Perché ci siamo dimenticati di Il rompiscatole? | BadBuster

È uscito in piena esplosione Jim Carrey ed è una dimostrazione del talento da regista di Ben Stiller, eppure non se ne parla mai quando si discute della loro carriera

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Nella seconda metà degli Novanta Jim Carrey ha cominciato a comparire ovunque, e a diventare una di quelle facce che automaticamente ti convinceva a non cambiare canale. È cominciato tutto nel ’94, io avevo 11 anni e nel giro di pochi mesi ho conosciuto Ace Ventura, Stanley Ipkiss e Lloyd Christmas: associo quell’anno a due ricordi principali, il rigore di Baggio e le faccette di Jim Carrey (e forse il primo risveglio ormonale grazie a Cameron Diaz ma questo è un altro discorso), e non conosco nessuna persona della mia età che non abbia risposto “sssspumeggiante” a qualcosa, qualsiasi cosa, almeno una volta nella vita – con tanto di contraccolpo psicologico micidiale nello scoprire in età ormai avanzata che l’espressione corretta è “sfumeggiante”, ma questo è un altro discorso ancora.

Il rompiche?

Resta il fatto che, per una decina d’anni e più a partire da quella maledetta estate che sarebbe stata vendicata solo 12 anni dopo, il signor faccia di gomma è stato ovunque, ha sperimentato con il blockbuster supereroistico con risultati più che buoni nonostante il tentato sabotaggio sul set da parte di Tommy Lee Jones, ha continuato a far ridere molto (Io, me e Irene, Bugiardo bugiardo), ha avuto pure l’immancabile svolta seria (Man on the Moon, Truman Show, Se mi lasci ti c... niente, non ce la faccio a scriverlo per intero), e ha lavorato con il meglio del meglio del cinema americano e non solo, di ridere e non solo. E in mezzo a tutto questo ha fatto un (posso chiamarlo così?) piccolo film con due signori di nome Ben Stiller e Judd Apatow, un film che lo vede a fianco di Matthew Broderick e Leslie Mann a guidare un cast nel quale compaiono anche Jack Black, George Segal, Bob Odenkirk, Janeane Garofalo, David Cross, Owen Wilson, persino Eric Roberts in uno dei migliori esempi di cameo di sempre...

Eppure per qualche motivo Il rompiscatole non è mai il primo, né il secondo, né il decimo film di Jim Carrey che viene citato quando si parla di film di Jim Carrey. Sia chiaro che la mia è una considerazione spannometrica, aneddotica e non supportata dalla scienza, ma provate a fare un sondaggio rapido tra le persone che conoscete, e chiedete loro di citare i primi tre film con Jim Carrey a cui riescono a pensare. Direte “be’ ma è chiaro che nessuno cita Il rompiscatole, Jim Carrey ha partecipato ad almeno tre film migliori di questo!” e forse in linea di principio avreste anche ragione, ma qual è il vero problema, che si ride meno che altrove? Perché è verissimo: più che un film comico nel quale a Jim Carrey succedono una serie di disavventure che gli consentono di mettere in mostra il suo repertorio di faccette, Il rompiscatole è una tragicommedia nerissima che nasce come buddy movie e lentamente si trasforma in un trattato sulla solitudine e sull’abbandono, in una cautionary tale un po’ moralistica sul male che causa abbandonare i figli davanti alla TV invece che passare del tempo con loro mentre stanno crescendo, e persino in un thriller ai confini con l’horror, un home invasion – il secondo film da regista di Ben Stiller dopo Giovani, carini e disoccupati, insomma, è una bestia strana.

L'impepata di Carrey

Nonché la prima volta che il repertorio di Carrey, la sua esageratissima mimica facciale, la snodabilità dei suoi arti, il trasformismo vocale, il suo sembrare una sorta di Robin Williams senza un’anima, viene usato per inquietare e disturbare, non solo per strappare risate. Se con il suo ruolo nel Batman di Schumacher Carrey piegava il personaggio al suo talento, nel Rompiscatole succede il contrario: Stiller prende un repertorio ben noto (non c’è nulla nell’interpretazione di Carrey che non si fosse già visto in altri suoi film) e lo incornicia in modo da farlo risultare respingente e spaventoso e inquietante e opprimente. Voglio dire, Il rompiscatole è prima di tutto un film sullo stalking nel quale lo stalker è il simpatico spilungone che tanto ci aveva fatto ridere con le sue camicie hawaiiane e la gag di uscire dall’ano di un rinoceronte! L’espressione costantemente basita di Matthew Broderick di fronte a qualsiasi cosa faccia il Cable Guy del titolo originale è la dimostrazione più evidente che con Il rompiscatole Ben Stiller stava attuando un’opera di decostruzione della figura professionale dell’attore protagonista con svariati anni di anticipo rispetto a quando ha cominciato a farlo lo stesso Jim Carrey.

E poi: tutto il film è quasi un trailer di un periodo breve ma glorioso della comicità americana al cinema, con i primi passi del Frat Pack e dei Tenacious D, la solita colonna sonora fuori scala, qualche volto che poi sarebbe esploso in TV... Ora, tutto considerato, sì, OK, è vero che non fa ridere quanto... be’, quanto nessuno degli altri film con Jim Carrey tra il 1994 e il 2003, ma perché gliel’avete chiesto? Il rompiscatole non vuole far ridere, Carrey è sempre sopra le righe e apparentemente incapace di una normale interazione umana, si esprime per citazioni di film e serie TV, è violento e pericoloso, un mostro, ma anche molto semplicemente Jim Carrey che fa Jim Carrey. È quasi un’operazione di meta-cinema, parecchi anni prima del video dove l’attore dichiara il suo amore per Emma Stone, ed è anche, per la famosa regola secondo la quale dietro ogni clown c’è una persona che piange, un film di una tristezza lancinante, e pure un potpourri cinematografico di linguaggi e influenze che lo rende interessante anche da un punto di vista, passatemi la parolaccia, accademico (o anche: Ben Stiller dietro la macchina da presa è proprio bravo).

Per cui il discorso è semplice: riguardatevi Il rompiscatole ricordandovi che uscì nel 1996, un anno dopo Batman Forever e il secondo Ace Ventura, un anno prima di Bugiardo bugiardo e due prima di The Truman Show. E pensate all’effetto che poteva fare un film del genere su un pubblico abituato ad associare Jim Carrey a faccette, battutacce e flatulenze – in un certo senso è la mossa One Hour Photo ma piazzata a inizio carriera, e ce ne vuole di coraggio. Non sarà il più bel film con Jim Carrey di sempre, ma vi sfido a dimostrare che non sia uno dei più interessanti.

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