Perchè Quentin Tarantino ha girato The Hateful Eight in 70mm

Cos'ha di particolare il formato, perchè Tarantino ci è legato, che look dà al film e vale davvero la pena pagare di più per vederlo come vuole il regista?

Critico e giornalista cinematografico


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Questo è il momento in cui qualsiasi talebano della pellicola sale sulle barricate, quello in cui chi è innamorato del cinema girato (e mostrato) in celluloide deve armarsi e combattere, non tanto per la vittoria sul digitale, che è impossibile, quanto per il mantenimento di una nicchia affezionata. È in buona sostanza il motivo per il quale Quentin Tarantino non solo gira ancora in pellicola, benché poi i suoi film come quelli di tutti siano distribuiti nelle sale in digitale, ma ha anche scelto il formato deluxe in 70mm per The Hateful Eight. Lo stesso per il quale Paul Thomas Anderson ha girato The Master in 70mm e registi come Christopher Nolan (ma pure Alfonso Cuaron o Terence Malick) girano quasi sempre parti dei loro film in 70mm. Per mantenere viva la pellicola, dimostrarne l’utilità e non farla morire.

Ovviamente c’è molto altro nell’esigenza di Tarantino di girare in un simile formato e lo dimostra il road show che sta portando la copia in 70mm di The Hateful Eight nei cinema prima dell’uscita ufficiale del film (che sarà invece in digitale). In lui c’è dichiaratamente la voglia di mettere in piedi un’esperienza d’altri tempi, una simile a quella che viveva da ragazzo, quando uscivano i filmoni in 70mm come i kolossal biblici o Tron (sì, fu girato in 70mm) e sì facevano questo tipo di “tour” in anteprima. La voglia di ridare alla fruizione in sala un’epica e una grandezza già a partire dalla presentazione, la stessa epica che lui stesso cerca all’interno delle storie.

Behind the scenes - JAMES PARKS on the set of THE HATEFUL EIGHT Photo: Andrew Cooper, SMPSP © 2015 The Weinstein Company. All Rights Reserved.

Il 70mm ha senso per un film come The Hateful Eight?

C’è l’interruzione tra primo e secondo tempo, cosa normale in Italia ma molto inusuale all’estero, ci sono circa 5 minuti di colonna sonora suonata su schermo nero che aprono il film (altra consuetudine dei grandi spettacoli in 70mm), oltre ad alcune scene in più nella versione di The Hateful Eight nel formato analogico originale. Insomma è un’edizione premium, a prezzo di biglietto maggiorato, per un film che si pone in totale antitesi con tutti gli altri girati nel formato più largo, in quanto tutto interni e pochissimi esterni.

Il 70mm è sempre stato il formato delle scene di massa o dello splendore delle grandi ricostruzioni, è quello dell’Amleto di Kenneth Branagh o di Tutti insieme appassionatamente, di 2001: Odissea nello spazio o La Bibbia di John Huston (addirittura un film epico e immenso come Akira fu “gonfiato” a 70mm per una serie di proiezioni speciali), e ora diventa il formato di un dramma da camera, di un’opera che potrebbe tranquillamente essere ridotta per il teatro senza cambiare quasi nulla.

Girato con macchine da presa moderne Panavision 65mm poi stampato in 70mm anamorfico, il primo film di Tarantino con colonna sonora originale orchestrata (ovviamente composta da Ennio Morricone), ambisce ad essere un grande spettacolo di volti e recitazione, un kolossal d’interni in cui paesaggio e personaggi comunicano in maniere strane. L’ambientazione è fondamentale per quanto negata. La neve e le avversità sono determinanti nell’innescare la trama, come anche il fatto di trovarsi nel West è cruciale nella maniera in cui sono delineati i caratteri e in come vengono stabiliti i rapporti di forza.

In molti si sono chiesti se in un film d’interni abbia un senso tutto questo dettaglio, lo stesso che in Lawrence D’Arabia consentiva a David Lean di inquadrare un uomo su un cammello a chilometri di distanza e tenerlo comunque visibile benché fosse un puntino all’orizzonte. La risposta però sta più nell’esperienza costruita che nel dettaglio.

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La differenza con il 35mm e con il digitale

La domanda a questo punto è se valga la pena o meno pagare di più e vedere il film nel formatone deluxe.

Da sempre siamo abituati alla qualità della pellicola 35mm, mentre da poco ci siamo assuefatti a quella, superiore, del digitale a 2K (più raro ad oggi trovare quello a 4K). La differenza tra il 35mm e il 70mm è (semplificando) la stessa che passa tra il DVD e il Blu-Ray. Una questione di risoluzione (più dettagli perché la pellicola come dice il nome è proprio più grande e cattura e mostra di più) ma anche di maggiore brillantezza e migliore dinamica dei colori. Il confronto è cruciale specie se si considera che lo standard qualitativo della pellicola 35mm è molto superiore a quello del DVD. Il 70mm dunque è decisamente migliore della qualità Blu-Ray o di quella dei DCP (il formato digitale in cui vengono proiettati i film al cinema). Per fare un esempio basti considerare che se un film in digitale viene proiettato in sala ad una risoluzione di 2.000 pixel circa, la digitalizzazione di un titolone girato in 70mm come Lawrence d’Arabia è stata fatta scannerizzando la pellicola ad 8.000 pixel, per mantenere fede al livello di dettaglio. E probabilmente è pure poco, nel negativo ci sarebbe ancora più dettaglio da cogliere.

La domanda dunque non può essere se il 70mm sia meglio del digitale, lo è sicuramente, semmai c’è da chiedersi se siamo in grado di accorgerci della differenza. Oltre un certo livello di dettaglio infatti ci scontriamo con la sensibilità dell’occhio, un limite che per certe scene è fisico (effettivamente ci sono più dettagli di quelli che possiamo cogliere e quindi non ce ne accorgiamo) mentre in molti casi è un fattore d’abitudine. Difficilmente chi al cinema non va mai si accorgerà della differenza, più facilmente invece un occhio allenato potrà godere della superiore qualità ma non c’è da immaginare chissà quale confronto impari o differenza abissale, è questione di minuzie e di particolari da appassionati (come la dinamica dei colori, ovvero quante sfumature esistono tra il massimo del chiaro e il massimo dello scuro di ogni tonalità). Forse per questo Tarantino ha pensato di orchestrare un grande spettacolo intorno al road show in 70mm, uno che dia soddisfazione a chiunque a prescindere dal grado di attenzione all’immagine.

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