Odio l’estate, Aldo Giovanni e Giacomo e l'effetto nostalgia usato bene

Odio l’estate è il più classico dei ritorni alla forma, e il miglior film del trio dai tempi di Chiedimi se sono felice

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Odio l’estate è su Netflix

Odio l’estate è la dimostrazione che, se usata con criterio, la nostalgia può fare, e che non sempre le reunion sono una squallida operazione commerciale messa in piedi perché le rate del mutuo si sono alzate, dannato tasso variabile. Decimo film (circa, dipende come considerate gli spettacoli teatrali tipo Anplagghed al cinema) di Aldo, Giovanni e Giacomo, è il sesto per la regia di Massimo Venier, che era con loro agli esordi e che, dopo Tu la conosci Claudia?, si è messo a fare altro. Il fatto che la separazione tra il trio e Venier sia coincisa con un calo (anche se magari non quel crollo di cui si parla ogni tanto) qualitativo e di incassi del film di AG&G non è, con ogni probabilità, un caso; e Odio l’estate, che può anche essere visto come una sorta di addio ai personaggi nati prima in TV e poi con Tre uomini e una gamba, lo dimostra.

Non è questione di regia, ma di scrittura: i primi film di Aldo, Giovanni e Giacomo erano scritti in collaborazione con Venier, e con il suo addio le opere successive hanno perso qualcosa di intangibile ma essenziale – forse la voglia di raccontare una storia usando le gag e le risate come decorazione più che come appoggio, o una certa vena malinconica milanese assente dagli ultimi film del trio. Odio l’estate è per molti versi un film scritto come se fossimo ancora nel 1997 e la Gialappa’s Band avesse da poco abbandonato Radio Popolare per spostarsi a Mediaset.

Se fosse però solo un’operazione nostalgia, che ricalca i vecchi successi facendoli interpretare alle versioni invecchiate dei protagonisti, Odio l’estate non sarebbe stato accolto (dalla critica, ma anche dal pubblico: è uno degli ultimi grandi successi italiani in sala prima dell’inizio della pandemia) come un ritorno alla forma, ma solo come una triste operazione di riciclo. E invece Aldo, Giovanni e Giacomo sono i primi a riconoscere che il tempo è passato, e che è ora di aggiornare almeno alcune parti della formula – e anche di dimostrare di avere imparato qualcosa in tutti questi anni.

I primi tre film del trio erano una trilogia sull’essere single. D’accordo, è un’esagerazione e una semplificazione, ma resta il fatto che, ciascuno a modo suo, Tre uomini e una gamba, Così è la vita e Chiedimi se sono felice parlano di gente non ancora cresciuta e anzi pervicacemente aggrappata alla propria fanciullezza – un modo per sfuggire al banale orrore della propria esistenza (cfr. Il paradiso della brugola), ma anche per non dover affrontare quella che dovrebbe essere una gioia ma che, nell’immaginario di AG&G, è sempre stata un’ordalia. Parliamo ovviamente di quello che si chiama genericamente amore: in Tre uomini e una gamba i tre fuggivano da matrimoni semi-combinati e infelici, mentre in Chiedimi se sono felice l’amore (adolescenziale, timido, in curioso contrasto con le fattezze chiaramente adulte dei tre) era un vaso di Pandora, un mondo nel quale tutti e tre sognavano di entrare ma che non erano pronti ad affrontare davvero.

In Odio l’estate, Aldo, Giovanni e Giacomo si sono ormai sistemati. Lo spunto riprende e allarga quello del primo corto dell’antologia Il cosmo sul comò; ma dove lì c’erano tre famiglie molto diverse ma amiche che dovevano partire per una vacanza insieme e [redacted], qui le tre famiglie non si conoscono, e finiscono nella stessa casa in Puglia per puro caso. È qui che i tre si appoggiano maggiormente al loro passato e alle loro stesse maschere: Aldo è sempre Aldo, Giovanni è sempre Giovanni e Giacomo è sempre Giacomo, per farla semplice. Ma Aldo non è più solo un fannullone irresponsabile che vive ancora con la madre: l’ha sostituita con una moglie (Maria Di Biase, eccezionale), ha persino fatto tre figli, ma continua a sfuggire alla responsabilità e a evitare il lavoro in ogni modo.

Giovanni è sempre bastardo e pignolo, ma è anche invecchiato, si sente sorpassato, ha un negozio di accessori per scarpe che probabilmente non riaprirà più; ha una figlia che è venuta su bene, e nemmeno lui se ne capacita. E Giacomo è il nervoso e intrattabile superprofessionista che si vedeva anche nell’ultimo episodio del già citato Il cosmo sul comò, a dimostrazione che esiste una sorta di cineuniverso di Aldo, Giovanni e Giacomo e che serve solo un Kevin Feige di Cinisello Balsamo per codificarlo definitivamente.

Cosa impedisce allora a Odio l’estate di essere solo una minestra riscaldata, se gli ingredienti sono sempre quelli e l’unica novità è che sono stati aggiornati in ossequio all’ingrigimento dei capelli dei protagonisti? Il fatto che per la prima volta un film del trio sia anche un film corale; Di Biase, Lucia Mascino e Carlotta Natoli sono molto più che “le mogli dei protagonisti”, e altrettanto spazio è riservato ai figli (con una segnalazione in particolare per Ludovico, il figlio dodicenne di Giacomo che si esprime come un trentenne sarcastico e annoiato dalla vita): ogni personaggio ha un arco, una crescita, una rotondità di scrittura che lo eleva al di sopra della macchietta o della maschera teatrale, e il risultato è che il tessuto di relazioni che si forma a Casa dei Tigli è più ricco e stratificato di quanto lo sia mai stato in un film del trio.

Arrivati a questo punto potreste chiedere: “ma si ride?”, perché in fondo stiamo pur sempre parlando del film del miglior trio comico italiano di sempre o giù di lì. La risposta è “chiedimi se sono felice”, nel senso che a paragone con i primi film fatti con Massimo Venier Odio l’estate si colloca più dalle parti del terzo che dei primi due – è più film, più scritto per raccontare una storia che per accomodare questa o quella gag. In questa buffa versione di Grace & Frankie alla pugliese, Aldo Giovanni e Giacomo sono talmente sobri e trattenuti che il vero ruolo comico è quello affidato a Michele Placido, strepitoso maresciallo dei carabinieri locali e vero erede ed evoluzione di figure come il medico di Tre uomini e una gamba. Ci si commuove e ci si emoziona più di quanto si rida, e anche le citazioni esplicite al passato del trio (una su tutte l’ennesima riproposizione della partita di calcetto sulla spiaggia) sono fatte più per scaldare il cuore che per slogare le mascelle. L’età e i capelli grigi fanno anche questo.

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