Oppenheimer: quanto sono accurati i dialoghi del processo e gli eventi del film?
Quanto c'è di vero nei dialoghi di Oppenheimer? Da dove vengono le fonti di Christopher Nolan usate per il film e quanto sono accurate?
Quando il Segretario al Commercio degli Stati Uniti d’America Henry Wallace incontrò J. Robert Oppenheimer la seconda guerra mondiale era da poco finita. Nel suo diario scrisse di un uomo afflitto da una grande angoscia. “Sembrava percepire che l’imminente distruzione dell’intera umanità fosse imminente”, disse dello scienziato. Christopher Nolan ha dedicato il suo ultimo film all’analisi psicologica di questa figura così fondamentale per la storia dell’umanità. Una persona che ha portato sulle sue spalle il peso e il potere di un Dio. Oppenheimer è un film complesso questa volta più che sui piani temporali, sulle domande etiche che porta con sé. Mette sotto processo il suo protagonista e rincorre una risposta attraverso i piani della soggettività e l’oggettività.
Quanto c’è di vero nei dialoghi?
Wellerstein spiega che per capire quanto ci sia di vero in Oppenheimer, occorre prima considerare che la verità può assumere diverse sfumature sulla base di chi la racconta. Tuttora non c’è unanimità sull’interpretazione del suo agire e il suo ruolo nella storia. Nolan ha raccontato la sua prospettiva basandosi su alcuni dialoghi estrapolati direttamente dai documenti, mentre altri sono inventati o ricostruiti da fonti meno attendibili. Il volume su cui ha basato la sua sceneggiatura, e quindi l’angolazione con cui ha raccontato la storia, è quella di American Prometheus, la biografia scritta da Kai Bird e Martin J. Sherwin.
La vita di Oppenheimer è corretta?
Sostanzialmente sì, la vita di Oppenheimer è raccontata nei punti chiave. Come logico, Nolan ha dovuto scegliere un determinato periodo di tempo sintetizzando molto. Si è focalizzato molto sul progetto Manhattan tra il 1942 e il 1945 e l’udienza del 1954. Tutti gli altri passaggi, solamente accennati, sono però corretti. È stato studente a Cambridge intorno al 1925, ha insegnato all’Università della California, Berkeley. Non è dato sapere con certezza se abbia realmente cercato di avvelenare il suo professore all’università. Da giovane Oppenheimer tendeva a scrivere nelle sue lettere fatti eclatanti, ma dalla dubbia autenticità, come questo.
Centrale nel film è l’incontro con il Presidente Truman. Lì i due discutono sulla responsabilità della bomba, con toni piuttosto accesi. Non ci sono prove che questo dialogo sia mai avvenuto in questi termini. Nessuna fonte riporta il fastidio di Truman nei confronti dei rimorsi di coscienza dello scienziato, né che Oppenheimer si sia mai lamentato con il Presidente di “avere le mani sporche di sangue”.
Il film suggerisce che Oppenheimer rimase distante dal potere politico, occupandosi del progetto della bomba e subendo le pressioni del governo e di Strauss per prendere sempre più il controllo. In realtà lui collaborò da vicino anche nella fase in cui si decise la strategia del lancio della bomba. Appoggiò personalmente l’idea di sganciare la bomba in aree urbane senza alcun preavviso. Una consulenza che andò ben oltre il mero dato tecnico, ma sconfinò nel militare.
Insomma, la vita di Oppenheimer è raccontata correttamente, anche se, chiaramente, in maniera non esaustiva.
Il discorso trionfale da incubo
Abbiamo prove che Oppenheimer rimase profondamente turbato dalle conseguenze della bomba. Il trauma che Nolan racchiude in una sequenza a tinte horror. Oppenheimer pronuncia un discorso di fronte a un pubblico che si trasforma, nella mente dello scienziato, nelle vittime dell’esplosione. Quel momento è basato sui resoconti dello scienziato Samuel Cohen. Lui è però l’unica persona che ha raccontato questo evento. Le sue testimonianze sono considerate però poco attendibili per via della sua tendenza a ingigantire e a cambiare talvolta gli eventi in suo favore. Inoltre, a rendere ulteriormente inattendibile il suo racconto, è la palese antipatia verso Oppenheimer, che considerava “un vero sadico”. Questa è l’unica testimonianza di un suo discorso pubblico poco dopo il bombardamento o del fatto che abbia anche solo partecipato a una celebrazione di questo tipo.
Il padre dell’atomica cercò realmente di dissuadere il mondo a dotarsi di un arsenale in grado di provocare l’estinzione. Nel film diversi personaggi si fanno un’opinione su di lui. Sono gran parte frutto di ipotesi e di drammatizzazioni di finzione. C’è chi, come Haakon Chevalier, associa le difficoltà nella vita famigliare al trauma del suo lavoro e delle sue scoperte di questo potere indicibile. La teoria di Kitty sul fatto che il marito abbia accettato di venire colpito dall’inchiesta come una forma di auto punizione non ha prove. Allo stesso modo persino la spiegazione data da Strauss, ovvero che Oppenheimer si sia sottoposto a tutto questo per essere ricordato non per Hiroshima bensì per il Trinity test, è infondata.
Sono però delle interpretazioni cinematografiche che estendono un ragionamento basato sulla vita vera. I fatti autentici sono entrati nel film. Poi la sceneggiatura li ha superati non per tradirli, bensì per provare ad arrivare ad un ulteriore livello di comprensione dell'uomo e delle sue azioni.
Fonte: lareviewofbooks