Poltergeist, dieci rapide considerazioni per i suoi quarant’anni

Poltergeist di Tobe Hooper compie quarant’anni: ecco dieci cose che ci sono venute in mente rivedendolo per l'ennesima volta

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Poltergeist di Tobe Hooper compie quarant’anni, e l’occasione era troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire: l’abbiamo riguardato per l’ennesima volta, pur sapendo che anche questa volta i Freeling sarebbero riusciti a sconfiggere l’infestazione e a salvare la piccola Carol Anne. Il bello dei film belli, però, è che puoi guardarli e riguardarli all’infinito ma ci troverai sempre qualcosa di nuovo, qualche spunto da cui partire per parlarne per mezz’ora.

Indovinate un po’? È successo esattamente così.

1) Poltergeist fa ancora una gran paura

Inutile che facciate finta di nulla, non c’è mica da vergognarsi: Poltergeist è un horror e in quanto tale il suo scopo è quello di fare paura. E la fa eccome! Soprattutto in quest’epoca di spaventerelli un po’ mosci, è un manuale di grammatica horror e in particolare di come si usa efficacemente il jump scare, strumento spesso abusato e mal sfruttato ma che in mano a uno che ci sapeva fare come Tobe Hooper diventa potentissimo.

2) Poltergeist mette ancora una grandissima ansia

Che forse è peggio della paura, perché pervade ogni secondo del film dal momento in cui Carol Anne finisce inghiottita dalla televisione, e scompare quindi dalla vista ma non dall’udito del resto della famiglia. È la stessa terrificante idea che Richard Matheson mise su carta negli anni Cinquanta in Bambina smarrita (in italiano lo trovate, insieme ad altri clamorosi capolavori tipo Strada buia di Arthur C. Clarke, nell’antologia Il secondo libro della fantascienza curata da Fruttero e Lucentini), e che diventò poi un famoso episodio di Ai confini della realtà.

3) La famiglia Freeling funziona perché non è perfetta

Il rischio quando si mette in scena una classica famigliola e la si mette in pericolo grazie all’uso di fantasmi o altre creature soprannaturali è quello di ritrarre la famigliola in questione come se fosse appena stata scartata dalla Mulino Bianco perché troppo perfetta. Invece Spielberg e Hooper preferiscono raccontarci i Freeling nel modo più plausibile possibile: sono genitori affettuosi e anche un po’ ribelli (quando i figli non li guardano si fanno le canne!), ma sono anche una classica famiglia altoborghese americana che vota repubblicano, come dimostra l’adorazione del padre per Reagan. Non stiamo dicendo che essere repubblicani sia un difetto, ma che per uno come Spielberg non dev’essere stato facile prendere un repubblicano e farne l’eroe di un film senza una briciola di ottimismo.

4) Il film assomiglia pericolosamente a L’esorcista

Come nel film di Friedkin, in Poltergeist è la bambina di casa, simbolo di innocenza, che viene attaccata dalle entità malvagie. Come in L’esorcista, i genitori si rivolgono prima alla scienza e all’accademia, che però si dimostra impotente davanti a una vera manifestazione soprannaturale, e poi a una specialista che capisce che la minaccia è di natura spirituale e non razionale (e quindi Tangina Barrons è padre Merrin).

5) È ingiusto dire che “in realtà l’ha girato Spielberg”

È vero che per anni si è discusso della vera paternità della regia di Poltergeist, e del fatto che Spielberg fosse sempre presente sul set per imporre le sue idee e la sua visione a un Tobe Hooper dipinto come una sorta di esecutore senza personalità. È ingiusto nei confronti di uno dei registi horror più importanti di sempre, la cui mano è impossibile non vedere nelle scene più tese del film. Spielberg ha sempre avuto un penchant per l’orrore, e sicuramente la sua presenza ha contribuito a tenere a bada e irreggimentare lo stile più grezzo e spontaneo di Hooper, ma Poltergeist è anche un film che funziona per accumulo e sovraccarico, qualcosa in cui Hooper è da sempre maestro (come ci si aspetta da uno che ha esordito con Non aprite quella porta).

6) È un film sulla famiglia…

Il motivo per cui Poltergeist ebbe un successo così clamoroso è che non si trattava di un horror incentrato sui mostri ma sulle loro vittime: tutta la storia è vista dagli occhi della famiglia che subisce l’infestazione di fantasmi, e ne racconta gli sforzi per sconfiggerla. Addirittura dobbiamo arrivare al (doppio) finale per capire perché precisamente i fantasmi se la siano presa con i Freeling.

7) … ma forse non è un film per la famiglia

A meno che le vostre creature non siano coraggiosissime, perché, be’, tornate al punto 1. E sì, lo sappiamo che al tempo avevamo scritto che Poltergeist è l’horror perfetto per tutta la famiglia! Vedetela così: magari aspettate che abbiamo compiuto i canonici 13 anni previsti dal rating.

8) Il finale è sorprendentemente politico

La causa del risveglio dei poltergeist è, fondamentalmente, un abuso edilizio: l’ingordigia dell’uomo che inghiotte ogni angolo di America e lo trasforma in una serie di villette disturba gli spiriti dei morti che giacciono proprio sotto le fondamenta di casa Freeling. E che non dovrebbero essere lì: la comunità di Cuesta Verde è stata costruita su quello che un tempo era un cimitero, e che è stato spostato per l’occasione, ma non del tutto – solo le tombe sono state ricollocate, i cadaveri sepolti non sono stati mossi. Disattenzione? Avidità? Fretta? Taglio dei costi? Resta il fatto che Poltergeist dice che se non rispetti il tuo stesso passato non puoi sperare di avere un futuro.

9) Alla fine il cane si salva

È molto importante.

10) C’è un motivo se Stranger Things omaggia e cita Poltergeist fin dalla prima stagione

La camera dei piccoli Freeling è talmente piena di icone pop anni Ottanta che sembra uscita da un episodio della serie di Netflix.

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