Oscar 2023: è polemica per la nomination di Andrea Riseborough, e la pezza dell'Academy è peggiore del buco

L'Academy annuncia "indagini" sulle possibili violazioni del regolamento dopo la nomination ad Andrea Riseborough. Cosa è successo?

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È polemica per la nomination di Andrea Riseborough all'Oscar come miglior attrice protagonista per To Leslie, una candidatura che ha sorpreso tutti e che ha lasciato fuori nomi quasi certi come Viola Davis (per The Woman King) e Danielle Deadwyler (per Till), sebbene non sia noto quante preferenze abbiano effettivamente ricevuto queste ultime. All'indomani dell'annuncio delle nomination, proprio la regista di Till ha espresso il suo massimo disappunto, alludendo a un'industria, quella di Hollywood, "focalizzata in maniera così aggressiva sulla difesa dei bianchi e sul perpetuare una sfacciata misoginia verso le donne nere". Till e The Woman King, lo precisiamo, avevano alle spalle studios importanti e una campagna promozionale tradizionale e consistente, che a quanto pare non è bastata.

Una campagna basata sul passaparola tra celebrità

Nel nostro podcast Insider abbiamo accennato a come la Riseborough sia riuscita a costruire una campagna promozionale di successo con pochissimo budget, per un film che non aveva un grande studio cinematografico alle spalle (la minuscola Momentum Pictures) e che soprattutto aveva incassato solo 27.000 dollari al box-office (non che sia fondamentale, ma significa che ha avuto pochissima visibilità), nonostante l'accoglienza estremamente positiva della critica. In sostanza, è stato frutto di un fortunato mix di fattori: un budget concentrato su alcuni aspetti fondamentali (come i 20 mila dollari necessari a iscrivere To Leslie al portale dell'Academy per gli screener), una gigantesca rete di influenze tra celebrità e un ottimo passaparola basato su una interpretazione evidentemente incredibile da parte dell'attrice. Nomi del calibro di Gwyneth Paltrow, Kate Winslet, Edward Norton, Amy Adams e perfino la potenziale (e poi effettiva) candidata Cate Blanchett si sono spesi attivamente per promuovere il film elogiando l'interpretazione di Riseborough, presenziando o addirittura organizzando proiezioni speciali del film per i membri dell'Academy appartenenti alla branca degli attori, e cioè quelli qualificati a votare per questa categoria.

In questi giorni sono stati pubblicati articoli e podcast incentrati su quanto questa campagna sia stata innovativa, ma la realtà è che di realmente innovativo c'è ben poco: è stato Harvey Weinstein, negli anni novanta, a portare all'estremo questo concetto, coinvolgendo nomi di spicco e applicando strategie giudicate a posteriori "poco ortodosse" e particolarmente insistenti. Semplicemente, nel caso di To Leslie buona parte di questa "insistenza" si è svolta sui social.

Il regolamento dell'Academy è stato violato?

Tra i commentatori che hanno lavorato più in profondità su quanto accaduto, Matthew Belloni è quello che ha evidenziato maggiormente come la campagna potrebbe aver violato il regolamento dell'Academy, i cui principi base sono stati stabiliti negli anni novanta proprio alla luce delle polemiche scatenate dalla "strategia Weinstein". Belloni ricorda che da sempre, chi ottiene la nomination lo fa grazie a un mix di qualità, posizionamento e politica, ma nel caso di To Leslie il regolamento dell'Academy potrebbe essere stato spinto oltre il suo limite, rendendo quindi necessaria una nuova revisione per evitare che, dall'anno prossimo, tutti approfittino di quanto accaduto per fare lo stesso.

Tra i punti più problematici c'è il numero 10, legato al concetto di "lobbying" (che nella società americana è accettata ma regolamentata). Il regista Michael Morris e sua moglie Mary McCormack hanno una rete di contatti immensa a Hollywood, e nelle ultime settimane si sarebbero mobilitati assieme al manager Jason Weinberg per inondare di email colleghi e amici con influenze e visibilità verso i membri Academy, sollecitando un sostegno nei confronti del film, insistendo in particolare sulla necessità di "postare sui social ogni giorno da oggi al 17 gennaio". Anche il punto 11, secondo cui vengono presi provvedimenti se una persona collegata a un film mette in cattiva luce altri film o persone, potrebbe essere stato violato. Frances Fisher ha infatti pubblicato un post sui social segnalando che "se almeno 218 dei 1302 membri dell'Academy appartenenti alla categoria degli attori piazzassero Andrea Riseborough in cima alla loro lista di preferenze, riuscirebbe a ottenere la nomination. E sembra che Viola [Davis], Michelle [Yeoh], Danielle [Deadwyler] e Cate [Blanchett] abbiano già la nomination assicurata", lasciando quindi intendere che queste quattro attrici non abbiano bisogno di essere menzionate in testa alle preferenze. Non è chiaro se Fisher abbia qualche legame con il team di To Leslie, se così fosse potrebbe essere una chiara violazione del regolamento.

L'ombra di #OscarsSoWhite

Sono questioni di lana caprina, certo, ma in questo caso ciò che è accaduto sta sollevando polemiche perché a rimanere fuori dalla cinquina sono state proprio due attrici nere, Danielle Deadwyler e Viola Davis, che non sembrano avere la stessa influenza e le stesse connessioni del team di To Leslie, il quale in questi giorni non ha fatto che vantarsi di essere riuscito a far nominare Riseborough senza i soldi di una campagna vera (usando invece principalmente le proprie influenze). Certo, il principale sforzo sembra essere stato quello di convincere almeno 218 di quei membri dell'Academy a vedere effettivamente il film, perché il resto lo avrebbe fatto l'ottima interpretazione di Riseborough, ma i giorni di #OscarsSoWhite sono ancora molto vicini, nonostante quest'anno un numero record di persone di origine asiatica siano state nominate (oltretutto tra le candidate come migliore attrice non protagonista ci sia Angela Bassett per Black Panther - Wakanda Forever).

Non è solo Belloni ad aver chiesto a gran voce l'intervento dell'Academy. Anche Sasha Stone su AwardsDaily ha sollevato la questione delle influenze, scrivendo che "sempre più membri prominenti dell'Academy iniziano a vedersi come influencer sui social media, e se l'Academy non farà qualcosa a riguardo, impostando delle regole su cosa si può e cosa non si può fare, la questione diventerà sempre più ingombrante". Stone ricorda come nel 2016 un attore fece molto rumore chiedendo ai colleghi di votare Moonlight e non La La Land, e nel 2019 tantissimi membri dell'Academy fecero rumore sui social per sensibilizzare verso il voto a Parasite come miglior film. "Molte celebrità organizzano proiezioni durante la stagione degli Oscar per guadagnare voti," continua Stone. "È così da decenni. Ma è diverso dal fare tam tam mediatico sui social".

La risposta dell'Academy è una pezza peggiore del buco?

La risposta dell'Academy, alla fine, è arrivata, e tocca l'argomento dell'inclusività e del regolamento dando un colpo al cerchio e uno alla botte:

L'obiettivo dell'Academy è assicurare che la corsa ai premi venga condotta in maniera giusta ed etica, ci impegnamo ad assicurare un processo inclusivo.

Stiamo conducendo una revisione delle procedure promozionali legate ai candidati di quest'anno per verificare che non siano state violate delle linee guida, e capire quali cambiamenti alle linee guida potrebbero essersi resi necessari in una nuova era di comunicazione digitale e sui social media.

Abbiamo fiducia nell'integrità del nostro processo di nomination e di votazione, e sosteniamo le campagne di genuino passaparola dal basso per le interpretazioni straordinarie.

Pare che l'argomento verrà trattato in maniera approfondita durante il consiglio di amministrazione di martedì, ma nel frattempo questo comunicato sembra una pezza peggiore del buco, come sottolinea Jeff Sneider sul suo blog Abovetheline.

Sneider, prima di tutto, ribadisce l'ovvio, e cioè che è "praticamente impossibile per i membri dell'Academy vedere ogni film e ogni interpretazione entro la data delle votazioni", soprattutto se sei un attore che lavora: "La fase 1 è una lotta per essere visti". Nel caso di Davis, Deadwyler e numerose altre attrici e attori, si è trattato di campagne tradizionali iniziate mesi prima con la presenza a festival internazionali, milioni di dollari spesi in pubblicità su magazine di settore ed eventi speciali. Nel caso di Riseborough, "la campagna è iniziata al momento giusto: una o due settimane prima dell'inizio delle votazioni".

Ma Sneider sottolinea soprattutto come la dichiarazione dell'Academy sia ipocrita e poco chiara, in particolare quando parla di un "processo inclusivo", come se si alludesse al rischio che la campagna di Riseborough abbia in qualche modo precluso attivamente l'accesso ad attori appartenenti a minoranze. E, senza troppi peli sulla lingua, evidenzia come se la protagonista di To Leslie fosse stata per esempio Taraji P. Henson (una attrice nera molto nota e con molte influenze a Hollywood) difficilmente vi sarebbe stata la stessa rivolta. Anche il passaggio sul sostenere "le campagne di genuino passaparola dal basso" è notevole: Sneider si chiede quale sia la definizione di campagna di passaparola dal basso "non genuino".

La nomination di Andrea Riseborough verrà cancellata?

La settimana prossima vedremo se l'Academy cambierà alcuni passaggi del proprio regolamento, e se prenderà dei provvedimenti nei confronti di Andrea Riseborough nel caso trovasse delle irregolarità. Appare alquanto improbabile, se non impossibile, che le venga tolta la nomination nonostante in passato sia capitato (Belloni cita il caso del compositore Bruce Broughton, che mandò email a 70 membri della categoria musicale dell'Academy per promuovere la sua canzone, approfittando del suo essere un ex rappresentante del board of governors). Casomai, potrebbe essere sanzionato chi ha violato il regolamento, e la pena in questo caso è di un anno di sospensione.

Nel caso non si intervenga sulla sua nomination, quante possibilità ha Riseborough di vincere la statuetta? Il fatto che sia stata nominata a sorpresa ha dato senza dubbio una grande visibilità a To Leslie, ma non basta questo per convincere gli oltre ottomila membri dell'Academy che probabilmente ancora non lo hanno visto (come del resto quasi chiunque altro) a vederlo e rimanere impressionati dall'interpretazione dell'attrice, convincendosi magari di votare per lei. Il problema, però, ora è la visibilità opposta. Gli Oscar sono anche politica, e il fatto che Riseborough sia stata investita da una polemica come questa potrebbe averla etichettata, intaccando le sue già scarse possibilità di arrivare all'Oscar. Come conclude tristemente Sasha Stone sul suo blog, "il suo nome rimarrà per sempre associato al modo in cui ha ottenuto la nomination, e non per la sua interpretazione. Ma almeno, per ora, le persone adesso conoscono il suo nome".

Trovate tutte le notizie sugli Oscar nella nostra scheda.

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