Provato - Puppeteer - Teatro delle marionette

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Abbiamo testato a Roma la nuova creazione dei Japan Studios...

Puppeteer è uno dei progetti su cui Sony sta puntando di più per questi ultimi mesi dedicati a Playstation 3. Diretto da Gavin Moore e sviluppato in collaborazione con i Japan Studios, il gioco è un platform molto particolare che unisce alcune suggestioni classiche dei titoli anni ‘90 con l’estetica del teatro kabuki e delle marionette europee.

Grazie a Sony Italia, che ci ha invitati a Roma, abbiamo potuto mettere le mani sulla versione italiana del titolo, testando tre livelli (o meglio, due schemi veri e propri e il tutorial iniziale) e ascoltando la presentazione del designer.

La prima cosa che si capisce una volta osservato Puppeteer da vicino è che non si tratta assolutamente di un titolo budget o di un gioco da PSN come qualcuno potrebbe pensare. Il gioco ha richiesto tre anni di sviluppo e un lavoro artistico paragonabile a quello di produzioni molto più blasonate. Per rispettare al massimo l’estetica del teatro dei burattini, infatti, ogni ambientazione, personaggio od oggetto è stato disegnato a mano e utilizzato una sola volta all’interno del gioco. In Puppeteer non ci sono ripetizioni o scenari simili; la scena cambia sempre costruendosi attorno al protagonista proprio come le quinte di un teatro si spostano e modificano in base alle necessità della trama. Un altro elemento tipico del proscenio che troveremo in Puppeteer è la presenza di un pubblico che commenterà le nostre gesta, così come una voce narrante (alternativamente maschile o femminile) . Moore ha spiegato che l’idea del pubblico gli è venuta una sera in cui, giocando da solo, si è accorto di aver voglia della compagnia di qualcuno. Ovviamente gli spettatori non sono solo una “colonna sonora” ma serviranno anche per capire se stiamo giocando bene o male, durante ogni quick time event o dopo le varie combo che riusciremo a mettere a segno, la platea si scalderà applaudendo sempre di più, oppure rimarrà in silenzio, facendoci capire che non stiamo giocando troppo bene.

Pad alla mano, Puppeteer ha un’impostazione piuttosto canonica, l’intero gameplay ruota attorno all’uso di alcuni strumenti fondamentali come le forbici, lo scudo dell’eroe e una sorta di gancio prensile che useremo per attivare interruttori e altri meccanismi. Il design dei livelli che abbiamo testato somiglia molto a quanto visto recentemente in Donkey Kong e unisce alcune sezioni a progressione forzata (a bordo di vari veicoli o animali) ad altre in cui dovremo risolvere piccoli enigmi ambientali o sconfiggere alcuni boss. La difficoltà media non è bassa e, almeno in un paio di occasioni, abbiamo dovuto tentare due o tre volte lo stesso passaggio prima di uscire vittoriosi. In particolare gli scontri con i boss richiedono un approccio abbastanza adattabile, dato che, in alcuni casi, il tutto si risolve con un paio di quick time event, mentre in altri saranno le abilità platform classiche ad essere messe alla prova.

In questo senso è molto interessante la possibilità di giocare in cooperativa: in qualsiasi momento, infatti, un secondo giocatore può entrare nella partita controllando un personaggio secondario che può aiutare il protagonista sconfiggendo i nemici e collaborando nei vari quick time event. Con questa configurazione la difficoltà del gioco scende in maniera decisa, tuttavia può essere un buon metodo per fare in modo che anche i giocatori meno esperti riescano ad arrivare alla fine di Puppeteer senza troppi patemi.

Alla fine del test siamo rimasti piuttosto soddisfatti; Puppeteer, se mostrerà una buona varietà ludica potrebbe davvero diventare il platform bidimensionale che Playstation 3 stava aspettando. Appuntamento a settembre, dunque, per la nostra recensione.

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