Provato - The Banner Saga - In alto gli stendardi

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Abbiamo provato le prime ore del progetto di Stoic Studios...

Kickstarter è una sorta di magma ribollente, a volte i suoi getti sono splendidi, altre volte somigliano più a stanchi sbuffi pieni di fumo ma con poca consistenza. Alex Thomas, John Watson e Arnie Jorgensen sono stati fra i primi a credere nella piattaforma di crowdfunding, lasciando Bioware e fondando Stoic, uno studio, a detta dei fondatori, creato per "dare la vita a giochi che altrimenti non sarebbero mai stati creati". La risposta della community è stata sovrabbondante, a fronte dei 100.000 dollari richiesti all'inizio della campagna di finanziamento Stoic ha raccolto circa 724 mila dollari, permettendo agli sviluppatori di espandere in maniera decisa il progetto iniziale, facendo nascere quello che oggi si intitola The Banner Saga e, almeno nelle intenzioni, promette ore ed ore di avventure e combattimenti fra le lunghe notti e i ghiacci splendenti della scandinavia raccontata dalla mitologia norrena.

Grazie a un codice Steam gentilmente fornitoci dal publisher, abbiamo avuto la possibilità di giocare le prime ore di The Banner Saga, trovandoci davanti a un titolo che fin dalle primissime battute cerca di solleticare le corde dei vecchi giocatori. Tutto, dal design di personaggi ed ambientazioni, fino ai menu sembra uscito dai GDR occidentali degli anni '90 e, non a caso, l'estetica globale deve molto sia ai Classici Disney sia alle produzioni a cartoni animati che, due decenni fa, invadevano i sabato mattina di Canale 5 ed Italia 1. Questo approccio, per quanto decisamente affascinante per noi vecchi gamer, potrebbe risultare indigesto per i player meno avvezzi al vintage, dato che il gioco fa poco o nulla per farsi piacere a chi non ha mai avuto fra le mani un episodio di Ultima o non era un affezionato spettatore di Prince Valiant. Superato il semplice tutorial iniziale, The Banner Saga stupisce per la sua impostazione, Stoic ha creato uno strano ibrido fra avventura, gestionale e gioco di ruolo, mettendoci nei panni di valorosi guerrieri, alcuni umani, altri appartenenti a una strana razza di superuomini simili a Beorn dello Hobbit (ma senza poteri mutaforma), impegnati nello scontro con misteriose forze oscure che, senza apparente motivo, si stanno risvegliando in tutto il mondo.

Dal punto di vista del sistema di combattimento, The Banner Saga recupera il meglio degli strategici a turni come XCOM, permettendoci di elaborare strategie e contromosse basate sulle varie caratteristiche dei nemici e degli eroi che abbiamo a disposizione: una volta imparati i comandi di base (tutti strutturati attorno al dualismo corazza/attacco fisico), gli scontri diventano velocemente piuttosto impegnativi, rendendo ogni combattimento un vero e proprio duello, oltre che con l'intelligenza artificiale, anche con i propri nervi. Attorno a questo cuore piuttosto classico, però, Stoic ha costruito un gioco piuttosto particolare: anziché sviluppare un semplice GDR, i designer hanno pensato bene di amalgamare elementi provenienti da vari generi ludici, creando il concetto di "banner", traducibile in italiano come un misto fra il proprio popolo e la famiglia d'origine. I nostri protagonisti, infatti, non sono quasi mai eroi solitari ma, dietro di loro si muovono interi villaggi costretti a seguire i leader per avere protezone e nutrimento. Il concetto è piuttosto simile alle logiche delle tribù nomadi che abitavano la Scandinavia antica, o alle temibili orde dei Khan asiatici giunte fino alle porte d'Europa. Questa dimensione collettiva dell'avventura ci costringe a ragionare in maniera del tutto nuova: troppi scontri e poco riposo faranno crollare il morale dei nostri uomini, dando adito a violenze e rivolte, mentre una condotta troppo ingenua o eccessivamente tenue nella gestione del potere ci farà perdere consenso e prestigio. Inoltre il gioco prevede un sistema di dialogo molto simile a quello dei titoli Bioware cui siamo abituati e, manco a dirlo, una parola di troppo potrà farci finire in uno scontro all'arma bianca, così come un comportamento educato può aprire vie altrimenti impreviste. La nostra prova, durata circa quattro ore, ci ha permesso di visitare solo una piccola parte dell'all'apparenza vastissimo mondo di gioco ma, in ogni caso, abbiamo buone aspettative per The Banner Saga: se gli sviluppatori riusciranno a mantenere una buona varietà negli scontri e se le varie peregrinazioni della nostra tribù non saranno troppo guidate (il gioco non sarà open world, ma dovrebbe garantire una certa libertà d'azione), il gioco di Stoic potrebbe rivelarsi come un'esperienza fuori dal comune, capace di unire tradizione ed innnovazione.

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