Perchè ci piace così tanto Gene Wilder
Certo sono stati i film e i ruoli interpretati (che spesso ha anche scritto) ma c’era in Gene Wilder una qualità unica: la sua apparente distanza da tutto
Il motivo per il quale quest’attore che identifichiamo con gli anni ‘70 e ‘80 è rimasto stampato nella testa di tutti con solo poco più d’un pugno di film realmente noti (Non Guardarmi: Non ti Sento, Frankenstein Junior, Willy Wonka e la Fabbrica di Cioccolato, La Signora in Rosso, Mezzogiorno e Mezzo di Fuoco, Per Favore non Toccate le Vecchiette) è la sua totale estraneità alle regole del cinema. Wilder si muoveva dentro commedie sofisticate come anche dentro mondi comici esilaranti con la nobiltà di passo di un David Niven e molta più antipatia, sembrava non appartenere mai al demenziale ma ci era immerso fino ai capelli.
Il successo mostruoso di alcuni dei ruoli da lui interpretati (Willy Wonka, il dr. Frankestin, il sordo) sta proprio in questa dissonanza quasi unica nel mondo del cinema. Buster Keaton era sempre impassibile ma il suo corpo faceva cose incredibili, da vero comico. Peter Sellers pure era sempre abbastanza serio ma cadeva, rompeva e si trasformava. Wilder è sempre stato Wilder, mai un accento, mai una trasformazione, era sempre se stesso e sempre fuori posto. Non sembrava un pistolero nel west, non sembrava un dottore matto in Transilvania, non sembrava niente se non Gene Wilder. E lui con questa distanza ci giocava, era cinico e meschino in ogni ruolo, forse per questo è rimasto così perfetto nei panni di Willy Wonka (quando verso la fine si infuria sembra davvero la rivelazione di qualcosa che abbiamo sempre sospettato esistere).
Anziano nel portamento, austero nel modo di relazionarsi e mesto anche nel pronunciare le sue battute, Wilder aveva uno stile personalissimo che lo rendeva memorabile.
Capace di scrivere e dirigere a livelli altissimi (suoi sono i momenti più noti e celebrati di Frankenstein Junior.), conoscitore profondo dei meccanismi del comico, era capace di dissimulare tutto. Per Wilder la risata non passava dalla maestria dell’arte clownesca, né dalla battuta sofisticata pronunciata con grazia, ma da un misto mai più visto in nessun altro attore di incredibile serietà in un contesto che non la richiede e sembra anzi respingerla.
Ogni personaggio di Wilder sembra lottare contro la storia che interpreta per ritagliarsi un spazio più sofisticato che non arriverà mai, ogni volta ogni gag sembra realmente accadere a sua insaputa invece di essere parte di un copione che ha imparato (e talvolta scritto).
Wilder faceva sua la massima aurea sulla comicità più pura, ovvero il fatto che si nasconda nella rivolta del mondo contro l’uomo, cioè nella ribellione di ciò che ci circonda contro di noi (dagli oggetti agli uomini), impedendoci anche le azioni più semplici. Tutta la filmografia (comica) di Wilder è una celebrazione di un uomo meschino e gretto messo nel sacco dal caos che lo circonda, un protagonista costantemente fuori posto e per questo esilarante. Anche il potente e sveglio Willy Wonka, quando è interpretato da lui, sembra essere più serio di ciò che fa, sembra aspirare ad una nobiltà che non possiede. In quel caso non fa ridere ma lo stesso è così unico, misterioso e strano da attirare, così lontano dalla gentilezza e dal desiderio di piacere da essere calamitante.