Provato - Godus - Essere dio

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Abbiamo testato il nuovo gioco di Peter Molyneux...

Da quando ha lasciato Microsoft e Lionhead, Peter Molyneux sembra tornato alle sue origini. Dopo il fin troppo sperimentale Curiosity, lo sviluppatore inglese ha deciso di riprendere in mano un genere che ha contribuito ad inventare: quello dei God game.

Grazie a un codice preview gentilmente fornitoci dai ragazzi di 22Cans, abbiamo avuto modo di passare qualche ora nel nuovo mondo immaginato da Molyneux e dai suoi collaboratori, ecco il nostro resoconto.

Godus non è uno strategico classico e, paradossalmente, risulta complesso anche avvicinarlo ad altri giochi di Molyneux, come Black & White o Populous, del primo, il gioco recupera il concetto di divinità onnisciente ed onnipotente, dal secondo, invece, arrivano alcune dinamiche riguardo il comportamento dei fedeli e il gameplay collegato alla gestione di grandi masse di esseri umani. L’inizio del gioco è tanto semplice quanto originale, su un’isola semideserta, due primitivi personaggi cercano in tutti i modi di distruggere una roccia, senza però riuscirci; grazie al nostro divino intervento l’operazione riuscirà e, immediatamente, conquisteremo i nostri due primi adepti. Una volta iniziato il nostro culto avremo la possibilità di modificare a nostro piacimento ogni singolo elemento geografico del mondo di gioco, facendo del vero e proprio terraforming: ogni singola azione, però, avrà un costo in termini di “mana” e, l’unico modo per ottenerne sarà convertendo sempre più fedeli oppure facendo in modo che i nostri sottoposti procreino. Le prime ore di Godus, in sostanza, ci vedranno impegnati in una sorta di estenuante rincorsa genealogica, cercando di far crescere abbastanza la popolazione e di raggiungere la tanto agognata terraferma. Una volta sul continente, il gioco apre per davvero le sue potenzialità: usando un interessante sistema di carte collezionabili, faremo in modo che la nostra civilità avanzi ed ottenga sempre nuove tecnologie, tuttavia, per ottenere nuove tessere dovremo esplorare in lungo e in largo il mondo (con il rischio di incappare in tribù nemiche, magari più avanzate tecnologicamente) oppure raggiungere determinati totem.

Qui sta il fulcro social di Godus nonché principale caratteristica che lo distingue dal resto dei god game: una volta attivato il totem saremo messi in contatto con un altro giocatore (rappresentato da un bot nella beta che abbiamo testato) e dovremo competere con lui per estendere la nostra area d’influenza ed ottenere fondamentali carte risorse. Per quanto riguarda la build che abbiamo ricevuto, pur essendo già presenti meccaniche di gioco piuttosto complesse, si nota come il gioco sia ancora ben lontano dall’essere terminato: i menu sono piuttosto scarni e l’interfaccia di gioco, per quanto non troppo complessa, ha bisogno di un tutorial decisamente più ampio. Per ora infatti si viene gettati pressoché “senza rete” nei panni di una divinità e, alcuni strumenti (come l’uso dei richiami divini per spostare i nostri fedeli) non sono proprio semplicissimi da usare. Soprattutto il terraforming, un’attività fondamentale nel corso del gioco, pur essendo demandato al semplice click del mouse, a tratti si rivela piuttosto frustrate e fa consumare energia divina in maniera spesso insensata e non voluta.

Al netto di queste difficoltà, però, in Godus la stoffa c’è, e si vede. Molyneux, dopo l’excursus con Curiosity sembra davvero tornato a creare quello che sa fare meglio, ovvero giochi di strategia capaci di mischiare un’atmosfera piuttosto lieve a dinamiche terribilmente coinvolgenti. Vedremo nei prossimi mesi se Godus saprà mantenere le promesse, per ora le basi sembrano esserci tutte.

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