Prima del Volume c’era l’Introvision: la tecnica per realizzare la scena del treno di Stand by Me

Atmosfera zero, L’armata delle tenebre, Il fuggitivo, Stand by Me hanno in comune l'uso dell'Introvision, tecnica precursore del Volume

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Come è stata fatta la scena del treno di Stand by me? E come hanno fatto i morti a camminare insieme ai vivi ne L’armata delle tenebre? Harrison Ford ne Il Fuggitivo salta verso la salvezza mentre sta per essere investito da una locomotiva fuori da i binari. Come ha fatto a uscirne indenne? Tutto merito dell’introvision. Un sistema di compositing (ovvero la combinazione di elementi visivi provenienti da fonti separate in singole immagini) in voga tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90. Con l’arrivo del green screen il suo uso è stato soppiantato. Nonostante l'effetto fosse ottimo, per applicarlo si richiedeva comunque un’ampia preparazione sul set. La sostituzione digitale dello sfondo permette una maggiore improvvisazione, anche se spesso a costo di risultati inferiori.

L’introvision ha permesso infatti di ottenere immagini veramente eccezionali, soprattutto per via della sua particolarità: a differenza dello schermo verde permette di ottenere l’effetto finito "in camera". L’obiettivo della cinepresa riprende e genera l'effetto, senza richiedere un lavoro successivo. Per questa ragione è oggi considerato un brillante precursore del Volume. Ovvero la tecnologia sperimentata con The Mandalorian, oggi usata in moltissime produzioni, per integrare gli attori con lo sfondo senza il bisogno di un’eccessiva post-produzioni digitale.

Il volume

Quando il Volume è apparso sulla scena degli effetti visivi è stato accolto come la grande novità che avrebbe rivoluzionato il concetto di integrazione nello spazio tra attori, scenografie e sfondo. Tutto si svolge in un studio realizzato appositamente. È molto costoso da produrre, ma permette di abbattere molti costi successivi durante le riprese (ottimizzando così la spesa sul lungo periodo). Quando usato bene dà un effetto molto convincente.

Il Volume è una tecnologia che prevede l’utilizzo di un teatro di posa circondato da giganteschi schermi LED ad altissima definizione (dai 4K in su). Su questi schermi vengono proiettate in tempo reale le ambientazioni e gli sfondi della scena da girare. L’illuminazione risulta pertanto estremamente realistica perché controllata attraverso gli stessi pannelli LED. È più semplice da gestire: si possono cambiare le angolazioni di ripresa senza dover reimpostare continuamente le luci. La fusione completa tra sfondi e set viene poi gestita in post-produzione. Al contrario del girare davanti a un gigantesco green screen questa tecnologia rende tutto molto più controllabile e semplifica il lavoro anche degli attori. 

I fondali LED sono come dei giganteschi matte painting interattivi, ed essendo collegati alla cinepresa con il motion control cambiano prospettiva a seconda dei movimenti di macchina. La luce si riflette sulla pelle o sui costumi dei protagonisti come se fossero realmente immersi nello scenario, riuscendo così ad arrivare ad una precisione difficilmente raggiungibile con la semplice sostituzione dello sfondo in digitale. (LEGGI QUI PER SAPERNE DI PIÙ)

Il Volume porta con sé anche delle limitazioni. Per limiti fisici gli attori non possono muoversi oltre un certo punto del set. Questo tende poi ad avere spesso una forma tondeggiante. Per essere credibile, l’effetto richiede di ripensare il modo in cui si illumina una scena. Il direttore della fotografia deve avere dimestichezza con lo strumento che ovviamente richiede personale specializzato per lavorare al meglio. Insomma, Il Volume è un ottimo passo avanti, che non sostituisce però il lavoro artigianale degli esperti e una attenta pianificazione. Un po’ come l’introvision il cui funzionamento è il prodotto di una grande intuizione, un’esecuzione tecnica impeccabile e un abile gioco di riflessi.

L’introvision

L’introvision trovò uno dei suoi usi migliori all’inizio degli anni ’90 con L’armata delle tenebre e Il fuggitivo. Atmosfera zero fu il primo film a giovarsi dei questa tecnologia per ricreare gli ambienti nello spazio. L’introvision ha permesso ricostruzioni storiche e spettacolari spot commerciali. Il suo funzionamento è tanto geniale quanto ingegnoso. Il brevetto si trova qui.

A differenza dei normali sistemi di proiezione frontale, l’Introvision permette di combinare il soggetto con lo sfondo e anche con il primo piano, facendolo apparire perfettamente inserito all’interno dell’immagine. L’effetto può essere visto direttamente nel viewfinder della cinepresa senza bisogno di alcun trattamento in post produzione. Ma come è possibile? È tutto un gioco di specchi e di schermi altamente riflettenti. Il materiale rifrangente utilizzato è lo Scotchlite, che restituisce la luce alla fonte con precisione e senza alterarla. 

La cinepresa riprende l’attore sul set vuoto. In mezzo viene posto con un angolo di 45% un beam splitter, ovvero un dispositivo ottico che divide un raggio di luce in due parti. Una scena, già filmata in precedenza (come il treno che si avvicina alla cinepresa) viene proiettata sulla superficie riflettente dietro al punto in cui l’attore compie le azioni. 

Sia il proiettore che la fotocamera in linea teorica dovrebbero essere posizionati esattamente lungo lo stesso asse per ottenere la sovrapposizione. Il beam-splitter che allinea l’immagine proiettata verso l’angolo focale della cinepresa permette di posizionare cinepresa e proiettore secondo un angolo di 90º. Questo ha anche funzione di specchio, proiettando così parte dell'immagine sullo schermo, e grazie alla sua semitrasparenza permette di riprendere anche oltre il vetro e quindi di registrare l'immagine riflessa. In parole povere il principio è quello della tradizionale composizione di più immagini che, grazie a un gioco di riflessi e proiezioni, avviene con precisione direttamente sul set e nell'obiettivo della cinepresa. 

Un effetto generato sul set proprio come, in maniera più semplice, fa il Volume. Nessun gioco di specchi e proiezioni, ma semplicemente immagini LED generate direttamente sulle pareti e allineate alla prospettiva della cinepresa da un software. L'Introvision ha permesso a molti personaggi di scappare dai treni in arrivo sui binari in maniera credibile. Ha immerso gli attori in set finti evitando i problemi di scontornamento e ottenendo quindi un notevole realismo. Grazie all'Introvision, Bruce Campbell ha potuto far interagire il suo Ash Williams con tanti minuscoli duplicati all’interno di una delle scene più deliranti dell’Armata delle tenebre

Fonte: Corridor Crew, Introvision, Screenrant

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