Prince of Persia: parla Ben Kinglsey

Hai già fatto dei film di grande portata in passato, ma forse nulla che avesse una simile portata. Cosa ti ha attirato?
Mi piaceva tantissimo il personaggio. Grazie alla mia esperienza con Shakespeare, ho sviluppato una tendenza a scavare nel personaggio, cercando di scoprire di quale pasta è realmente fatto. Nel mio ritratto dello zio di Dastan, Nizam, sono stato in grado - con somma gioia di Mike Newell - di immergermi nello script e speculare sul personaggio: "So perché fa così, so per quale motivo si comporta in questo modo. So cosa lo motiva e cosa lo guida." E così Newell ha permesso che si trasformasse una interpretazione guidata dalla trama in un'una interpretazione guidata dal personaggio.
Era qualcosa che mi attirava molto, e poi è successo quello che succede sempre quando giri un film e ti diverti. Non senti il peso del franchise sulle spalle: Jerry Bruckheimer ci lasciava liberi.

Hai interpretato anche delle scene d'azione?
Oh, ho girato molte scene senza controfigura. Giro sempre molti dei miei combattimenti. C'è una spettacolare scena di arrampicata, e mi sono esercitato molto. Non sono un grande esperto di equitazione - mi innervosisco - ma facevo altre cose. Avevo un grande allenatore per i combattimenti.

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