Predator 2 ha l’unico difetto di arrivare dopo Predator
Predator 2 è un ottimo sequel che ha il grosso problema di arrivare dopo un film perfetto e impossibile da migliorare
Come si fa a migliorare un capolavoro? Nella maggior parte dei casi ci si rinuncia, e si sceglie invece la strada più semplice: si fa un sequel, che non pretende di inventare o rivoluzionare ma solo di ripetere, in un altro contesto, tutto quello che aveva funzionato nel primo capitolo. Il problema è che a volte farlo non basta ad accontentare critica e pubblico: è quello che successe al povero Predator 2 di Stephen Hopkins, uscito tre anni dopo il film di John McTiernan, costato di più, e accolto peggio da stampa e box office. Ci fu chi lo definì “allegramente poco originale”, chi disse che era un film “cattivo” e persino chi (Roger Ebert: anche a lui è capitato di sbagliare) lo definì inspiegabilmente “razzista”. Eppure, nonostante l’assenza di Schwarzenegger e l’inevitabile sconfitta in un confronto con il predecessore, Predator 2 si sarebbe meritato ben altra accoglienza.
Con una scelta talmente elementare che non ci viene in mente una soluzione migliore, i Thomas decisero di mantenere il sequel nella giungla, ma scegliendone una diversa e più metaforica: la c.d. “giungla urbana”. In altre parole, dove il primo film si svolgeva in una zona selvaggia e lontana da ogni forma di civiltà, e diventava quindi non solo la storia di un alieno assassino ma anche un survival movie con protagonisti un gruppo di soldati, Predator 2 si sposta invece in città. La scelta dei Thomas ricade su Los Angeles, così da poter buttare dentro il film anche un po’ di politica, o quantomeno di critica sociale: il film si svolge sette anni nel futuro (nel senso che è uscito nel 1990 ma è ambientato nel 1997), in una versione della Città degli Angeli dove la criminalità controlla le strade e le trasforma in un perenne campo di battaglia, e dove la polizia può solo provare ad arginare i danni e mettere a rischio la propria vita ogni giorno.
Keyes rappresenta quindi il gradino più alto della catena di potere che si sta occupando del Predator. A fargli da contraltare c’è il nuovo protagonista, Mike Harrigan, tenente della polizia di Los Angeles per il quale fermare lo Yautja diventa immediatamente una questione personale – e che viene scelto dallo stesso alieno come bersaglio principale della sua nuova caccia. Interpretato da un Danny Glover portato a bordo da Joel Silver, con il quale aveva lavorato per Arma letale, Harrigan rappresenta tutto quello che non piacque di questo sequel, e che in realtà lo rende interessante e diverso dal predecessore. Predator era infatti un’opera minimale, con una singola ambientazione, pochi personaggi e relativamente pochi avvenimenti: la storia di un gruppo di persone perseguitate da un alieno predatore e quasi invisibile, che devono sopravvivere in un ambiente ostile e claustrofobico. In sostanza Alien, se al posto dell’astronave mettete la giungla.
Predator 2 è invece prima di tutto un film sull’ecosistema nel quale il Predator decide di andare a caccia, e sulle persone che lo abitano. Harrigan è in conflitto perenne con i superiori, che lo vorrebbero meno imprudente e più pronto a obbedire, mentre lui, che è da sempre in prima fila contro il crimine violento che spazza le strade di Los Angeles, è uso gettarsi in mezzo alla mischia senza pensarci troppo. Uno scontro ideologico che raddoppia quando entra in gioco anche Keyes, e che caratterizza tutto il film al punto che se al posto dello Yautja ci fosse un generico serial killer forse non si sentirebbe troppo la differenza.
Per fortuna lo Yautja c’è: Predator 2 ha più soldi e Stan Winston ha più confidenza con la sua creatura, per cui ne modifica il design, gli regala molta più azione e accenna persino alla sua personalità e alle sue motivazioni (è sempre qui che viene codificata l’idea dei Predator come di alieni che visitano la Terra per una battuta di caccia). E di conseguenza il film alza anche il volume della violenza: c’è molto più sangue e molte più interiora in vista, e non è un caso che a dirigerlo sia stato messo il regista del quinto Nightmare, l’unico del franchise a meritarsi un X rating.
Insomma, pur non avendo contribuito a ridefinire le regole della fantascienza cinematografica e pur con tutti i suoi problemi di ritmo (il secondo atto si trascina fin troppo dietro alle menate poliziesche di Glover), Predator 2 è un ottimo sequel, e il modo migliore per far proseguire il franchise dopo il primo capitolo. Eppure andò talmente male che ci vorranno 14 anni per rivedere gli Yautja in azione. È un’ingiustizia, che si può dimenticare solo guardando questo video che contiene materiale girato per davvero, ma mai utilizzato nel film.
https://www.youtube.com/watch?v=rxQmFw565_8
E per fortuna, aggiungiamo.