Ode a Frank Grillo, una vita da mediano dell’action

Alla soglia dei sessant’anni, Frank Grillo sta finalmente ottenendo ruoli da protagonista, e come dimostra Boss Level se li merita tutti

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“Caratterista” è una delle parole più belle e sottovalutate del mondo del cinema. Belle perché è sinonimo di dedizione totale al racconto cinematografico: una persona che annulla i suoi desideri di protagonismo per dedicarsi anima e corpo al personaggio che le è stato assegnato. Sottovalutate perché si tende a credere che “caratterista” sia sinonimo di “attore/attrice di seconda fascia”, con il talento da meritarsi un posto a fianco delle stelle ma non abbastanza da diventare una di loro – una vita da mediano, per dirla con quella canzone. Con gli anni la figura del caratterista sta quasi sparendo, o comunque ci sono sempre meno persone disposte ad accettare che la loro carriera resterà sempre un gradino sotto allo stardom; ed è per questo che non possiamo che amare Frank Grillo, che alla soglia dei sessant’anni e dopo averne passati trenta nelle retrovie sta finalmente ottenendo i suoi primi ruoli da protagonista assoluto, e dimostrando di meritarseli.

L’ultimo esempio è Boss Level di Joe Carnahan, un film divertente ma con grossi limiti di scrittura e ritmo, tenuto in piedi in buona parte dal carisma del suo protagonista. È divertente (o deprimente?) pensare che, per ottenere un ruolo così importante in un film nel cui cast compaiono anche Mel Gibson, Naomi Watts e Michelle Yeoh, Frank Grillo abbia dovuto sborsare di tasca propria: oltre che protagonista è anche produttore; non è la prima volta nella sua carriera (l’aveva già fatto per esempio per Wheelman), ma è la prima volta che lo fa per un prodotto di medio budget, e circondato da premi Oscar.

Purge

È un premio (non il primo in questi anni, come vedremo tra poco) per una carriera passata nell’ombra, dalla quale è uscito solo intorno al 2014. Grillo, origini ovviamente italiane, è nato e cresciuto a New York, dove prima di dedicarsi alla recitazione si è dedicato al wrestling e alle arti marziali (nello specifico il jiu-jitsu brasiliano); e ha cominciato la sua carriera non con il cinema o la TV, ma con le pubblicità. Ha esordito al cinema in un film con Antonio Banderas, Il re del mambo, e da lì… be’, si è sostanzialmente fermato, e ha cominciato a cercare fortuna in televisione: dei suoi anni Novanta si ricordano soprattutto i tre anni nel cast di Sentieri. Non è chiarissimo come sia rientrato nel giro della Hollywood che conta, fatto sta che con il nuovo millennio Grillo ha cominciato a ritagliarsi il ruolo da caratterista che si porterà dietro tutta la vita: tanto per capirci, nel 2002 ritorna in sala con due film che non c’entrano nulla l’uno con l’altro, cioè Minority Report e La cosa più dolce, a dimostrazione che non gli importava granché di fare carriera, solo di lavorare.

In questa intervista del 2014, Grillo indica il vero punto di svolta nel 2008, quando si trovò sul set di Pride and Glory insieme a Colin Farrell, Nick Nolte, Edward Norton e Jon Voight. Aveva, ovviamente, un ruolo minore, ma “vederli recitare mi ha fatto cambiare il modo di pensare al mestiere”, e anche “il film non fu un grande successo, ma l’industria cominciò a vedermi in modo diverso”. Pride and Glory è del 2008, e tutto si può dire di Frank Grillo tranne che non sia paziente: negli anni successivi non abbandonò mai il suo ruolo di secondo piano, ma cominciò con calma a comparire in produzioni sempre più grosse, da Fuori controllo di Martin Campbell con Mel Gibson alla doppietta datata 2012 The Grey/Zero Dark Thirty.

Biond Skyline

Poi la svolta vera: nel 2014 gli viene affidato un ruolo da (futuro) villain Marvel in Captain America: The Winter Soldier, e contemporaneamente Jason Blum (non lui direttamente, ma avete capito cosa intendiamo) decide di regalargli il suo primo, vero ruolo da protagonista in un film di alto profilo. Stiamo parlando di Anarchia – La notte del giudizio, o “il secondo The Purge” se preferite: nel ruolo di Leo Barnes, Frank Grillo dimostra di avere le spalle abbastanza larghe da poter reggere un intero film, tanto che due anni dopo ritorna sul luogo del delitto in La notte del giudizio – Election Year. Come si passa dal fare la spalla a gente più famosa di te a diventare l’unico personaggio di un franchise di grande successo a tornare in due film consecutivi? Al tempo di Anarchia, Grillo riportava tutto il discorso sulla pazienza: “Non so come avrei retto il successo se fossi stato più giovane” diceva, “mentre oggi che ho moglie e figli riesco a gestirlo bene”.

E infatti da lì in avanti Grillo comincia ad azzeccare un progetto dopo l’altro, e riesce persino nel miracolo di resuscitare un franchise nato morto come quello di Skyline con un sequel, Beyond Skyline, che era molto più bello di quanto avesse il diritto di essere visti i presupposti. Il nostro amico armadio ha cominciato anche a produrre sempre più spesso i suoi stessi film, da Point Blank al bellissimo e sottovalutatissimo Hell on the Border. Ovviamente non mancano anche i passi falsi (a volte neanche per colpa sua, vedasi il recente Cosmic Sin), ma stiamo pur sempre parlando di un attore che ha girato più di venti film negli ultimi cinque anni, più o meno quanti ne aveva interpretati nei venticinque precedenti: gli si può perdonare qualche errore. Soprattutto se poi in cambio abbiamo film come Boss Level, che al netto dei già citati difetti è uno dei migliori prodotti a tema videogiochi-e-dintorni usciti da Hollywood nell’ultimo trentennio. Ci vorrebbe più gente come Frank Grillo, uno che ama il mondo del cinema, certo, ma che soprattutto ama i film e ama fare i film.

Grank Frillo

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