I peggiori film del 2023

Caso rarissimo i peggiori film del 2023 non sono piccoli film disperati senza senso ma grandi produzioni che hanno sbagliato tutto

Critico e giornalista cinematografico


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Del peggio del nostro peggio. Tutto quello che la razza umana ha prodotto e distribuito in sala e piattaforma fallendo ogni intento, promuovendo le idee più stantie se non proprio ributtanti di cinema o semplicemente non trovando in nessun momento un’ispirazione per mettere a segno un film almeno decente. Quest’anno, incredibile non ci sono i soliti film minuscoli e allucinanti in classifica. Qualcosa vorrà pur dire… Ce ne sono invece di molto costosi, di noti e di anche parecchio promossi. Molti come sempre sono italiani e questo, sia chiaro, non per antipatia per il cinema italiano (che pure non fa molto per rendersi simpatico) ma perché stando in Italia siamo sottoposti regolarmente al peggio, lo stesso peggio che si produce anche altrove e che, giustamente, non importiamo e quindi ci risparmiamo.

Il film sono tutti in ordine di fastidio. O se preferite di opposizione ideologica. O ancora, si può dire siano in ordine di inaccettabilità.

10. Il primo giorno della mia vita

In pochi sbagliano i film come li sbaglia Paolo Genovese, quando li sbaglia. Pomposo, arzigogolato, gonfiato da interpretazioni esageratamente intense, involuto nella scrittura e così pieno di sé da dare l’idea di voler essere un film definitivo sulla vita, la morte, l’umanità e l’essenza di quello che siamo, senza però poi contenere davvero tutte queste cose, ma solo il desiderio di affrontarle. Grande esborso economico, grande scala, grandi scene e grandi attori e attrici. Tutto sprecato.

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9. Hypnotic

Cosa voleva essere? Una specie di risposta al cinema fantastico e di supereroi fuso con il thriller psicologico? Fu impossibile vederlo a Cannes (una sola proiezione, a mezzanotte dell’ultimo giorno che all’una non era ancora iniziata, quando si dice “il desiderio di non farlo vedere”) e dopo è stato chiaro come il perché. Questo è un film da nascondere altrimenti è impossibile venderlo. Robert Rodriguez vittima del suo lato oscuro.

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8. Scordato

Il cinema autocommiserevole di Rocco Papaleo (non solo interprete ma anche autore) raggiunge una nuova bassezza. Al consueto atteggiamento dimesso si aggiunge una generale pigrizia, nulla nel film è davvero anche solo audace o almeno curato, che è il minimo che si richiede. Per “curato”, si intende pensato e realizzato con maestria o anche solo fatto con istinto ma avendo dietro il desiderio di fare qualcosa di unico. Al contrario, tutto va verso i lidi più conosciuti, lo fa nella maniera più nota e consueta ma con l’atteggiamento meno minuzioso possibile. Per quale ragione uno spettatore dovrebbe pagare per vedere questa mestizia che non va da nessuna parte non si capisce.

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7. Five Nights at Freddy’s

Doveva essere un horror terribile ma è solo terribile. C’è un pasticcio complicato nella sceneggiatura ma quello che è peggio è che in una mitologia (che viene dai videogiochi) già di per sé confusa, il film inserisce nuovi personaggi dalle motivazioni risibili. E anche quello scampolo di senso della paura che potrebbe venire dai pupazzoni vecchi e letali, riempiti di spiriti anime del passato, è stemperato in un attimo da valori produttivi che appaiono bassissimi.

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6. Mia

Non ci sono dubbi che il cinema peggiore possibile sia quello a tesi. Quello cioè che parte da un’idea e confeziona tutto il film per dimostrarla. Mia è un dramma con Edoardo Leo che parla del plagio mentale dei ragazzi sulle ragazze. È una storia di problemi femminili ma il protagonista è un uomo, quindi al centro c’è un problema maschile (queste figlie scapestrate quanti dolori danno ai padri!), è anche una storia di adolescenti ma il protagonista è sempre il padre, quindi la prospettiva è sempre genitoriale, dall’alto verso il basso, centrata sulla degenerazione dei tempi. E sebbene quando si sfoci nel tragico il cringe sia dietro l’angolo, la parte nettamente peggiore è la costante sensazione che il film fornisce di saperla più lunga e svelare chissà quale problema sociale, quando in realtà ha scritto una trama apposta per far accadere quegli eventi.

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5. Quando

I film di Walter Veltroni giocano in un campionato tutto loro. È cinema nostalgico di qualcosa di indefinito e inafferrabile ma al tempo stesso sono anche film pieni di riferimenti ai problemi del presente (la cui soluzione è facile indovinare dove stia: nei costumi passati), c’è sempre un momento mitico dietro ai personaggi e in questo in cui la storia è di un uomo che va in coma il giorno dei funerali di Berlinguer (!!!) e si risveglia nel tempo presente, la nostalgia è il punto stesso. Ogni dettaglio di scrittura non riesce a non gridare la ragione per cui è lì, e la regia non fa che indugiare in ogni scena come se fosse una scena madre, senza che nessuna lo sia mai.

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4. Diabolik - Chi sei?

Siamo arrivati alla fine di questa trilogia fortemente voluta da Rai Cinema e molto meno dal pubblico. Il terzo film di Diabolik è pienamente in linea con il precedente (sono stati girati insieme) e non muove un passo dalle decisioni che avevano preso i Manetti nel primo. La trilogia di Diabolik nel complesso è uno dei momenti di pressappochismo a budget più alti di sempre per il cinema italiano, è dozzinale nella fattura, insufficiente nell’azione, terribile nella direzione degli attori. Poi c’è tutta la questione dell’aderenza ai fumetti che non si traduce in un buon film. È un compendio fondamentale per capire come non si faccia cinema blockbuster.

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3. Gran Turismo

Un film con dei problemi. Sarebbe la storia vera di un giocatore di Gran Turismo che è diventato pilota di corse Gran Turismo, scritta e girata con il minimo dell’ispirazione e la convinzione che la grafica digitale e i continui riferimenti alle interfacce del gioco l’avrebbero salvato. Non è stato così. Non è mai così. Gran Turismo non solo è un brutto adattamento (ma chissene di quello in fondo) è proprio un film insipido nel quale non si riesce mai a creare un perché nei personaggi. Questi non hanno delle motivazioni che possiamo percepire come autentiche, né tantomeno la loro avventura è coinvolgente. Non avevo mai visto un film sportivo, di quelli pieni di gare o incontri da vincere, in cui la vittoria ogni volta arrivi nella stessa identica maniera. C’è del diabolico.

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2. Club Zero

È chiaramente un film fatto molto meglio di tutti gli altri in questa classifica. È corretto e sofisticato nella messa in scena, minuzioso nei costumi e nelle scenografie, artistico nelle velleità. Ma Club Zero è anche terribile nelle idee. Non solo parte dalla volontà di pettinare il proprio pubblico, cioè di prendere in giro le persone con cui tutti i suoi potenziali spettatori non concordano (cioè i complottisti e anti-scientifici), ma lo fa senza nessun desiderio di capire e con anzi la volontà di professarsi superiori. Prima scrive dei personaggi che fanno e dicono cose idiote (con la scusa della commedia), poi li mette in situazioni paradossali e li riprende per sottolineare come siano il male della società, al contrario di noi, dall’altra parte, che li riconosciamo, li condanniamo e possiamo sentirci confortati dal pensiero di essere migliori.

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1. Come può uno scoglio

Non è certo l’unica commedia che non fa ridere ed è girata male. Anzi. Se ne sono viste di peggiori. Non è nemmeno l’unica commedia senza idee che ripete lo schema più abusato degli ultimi anni dal cinema italiano, anzi. Ma Come può uno scoglio è senza dubbio il film peggiore dell’anno, perché a fronte del fatto di essere fatto e concepito male (non solo eseguito con nessuna voglia ma anche privo di reali spunti di commedia), è la più grande esaltazione del peggio di noi, della spontaneità coatta e del tradizionalismo fatto maschio, a discapito di tutti i tentativi di creare una società migliore. È l’apoteosi del “io sono autentico” detto in spregio di qualsiasi invito a cercare di essere persone migliori. Esistono molti film che sottilmente rimpiangono il passato e come eravamo (soprattutto come era lo società quando era più sbilanciata di oggi), questo però non ha niente di sottile e il peggio degli italiani (ma in fondo dell’umanità) lo espone come l’unica maniera “autentica” di vivere, il rimedio ai mali moderni. Sarebbe cinema di propaganda, se solo avesse un ideale, invece procede a sentimento, a istinto.

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