dai nasi enormi di Armando Testa (noi italiani siamo venerati in Pixar come sa bene Bruno Bozzetto, omaggiato da Lasseter ai tempi de Gli Incredibili) per il suo ciclo Carmencita e Caballero dentro Carosello.

Nostalgia

C'è anche un'altra emozione che ogni tanto fa capolino ma giustamente viene cacciata indietro da tutti gli altri (la gag forse più divertente del film) perché è un po' prematura per Riley. Trattasi di Nostalgia, nei panni di una vecchietta a forma di conchiglia sempre con una tazza di tè da servire. Lei ci ha ricordato Yoda + Mr. Magoo di Millard Kaufman e John Hubley.

Una volta presentate le nuove emozioni e stabilite le nuove dialettiche (nel primo Gioia vs Tristezza; qui Gioia vs Ansia), che avventure vivrà Riley in Inside Out 2?

Quasi Queer

Avventure quasi queer. Infatti, qualcuno ha anche accusato la Pixar di non essere particolarmente coraggiosa. Riley incontrerà l'amore etero? Non sia mai. Il 2015 era un'altra era rispetto a oggi per gli amici anglosassoni e infatti l'accenno a possibili future love story con maschietti era simpaticamente introdotto alla fine di Inside Out. Oggi è praticamente improponibile. Quindi depenniamo la love story etero di tanta retorica favolistica da animazione Disney. Problemi tra mamma e papà? Nemmeno. Mestruazioni a pioggia come la Carrie sia di Stephen King su pagina che di Brian De Palma su schermo? Adesso non esageriamo (magari la Pixar di un tempo, non quella di oggi). Al massimo vediamo comparire qualche brufolo sul viso della nostra Riley Andersen.

Lo struggimento della nostra eroina in questo buon sequel è legato solo ed esclusivamente a una squadra di hockey su ghiaccio femminile, metafora di un mondo di donne al potere (sia giocatrici che allenatrice) di cui Riley non solo vuole fare parte ma all'interno del quale vuole primeggiare. Tutto il film, che segue piuttosto pedissequamente lo schema del capolavoro 2015, vede Ansia prendere il controllo per far sì che Riley venga accettata nella squadra di hockey femminile, con Gioia & Co. costrette a riprendere il loro posto nella stanza dei bottoni dopo i soliti lunghi viaggi dentro canyon rosa, incontri con personaggi buffi, qualche scena d'azione, Bloofy al posto di Bing Bong ma senza la portata emotiva di quel personaggio commovente che lasciava volare via Gioia per lasciarsi cadere nell'oblio, dimenticato per sempre da Riley.

Analogico vs Digitale

È interessante quanto il film, di fatto su una statunitense Gen Z nata intorno al 2004, sia legato a sforzi analogici, cancelli la presenza dei social e riporti lo sport al centro degli obiettivi della giovane eroina come tante commedie sulla pubertà maschile degli anni '80. Affascinante la presenza dell'Atroce oscuro segreto anche se l'apparizione è troppo fugace per un “personaggio” così interessante descritto graficamente come un bogeymonster grosso come un balrog tolkieniano. Non sfugge la stessa identica soluzione dell'originale 2015: mai reprimere, mai separare le emozioni, piuttosto cercare di abbracciare la complessità del senso di sé.

Conclusioni

In teoria ne potremmo vedere uno ogni dieci anni di Inside Out, con la responsabilità Pixar di creare così la “sua” donna statunitense sempre più sfaccettata e ricca di emozioni in viaggio dall'adolescenza, alla giovinezza, alla vita adulta. Perché no? Ma sarebbe un compito arduo perché a quel punto dovrebbero parlare di politica, società, sessualità e un mondo di relazioni e azioni leggermente più ampio che non sia una scuola, il campo da hockey su ghiaccio, gli spogliatoi, casa con mamma e papà più l'ufficio dell'allenatrice. Sarebbe in grado Pixar di fare Boyhood di Richard Linklater? Sarebbe in linea con la sua missione aziendale?

Mentre pensiamo alle risposte, il buon Inside Out 2 sta riportando in massa la gente al cinema, e per fortuna perché questo 2024 ha bisogno di prodotti nazional popolari. Crediamo che la Pixar di oggi, nonostante non sia più quella di ieri, abbia ancora tutte le qualità per ricoprire questo ruolo. Sull'avanguardia tematica, drammaturgica e grafica la risposta è no, altrimenti non avrebbero scelto di allinearsi così tanto al testo madre del 2015. Ecco perché a inizio saggio abbiamo usato l'espressione “ni”.

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