Ponyo sulla scogliera è il modo migliore per avvicinarsi allo Studio Ghibli

Ponyo sulla scogliera è la più accessibile delle opere di Miyazaki, da far vedere a una persona giovane per farle scoprire lo Studio Ghibli

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Ponyo sulla scogliera tornerà nei cinema dal 6 al 12 luglio in occasione dei suoi 15 anni grazie a Lucky Red

Chiedete a una persona che ama lo Studio Ghibli di consigliarvi un loro film da cui partire e con ogni probabilità vi risponderà uno tra La città incantata (il film grazie al quale anche buona parte dell’occidente si è accorto dell’esistenza di Hayao Miyazaki) e Il mio vicino Totoro (che per molti motivi è il vero simbolo dell’intero studio). Chiedetele cosa far vedere a una persona sotto i dieci anni e la risposta si restringerà a Totoro. Chiedetelo a noi, però, e vi consiglieremo di tornare in sala tra qualche giorno in occasione dell’anniversario di Ponyo sulla scogliera, che è una sorta di ABC di Ghibli presentato nella maniera più semplice e adorabile possibile.

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Ponyo sulla scogliera è un film semplice. Lo è dal punto di vista tematico: la storia che racconta è un mix di ispirazioni tradizionalmente giapponesi – l’ambientazione per esempio è ispirata alla città portuale di Tomonoura – e riferimenti alla nostra cultura (La Sirenetta su tutti), ed è alla base la storia di un’amicizia tra due bambini. Anche i messaggi che lancia sono espliciti e di facile lettura: Ponyo è un film ambientalista nel quale il mare, visto come una creatura vivente fatta di miliardi di creature viventi più piccole, si ribella a tutto il male che l’uomo gli sta facendo. Non c’è rischio di perdersi dietro una storyline secondaria o di rimanere confusi dall’atteggiamento ambiguo di questo o quel personaggio: è una favola, scritta con ricercata semplicità perché, come diceva sempre Miyazaki ai suoi animatori durante la lavorazione, “voglio far vedere questo film ai miei bambini!”.

Anche i film più apparentemente “per bambini” dello Studio Ghibli hanno sempre nascosto un lato più adulto, un secondo livello di lettura che nei casi migliori si poteva ignorare (Totoro si può vedere anche come un’opera per bambini facendo finta che non sia uno dei film più tristi di sempre) e nei casi peggiori poteva arrivare a respingere (pensate ai momenti più “horror” di La città incantata); e questo senza arrivare a citare casi clamorosi come quello di Una tomba per le lucciole, che molta gente ha approcciato credendo di avere a che fare con un cartone per l’infanzia (in fondo parla di due bambini!). Ponyo sulla scogliera è invece il più puro e gioiosamente infantile – che vuol dire anche, e qui ci rivogliamo ai genitori, che è quello che bisogna spiegare di meno a un bambino o una bambina.

Questo ovviamente non vuol dire che Ponyo sia un film banale. Tutto quello che Miyazaki ha tolto dalla sceneggiatura, per asciugarla e renderla di più facile lettura ai più piccoli, l’ha riversato nell’animazione, e il risultato è un film che non ha nulla da invidiare a nulla che lo Studio Ghibli abbia mai fatto prima e dopo. È facile attribuire il merito all’assenza di CGI: Miyazaki fece addirittura chiudere il reparto durante la lavorazione, perché per Ponyo voleva usare solo animazione tradizionale. Ma una tecnica di per sé non basta se non ci sono le idee.

Miyazaki, racconta questo documentario, ebbe quella decisiva per Ponyo sulla scogliera visitando la Tate Modern: lo colpì in particolare l’arcinota Ophelia di Millais, per via della straordinaria quantità di dettagli che arricchiscono il quadro. Miyazaki e il supervisore dell’animazione, Katsuya Kondō, cioè l’uomo che si inventò tra gli altri il design di Totoro, decisero quindi di replicare quell’abbondanza, e di animare a mano ogni singolo frame per dare più profondità all’animazione ed eliminare ogni rischio di ripetitività visiva. Il risultato è, passateci il termine poco adatto ai minori, un’orgia come se ne sono viste raramente nella storia dello Studio Ghibli, con alcune delle scene più spettacolari che abbiano mai composto.

Molti film per bambini, soprattutto negli ultimi anni, fanno l’errore di puntare molto sulla trama (e magari sulle battute e sulle citazioni) per attirare l’attenzione anche degli adulti. Ponyo sulla scogliera fa il contrario: cattura i bambini con una semplice storia di amicizia, e lascia a bocca aperta gli adulti con immensi tsunami fatti di pesci e gigantesche creature preistoriche che prendono vita e popolano i mari. Qualche tempo fa abbiamo parlato con piacere della Grande Battaglia Finale di Aquaman – che però impallidisce davanti al suo equivalente in Ponyo.

Se vi trovate nella condizione di voler introdurre la vostra progenie alle opere dello Studio Ghibli, quindi, fate la scelta giusta. Non partite da Totoro, a meno che non abbiate da parte un piccolo gruzzolo da reinvestire in psicologi infantili. Non partite da La città incantata, se non volete passare due ore a rispondere a domande tipo “com’è possibile perdere il nome? Mi può capitare? Perché quel fantasma ha quella faccia strana? Perché si è appena trasformato in un mostro? Posso dormire con voi nel lettone stanotte?”. Partite da Ponyo sulla scogliera, e approfittate del suo quindicesimo anniversario per godervelo su uno schermo bello grande: se non vi soddisfa siamo pronti a rimborsarvi.

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