Che ne è stato di Pagemaster - L'avventura meravigliosa?

Nel 1994, Pagemaster - L'avventura meravigliosa portò il giovane pubblico a fare un giro nel magico mondo dei libri. Riscopriamolo insieme!

Redattore su BadTaste.it e BadTv.it.


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Nel 1994, Pagemaster - L'avventura meravigliosa portò il giovane pubblico a fare un giro nel magico mondo dei libri. Tra i due registi figura Joe Johnston, che dopo un Oscar per gli effetti speciali de i Predatori dell'Arca Perduta si era dato alla regia e aveva raggiunto il successo con Tesoro Mi Si Sono Ristretti i Ragazzi. Prima che Jumanji lo consacrasse nel mondo dei blockbuster, e prima dei passi falsi di Jurassic Park III e WolfmanThe Pagemaster si rivelò un colossale tonfo al botteghino. Come spesso accade, il fiasco ricadde in gran parte sulla figura di Johnston e non sul co-regista Pixote Hunt (anche noto come Maurice Hunt), così come il grande successo di Nightmare Before Christmas venne in gran parte imputato a Tim Burton a scapito di Henry Selick, genio della stop-motion. Hunt, che era stato nel team di Taron e la Pentola Magica e di Bianca e Bernie nella Terra dei Canguri, ebbe in carico la fondamentale parte animata del film, con l'onere di trasformare Christopher Lloyd e Macaulay Culkin nei loro comprimari animati. Oltre, ovviamente, al delicato compito di dare vita allo spaventoso, avventuroso e fantastico mondo dei libri. Ripercorriamo insieme le vicende di questo mirabolante viaggio nell'universo letterario!

Lettori, spettatori e avventurieri

Essere avventurieri ha dei prerequisiti: una sana e irrefrenabile curiosità, la voglia di mettersi in gioco, il gusto del rischio e, neanche a dirlo, una spiccata attitudine alla mobilità. Nessun eroe, dopotutto, è mai fermo nello stesso posto. Che siano fisici o dell’anima, i luoghi dell’avventura servono a cambiare se stessi e il proprio rapporto con il mondo. “Il mondo è sempre uguale, è il resto che è più piccolo” asseriva Jack Sparrow in Pirati dei Caraibi - Ai Confini del Mondo. In tempi non sospetti doveva esserne convinto anche Johnston, che in Tesoro Mi Si Sono Ristretti i Ragazzi aveva rimpicciolito i protagonisti catapultandoli in un mondo nuovo. Il cinema, poi, gioca spesso sulle dimensioni: diventare piccoli insegna un punto di vista differente. Cosa accade, invece, quando siamo catapultati in altri universi? Spesso per sentirsi piccoli non è necessario esserlo davvero. Tuttavia, l’avventura ha il potere taumaturgico e salvifico di aprire insoliti orizzonti e di farci scoprire una parte inesplorata di noi stessi. Eppure, quell’indole nascosta era sempre stata lì, confinata in qualche piccolo anfratto della nostra testa, dove l’avevamo opportunamente segregata in preda alla paura di scoprirci inadeguati. Vale anche per il piccolo Richard: schiavo della propria ipocondria, dopo un funambolico viaggio nei più celebri mondi letterari si scoprirà guarito e pronto per un mondo “sempre uguale”, ma da affrontare con uno spirito nuovo.

Richard Tyler Pagemaster

Possiamo infarcire le storie che raccontiamo di tutte le complicazioni possibili. Tuttavia, dall’Odissea a Kingdom Hearts, viaggiare per mondi nuovi comporterà sempre un rimescolamento delle nostre convinzioni profonde. Ciò che è nuovo è spesso spaventoso, ma in un modo o nell’altro siamo destinati a incontrarlo: “Un avversario prima o poi va affrontato!” gridava in Jumanji il cacciatore Van Pelt a un terrorizzato Alan Parrish. E Pagemaster, più di una volta, apre le danze proprio a ciò che sarà il successivo film di Johnston con Robin Williams. Il piccolo Richard Tyler viene risucchiato nel mondo dei libri come Alan Parrish sarà risucchiato dal diabolico gioco da tavolo. “Tira i dadi Sarah!” urlava disperato il giovane Alan mentre il magico tabellone lo catturava. E anche la libreria nella quale Richard trovava rifugio era una trappola dalla quale uscire. “Non preoccuparti, se ti perdi basta che segui la scritta uscita” asseriva Christopher Lloyd, nel doppio ruolo del bibliotecario e dello stregone guardiano dei mondi letterari. La formula, declinata nel racconto tripartito, è che l’orrore va affrontato di petto, l’avventura va vissuta a pieni polmoni e la fantasia va usata con coraggio. E’ così che si esce dall'abisso dalla paura: trovandovi, per l’appunto, una via d’uscita.

Quando sei nel dubbio, chiedi consiglio ai libri

Negli anni ’90 Pagemaster riprende il filone fantastico e avventuroso, gettonassimo nel decennio precedente, con protagonisti dei piccoli eroi. Anche Bastian ne La Storia Infinita si rifugiava al chiuso, lontano dalle grinfie dei bulli (che tormentano anche Alan in Jumanji), con un libro pronto a regalargli un'esperienza straordinaria. “Questo libro non è per te” intimava il signor Koreander a Bastian con il malcelato intento di farglielo leggere. E anche il saggio Pagemaster mette in atto un subdolo piano per dare una svolta alla vita di Richard. La biblioteca, dopotutto, è una miniera di tesori proprio come la nostra testa. E per risolvere i guai, basta trovare lo scaffale giusto. Non appena il vecchio bibliotecario incontra il pauroso ragazzo, con uno sguardo ne legge la mente e gli è già tutto chiaro. Basta una firma per consegnargli il tesserino d’ingresso e fargli siglare un inconsapevole contratto: un nome per un’anima da ristrutturare. Attraverso i libri, naturalmente. “Quando sei nel dubbio chiedi consiglio ai libri!” sarà il mantra che porterà avanti l’intera epopea. E i volumi, ovviamente, sono più vivi che mai. Basterà aprire Il Mastino dei Baskerville per sguinzagliare la feroce bestiola o 20.000 Leghe Sotto i Mari per evocare il Calamaro Gigante. Per tornare a casa (o forse per tornare in sé) Richard affronterà tre prove in tre mondi, guidato da tre libri di diversi generi. Horror, Avventura e Fantasy sono come i tre spiriti de Il Canto di Natale. Ognuno farà da cicerone in una macroarea del mondo letterario, e ognuno regalerà a Richard un punto di vista nuovo. L’idea è semplice e diretta: per essere persone che non siete mai stati dovete fare cose che non avete mai fatto.

Pagemaster Christopher Lloyd

C’è sempre stato un rapporto simbiotico tra cinema e letteratura. La parola scritta, come l'immagine, è uno dei più potenti catalizzatori dell’immaginazione. Il suo potere evocativo è sopravvissuto all’invenzione del cinema, come la radio è sopravvissuta all’avvento della televisione. La parola e l’immagine sono un po’ le corde vocali del tempo: raccontare e mostrare riflettono, da sempre, lo spirito di un’epoca. Pagemaster si svolge in un mondo nel quale l’immaginazione è ancora in grado di volare grazie al fascino dell’inaccessibilità. Il gusto di “scoprire” va affievolendosi man mano che le nostre possibilità di conoscere aumentano di quantità e, soprattutto, di velocità. “Cercare”, oggi, è spesso un’avventura molto breve. E’ per questo che la narrazione misteriosa ha successo: che qualcosa nella vostra testa rimanga “irrisolto” è il modo migliore per dirvi “tornate a trovarci anche domani”, oltre che la chiave della narrazione episodica. Pagemaster poteva invece permettersi il lusso di prendersi i suoi tempi e di mostrare per immagini quel “cammina cammina” letterario tipico delle fiabe. Svelata la formula "triplice" del viaggio nei tre mondi, procedeva con una narrazione scandita e lineare: persino la colonna sonora di James Horner era tripartita, con melodie tipiche e differenti per le tre tipologie di atmosfere. E lo script si divertiva a fare dei beniamini della letteratura di genere i comprimari di un film che sembra narrato a episodi autoconclusivi. I primo e l’ultimo, l’horror e il fantasy, sono quelli che funzionano meglio. Mostri e draghi battono inevitabilmente il carisma degli scalcagnati pirati, nonostante la bella sequenza con il Capitano Achab e Moby Dick. E in molti ricordano il volto di Mr. Hyde con più di un brivido: ad oggi, la parte horror di Pagemaster resta ancora la più amata.

Ciò che è azzeccato è poi il ruolo dei tre libri parlanti: Horror è un bambinone ingenuo e disilluso (“Le storie dell’orrore finiscono sempre tutte malissimo!” piagnucola), Avventura è un vecchio e colorito lupo di mare (“Sono un Classico!” esclama di continuo) e Fantasy è una signora di classe un po’ bisbetica (“Sono un libro, so leggere!”). I tre, oltre a portare i nomi dei rispettivi generi, hanno nel DNA la loro funzione narrativa: Horror trova il proprio mondo spaventoso, Avventura celebra tutto come una scorribanda piratesca e Fantasy conosce la forza purificatrice della magia. Il che consente anche di giocare sull’ignoranza di ognuno riguardo a cosa aspettarsi dagli altri: “Dottor Jeckill/Mr. Hyde… Dev’essere una bifamiliare!” esclama Fantasy guardando la targa della spaventosa magione nella quale il viaggio ha inizio. Ogni volta che lo script cerca di prendersi sul serio, trova il gusto di una sottile ironia. E in versione originale, gran parte della riuscita dei personaggi si deve all'ottimo doppiaggio di Frank Welker, Patrick Stewart, Whoopy Goldberg e Leonard Nimoy (nel doppio ruolo vocale di Jeckill e Hyde). Curiosamente, tutti e quattro hanno avuto ruoli nell'universo di Star Trek.

"Sei un'illustrazione!"

Un anno dopo Pagemaster, anche Jumanji cercherà di volare su un terreno rischiosissimo: mescolare spavento e azione con il linguaggio e la leggerezza del film per famiglie. Ci riuscì grazie a un budget all'altezza, un cast affiatato, un eccellente comparto tecnico e, ancora una volta, affiancando alle questioni soprannaturali una vicenda familiare. In Tesoro Mi Si Sono Ristretti i Ragazzi era proprio la famiglia che, per tornare unita, doveva vivere un’avventurosa esperienza comune, mentre in Jumanji la problematica era portata all’estremo, facendo dell’avventura un veicolo per superare il trauma della perdita dei genitori. Pagemaster sta nel mezzo, non solo temporalmente. Non è un caso che il film sia l’avventura di un eroe che è costretto a risolversi da solo, escludendo completamente la propria famiglia per poi farvi ritorno con uno spirito diverso. E che si tratti di un sogno o di un volo pindarico dell’immaginazione, è l’animazione a fare da traino al subconscio del piccolo eroe. Investito dalla vernice della libreria, che prende vita come un coloratissimo drago marino, Richard si ritrova nelle fattezze di un cartone: “Sono un cartone animato!” esclama, “Sei un’illustrazione” lo corregge Pagemaster. E’ una piccola grande specifica che ci regala il salto dalla parola all’immagine. Noi lo vediamo come un cartone, ma Richard non è che l'illustrazione di una storia che deve ancora scrivere: la sua. Pochi anni prima, anche il piccolo protagonista di Eddy e la Banda del Sole Luminoso si era trasformato da umano in gatto animato. E la sua avventura per ritrovare il gallo Chanticleer, nel disperato tentativo di far nuovamente sorgere il sole, era anche l'occasione per dimostrare il proprio coraggio: "Te l'avevo detto che sei un gatto fifone" sentiva Eddy nella propria testa prima di salvare tutti. Il punto è che Richard non deve dimostrare nulla a nessuno se non a se stesso. Ha paura di tutto già da prima di imbattersi nella libreria, e vive di statistiche e di numeri per etichettare tutto come potenzialmente pericoloso. Persino mettendo piede in casa del dottor Jeckill esclama "il settanta per cento degli incidenti avvengono in casa!". E il saggio Pagemaster, difatti, non gli regala nuove abilità ma gli svela un potere che Richard già possiede ma che ha annichilito: rischiare. “Narrativa dalla A alla Z” esclamava lo stregone, “Dove tutto è possibile! Dove l'immaginazione di un bambino può mettere radici e crescere fino all'inverosimile! Dove il coraggio di un bambino è come il vento che lo spinge a nuove scoperte!”. Il potere di immaginare, ancora una volta, è l’arma dei buoni. “Come fai a leggerlo? Non ci sono figure!” si stupiva Gaston sfogliando un libro ne La Bella e la Bestia. “Certe persone usano l’immaginazione” rispondeva Belle.

Pagemaster biblioteca

Con un budget di 27 milioni di dollari, Pagemaster ne incassò nelle sale appena 13 e valse a Macaulay Culkin la candidatura al Razzie Award come peggior attore (in nomination anche per Papà ti aggiusto io! e Richie Rich). C'è da dire che, quattro anni dopo le urla davanti allo specchio in Mamma Ho Perso l'Aereo, Culkin è decisamente più espressivo da cartone che in live-action. La squadra di animatori è di provenienza mista, con addetti ai lavori dai team creativi di Fievel Sbarca in America, Alla Ricerca della Valle Incantata e Aladdin. E spesso si vede: quando Richard precipita, un tappeto volante da “Le Mille e una Notte” lo salva un attimo prima che si schianti al suolo. A livello di design, molte creature si ispirano all’universo disneyano mentre gli ambienti e gli scenari (visibilmente più statici rispetto ai prodotti Disney dello stesso periodo) richiamano vagamente il tratto di Don Bluth. Purtroppo, senza raggiungere mai gli standard qualitativi di nessuno dei due studi, sia a livello di tridimensionalità che di caratterizzazione. C'è anche della CGI che stona: due anni prima, la lava di Aladdin era stata molto più efficace della vernice animata della libreria. Chi invece conquista pienamente la scena, nei pochi minuti in cui appare, è Christopher Lloyd. In una breve performance, riesce a riassumere con un'enorme capacità istrionica gran parte dei ruoli che lo hanno reso celebre: mentre chiede a Richard cosa stia cercando, gli si vede sul volto la genialità di Doc di Ritorno al Futuro, un pizzico del giudice Morton di Chi Ha Incastrato Roger Rabbit e persino uno sguardo alla Taber di Qualcuno Volò sul Nido del Cuculo. Bella, inoltre, l'idea della sua barba fatta di papiri nella versione animata. In Italia, il film uscì nel 1995, dopo aver ricevuto critiche miste in patria. Curiosamente, sono in molti a ricordare Pagemaster come una VHS dalla copertina accattivante nella quale un giorno, per caso, scoprirono un piccolo tesoro. Un po' come i libri nelle nostre librerie, nelle quali a volte riscopriamo delle piccole perle, a ricordarci che spesso non c’è tesoro più nascosto di quello in bella vista.

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