Paolo Mereghetti ha visto la luce?

Come John Belushi in Blues Brothers, anche il critico del Corriere della Sera deve aver avuto una rivelazione fulminante e ora afferma di odiare gli spoiler dei finali. Ma sarà vero? E parliamo anche della questione critici vs. blogger...

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Rubrica a cura di ColinMckenzie

Rischia di essere la notizia dell'anno, a meno che nel frattempo Cicciolina non aderisca a una campagna del Vaticano a favore della verginità prematrimoniale o che Luciano Moggi si scagli contro la corruzione nel mondo del calcio. Fino a quel momento, comunque, la rivelazione di Paolo Mereghetti sull'ultimo numero di Ciak, in un articolo che riprende il servizio 'critici contro blogger' segnalatoci dal buon Angier di Splitscreenblog, ha dello straordinario.
Rispondendo proprio a un commento di Angier, Mereghetti scrive "concordo però pienamente con Angier quando se la prende con chi 'spoilera pesantemente sul finale'". Ma questo è una rivoluzione, Mereghetti contro gli spoiler? Sarà il caso di ricordare, giusto per i più distratti, qualche impresa del nostro eroe. Recentemente, non si è preoccupato minimamente di rivelare la fondamentale sorpresa di metà film (della serie, ma tanto non è il finale...) di The Reader, pellicola di cui praticamente ha scritto tutta la trama. Ma il meglio ovviamente è avvenuto con Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo, di cui Mereghetti aveva raccontato tutti gli eventi del film, a parte il matrimonio conclusivo. Peraltro, non comprando l'edizione cartacea del Corriere, probabilmente mi sono perso tante altre perle di questo tipo. Ci si chiede a questo punto se il critico odia soltanto gli spoiler sugli ultimi cinque minuti o se magari in futuro potremo evitare cose del genere anche per il resto di una pellicola.

Comunque, altri estratti del pezzo di Mereghetti risultano quanto mai interessanti. Per esempio, questo: "Abbondano le accuse della poca professionalità dei critici della carta stampata, tutti più o meno corrotti e autoreferenziali, [...] ma chissà perché senza fare nomi e cognomi e soprattutto senza portare prove concrete". Mah, oddio, a me era sembrato in questo pezzo, tanto per fare un semplice esempio tra tanti a mia disposizione, di aver fatto nomi e cognomi, tra cui quello di Mereghetti Paolo. Tanto che, spinto da un inutile senso di correttezza, gli avevo anche mandato una mail per sapere se voleva, come suo diritto, controbattere (e lo stesso avevo fatto con altre persone citate). Risultato? Nessuna risposta. Non sarà quindi che, quando le accuse sono circostanziate e precise, con tanto di nomi e cognomi, si svicola e si preferisce evitare il dibattito, che per molti critici (non solo Mereghetti), consiste soltanto nello scrivere un pezzo senza far partecipare nessuna voce fuori dal coro (altro che cineforum tanto rimpianto)?

In realtà, tutta questa discussione blogger vs. critici tradizionali portata avanti da Ciak non ha molta ragione di essere ed è il classico caso di come i media tradizionali non abbiano capito molto di quello che sta succedendo. Intanto, bisognerebbe intenderci sul termine blogger. Chiunque scriva su Internet è un blogger? Ovviamente no, ma questa sembra l'idea di molti mezzi tradizionali. La realtà (e non è conveniente per me dirlo) è che, per ora, i numeri tra mass media tradizionali e quelli su Internet, almeno in Italia, sono nettamente a sfavore dei secondi. Anche se, va chiarito che come un blog da cinquanta accessi al giorno non ha nulla a che fare con una corazzata come mymovies.it (3 milioni di utenti unici al mese circa), così scrivere sul Corriere della Sera non è lo stesso che farlo sui quotidiani assistiti che faticano ad avere 1.000 lettori veri al giorno. Quindi, sarebbe meglio dividere i mass media per numero di utenti piuttosto che per 'genere'. Tuttavia, tutto questo non impedisce ai critici tradizionali di essere in crisi. Perché? Beh, quasi tre anni fa scrivevo questo articolo sulla critica in cui elencavo diversi fattori che ormai avevano provocato una divisione tra loro e il pubblico generalista. Tra questi, il fatto di parlare più ai colleghi che alla gente; di difendere film indifendibili, magari perché italiani e/o impegnati; di non riuscire a spiegare bene ai lettori se quel tipo di film ha una narrazione pesante o meno; e soprattutto di non aver lanciato negli ultimi anni prodotti di valore con il loro sostegno, a differenza di quanto avviene in Francia o in Inghilterra. Direi che la situazione non è cambiata e meno male che mi ero scordato di parlare degli spoiler! Insomma, qui non è questione di blogger che ammazzano critici, ma di critici che si fanno fuori da soli. D'altronde, quando un nostro lettore scrive sul Ennio Fantastichini. 'Da mo', ma probabilmente anche nel futuro...

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