Provato – Lara Croft and the Temple of Osiris

Il secondo raid di Lara Croft nel mondo dei twin stick shooter promette benissimo

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Articolo a cura di Lorenzo "Kobe" Fazio

Occhio a non sbagliare. Nessuna traccia di Tomb Raider nel titolo: questa è una nuova avventura di Lara Croft. L’espediente ideato da Square-Enix chiarisce in un attimo che non ci troviamo di fronte a un nuovo capitolo regolare della saga. Lara Croft and the Temple of Osiris è uno spin-off, che ben poco ha da spartire con il reboot pubblicato su PS3 e Xbox 360 nei primi mesi del 2013 e il futuro Rise of The Tomb Raider attualmente previsto solo su Xbox One. Si tratta, semmai, di un seguito (più o meno diretto) di quel The Guardian of Light che sorprese e divertì un nutrito numero di fan dell’avvenente tombarola.

Stesso genere, twin stick shooter, meccaniche estremamente simili, un gameplay che intermezza l’azione traboccante e altamente adrenalinica con qualche enigma.

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In compagnia di tre colleghi, anch’essi sopraggiunti nella sede di Milano di Koch Media (che si occupa della distribuzione europea dei titoli Square-Enix), abbiamo affrontato il primissimo livello dell’avventura. Sì, perché in questa nuova epopea Lara potrà eventualmente contare sul supporto di tre alleati: Carter Bell, inseparabile compagno dell’eroina, Osiride e Horus. Le due divinità egizie si uniranno al duo di archeologi per rispedire nell’aldilà il redivivo Seth: risvegliato per errore dal suo sonno millenario e desideroso di spargere morte e distruzione nel mondo. Un intreccio narrativo ridotto ai minimi termini: quanto basta per scaraventare il quartetto all’interno di una gigantesca piramide, piena di mostruosità da abbattere e trappole mortali da disinnescare.

I primi minuti ci sono serviti per prendere dimestichezza con il sistema di controllo. Ovviamente con i due analogici si muove l’avatar e si direziona il fuoco. Un pulsante frontale per la schivata, un altro per rilasciare mine sul terreno, un dorsale per attivare l’abilità speciale dell’avatar. Lara e Carter sguainano un rampino che gli permette di arrampicarsi su specifiche piattaforme e issare in un secondo momento gli alleati. Osiride e Horus possono generare campi d’energia con i quali attivare interruttori o sorreggere un compagno per sopraelevarlo dal suolo.

Appena il tempo di memorizzare l’intuitivo control scheme, che già assediati dalla prima orda di scarabei, mummie e mostruosità assortite. L’azione è serrata e non troppo ragionata. L’imperativo è aprire il fuoco, sia che si sia armati di mitragliatrici e pistole, sia che si sfrutti il raggio laser esploso dai bastoni di Osiride e Horus. L’imperativo è il divertimento immediato e nonostante sia necessaria una certa abilità con il pad per dribblare i malintenzionati e impallinarli il prima possibile, l’approccio è espressivamente progettato per venire incontro anche a videogiocatori meno esperti: se la barra di salute si prosciuga del tutto, basta aspettare qualche secondo per il respawn.

Mentre eravamo troppo occupati a divertirci e farci inghiottire dal vortice di adrenalina generato dai furiosi assalti nemici, non ci siamo preoccupati di chiederci se un tale gameplay non fosse troppo poco “hardcore”: il titolo, da quel poco che abbiamo visto, è volutamente arcade e permissivo. Interpreta perfettamente il filone a cui si rifà e propone un ritmo davvero troppo sostenuto per infastidire o annoiare i videogiocatori, anche quelli più esperti. E’ probabile che sul lungo periodo venga a mancare un pizzico di profondità, è vero, ma a sopperire alla semplicità delle meccaniche dovrà intervenire la qualità del level design: nemici e boss di fine livello sempre più arcigni potrebbero essere più che sufficienti per eliminare qualsiasi rischio.

Lara Croft tempe osiris

Non che Lara Croft and the Temple of Osiris non proponga comunque un certo grado di sfida. Inseguiti da una creatura gigantesca, abbiamo dovuto superare una lunghissima serie di trappole, correndo a perdifiato per non finire travolti dall’inseguitore. Non solo: gli enigmi, che variano l’azione e permettono di riposare i pollici, necessitano di un pizzico d’ingegno per essere risolti. Spesso si tratta di osservare attentamente lo scenario, a caccia di un elemento con cui interagire, utilizzare con condizione di causa rampini e campi d’energia, interagire con elementi dello scenario (leve, ingranaggi, sfere giganti).

Il gioco supporta il multiplayer fino a quattro giocatori sia online che in locale, ma nel caso siate accompagnati da un solo amico o vogliate affrontare l’avventura da soli, nessuna paura. Il level design si adatta al numero di utenti attivi: il quantitativo di nemici aumenta o diminuisce, i puzzle si adegueranno agli avatar presenti. L’idea è funzionale è potrebbe persino incrementare timidamente il replay value del prodotto.

Graficamente il titolo non è particolarmente impressionante, per quanto sfoderi qualche effetto niente male. Ciò che conta, comunque, è il granitico frame rate. Anche nelle situazioni più concitate, tra esplosioni e decine di mostri in movimento, il motore grafico non ha conosciuto imbarazzi di alcuna sorte.

Incalzati dallo stesso mostro che ci aveva inseguiti nel ginepraio di trappole e congegni mortali, la demo si è conclusa con il più classico dei cliffhanger. La sensazione è che The Temple of Osiris possa fare bene, persino meglio dell’apprezzatissimo prequel. Tutto dipende dal level design: se saprà reinventarsi continuamente e proporre sfide all’altezza di quelle incontrate nel livello da noi testato, allora avremo sicuramente un altro grande twin stick shooter da scaricare al volo sulle nostre PS4, Xbox One e PC.

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