Provato - The Town of Light
Al Lucca Comics & Games abbiamo indossato l’Oculus Rift e ci siamo buttati a capofitto in The Town of Light: inquietante avventura grafica sviluppata da un team tutto italiano.
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
La piccola Renèe ha solo sedici anni quando viene rinchiusa in una casa di cura a Volterra, in Toscana. Da tempo soffre di continui attacchi di panico, manifesta manie di persecuzione e sempre più spesso si lancia in discorsi sconclusionati e privi di senso. Negli Anni ’40 dello scorso secolo, la medicina non era ancora riuscita a trovare un modo efficace per gestire certi disturbi mentali. Così, l’unica soluzione che la sua famiglia si vede costretta a vagliare è quella di rinchiuderla manicomio. Invece che trovare conforto e cure, per Renèe inizierà un vero e proprio incubo fatto di maltrattamenti e torture perpetrati da infermieri e medici che, appunto, rappresenteranno mostri ben più spaventosi e “reali” di creature sfigurate e deformi viste in tanti titoli horror.
Indossato l’Oculus Rift, nel piccolo stand del Lucca Comics & Games dedicato al gioco, ci siamo immersi in un piccolissimo spezzone dell’avventura, saggiandone la ricercatezza artistica e, soprattutto, storica. Uno degli intenti del team di sviluppo, difatti, è quello di raccontare una storia vera. Non certo quella di Renèe, ovviamente, quanto quella di centinaia di “pazienti” trattati come carne da macello dentro istituti che si rivelarono totalmente inadeguati al trattamento di certe patologie. Per raggiungere lo scopo, i ragazzi di LKA non si sono limitati a svolgere minuziosi studi sul campo: hanno riempito gli scenari di documenti dell’epoca, rintracciabili e consultabili esplorando liberamente ogni stanza, ogni ala della gigantesca struttura che si erge tra vegetazione e macerie.
[caption id="attachment_147995" align="aligncenter" width="508"] A rendere tutto ancor più interessante e misterioso, lo stile narrativo adottato e condotto da Renèe stessa: spesso confuso e pieno di metafore tutte da sciogliere.[/caption]
Gli enigmi, se così possiamo chiamarli, si risolvono ritrovando alcuni oggetti, piuttosto che raggiungendo una precisa ubicazione. Il focus è naturalmente altrove: nel vivere la vicenda, nel carpirne il dramma, nel raggiungimento dell’empatia più profonda con un essere umano che ha dovuto subire violenze mentali, carnali e sessuali in un posto in cui, teoricamente, avrebbe dovuto trovare persone disposte ad aiutarla.
In questo senso, tensione e terrore sono veicolati dalla sovrapposizione continua delle epoche storiche. Mentre si cammina in un corridoio al buio, la fotografia dell’immagine cambia tonalità e tutte le porte si spalancano improvvisamente. Una luce ci conduce verso i bagni della struttura, dove ad attenderci c’è una vasca piena d’acqua. Si avvia una scena d’intermezzo che mostra lo stupro subito dalla povera Renèe da uno degli infermieri, spezzone che senza scadere nella volgarità, non lesina parole e immagini forti. Sequenze come queste rendono l’idea di cosa voglia essere The Town of Light: non una mera avventura grafica dai toni horror, ma un’esperienza d’impatto, scioccante, persino difficile da digerire.
[caption id="attachment_147996" align="aligncenter" width="508"] Il titolo si avvale del motore grafico Unity. I risultati ottenuti sono più che eccellenti.[/caption]
Ritornati alla realtà, fuori dal mondo virtuale creato da Oculus Rift, si ha tutto il tempo per pensare e ripensare a ciò che la piccola Renèe ha dovuto subire nella sua giovane vita. Questo non è stato che un piccolo assaggio di quello che sarà The Town of Light, in uscita su Steam il 26 febbraio, ma se lo scopo di LKA è quello di far riflettere il suo pubblico, di costringerlo a prendere coscienza di una delle tante pagine oscure della nostra storia, allora il sentiero imboccato è certamente quello giusto.