Oceano di fuoco – Hidalgo, epica o pastrocchio?
Oceano di fuoco – Hidalgo con Viggo Mortensen arriva su Star: com’è invecchiato in questi vent’anni? E soprattutto: oggi chi farebbe mai un film del genere?
Una delle frasi che si sentono più spesso negli ultimi tempi parlando di film (quantomeno di certi film) è “oggi non si potrebbe più fare”, con tutte le variazioni sul tema – “oggi questa scena sarebbe diversa”, “oggi avrebbero scelto un altro cast” e così via. Si tratta nella maggior parte dei casi di un modo un po’ obliquo per rimarcare il fatto che si sta parlando di un film di altri tempi, e sottolineare come siano cambiati certi usi e certe sensibilità; ed è nella maggior parte dei casi una considerazione un po’ futile: certo che un film degli anni Trenta oggi verrebbe fatto in modo completamente diverso! Ci sono però casi in cui porsi di fronte a un film con questa forma mentis è affascinante, e può dare il via a una catena di riflessioni apparentemente infinita quasi più interessante del film stesso: è il caso, forse lo avrete capito, di Oceano di fuoco – Hidalgo di Joe Johnston, un epico ed esotico western che fece un tonfo clamoroso al botteghino nonostante la presenza di un Viggo Mortensen all’apice della sua fama.
LEGGI: Falling: ecco il poster italiano del film diretto da Viggo Mortensen
LEGGI: Viggo Mortensen torna a parlare delle polemiche su Green Book
Il primo strato è il fatto che Hidalgo è un film dove un attore americano di origini danesi interpreta una figura storica americana di origini Lakota. Volete la prima complicazione? Il fatto che Frank Hopkins fosse in parte nativo, che è una delle motivazioni principali dietro le sue azioni nel film di Johnston, era probabilmente una bugia, come lo era la maggior parte delle imprese che raccontava di aver compiuto. In altre parole Hopkins era un cazzaro fanfarone, un figlio perfetto del morente Vecchio West di fine Ottocento, quello dei circhi a tema con i nativi sfruttati come comparse stereotipate, quello già raccontato in, per esempio, Gli spietati, o ancora meglio Il grinta. Uno che ha fatto alcune delle cose che gli vengono attribuite, e che si è inventato tutte le altre.
In un certo senso, ed è il secondo strato, Oceano di fuoco – Hidalgo è più credibile e storicamente accurato di quanto lo sia stata la vera vita del suo vero protagonista, almeno per com’è sempre stata raccontata. Perché nonostante il grosso della vicenda si svolga in Arabia Saudita, la presenza del popolo Lakota è centrale, soprattutto nel primo atto quando serve per definire l’ambientazione e presentarci protagonista e motivazioni; e quindi la produzione ha fatto di tutto per rappresentarli al meglio, avvalendosi della consulenza di storici e leader tribali in un’operazione filologica guidata dallo sceneggiatore John Fusco – che peraltro aveva già lavorato a un film sui Lakota e su Wounded Knee, Thunderheart, che però parlava del secondo incidente lì avvenuto, non del più famoso massacro avvenuto nel 1890 e che fa da motore a Hidalgo.
Vi state perdendo?
Riassumiamo dicendo che Oceano di fuoco – Hidalgo è un film scritto con la consulenza del popolo Lakota e di alcuni amici di Frank Hopkins ancora in vita, ma che siccome parla della vita di un tizio che probabilmente si è inventato tutto o quasi è stato comunque criticato per non essere storicamente accurato; e che ha usato la suddetta consulenza del popolo Lakota (anche) per inscenare sequenze nelle quali loro stessi vengono sfruttati come oggetti di scena in uno show che raccontava non il vero West, ma la sua immagine turisticizzata e vendibile che poi informerà tutto l’immaginario del genere western.
Volete un altro strato?
Hidalgo, il cavallo co-protagonista insieme a Viggo Mortensen, è un mustang, e viene quindi costantemente contrapposto a quelli che al tempo erano considerati i “veri” cavalli, i purosangue. Questo perché i mustang erano cavalli selvatici, o meglio rinselvatichiti, e discendenti di quelli portati dagli spagnoli nel 1400; e questo a sua volta perché, nonostante lo stereotipo del nativo americano lo preveda spesso a cavallo, la verità è che in America i cavalli non c’erano, e ce li abbiamo portati noi. O meglio: c’erano i loro antenati, andati estinti una decina di migliaia di anni fa insieme a una serie di altri grossi mammiferi del continente. Siamo stati noi a riportarli: i nativi ci hanno messo pochissimo a integrarli nella loro cultura e nelle loro abitudini di vita, e quando sono stati massacrati o cacciati dalle loro terre e deportati moltissimi dei loro cavalli si sono, per l’appunto, rinselvatichiti. Non è un caso che a cavalcare nel film sia un bianco di nome Hopkins: i cavalli non sono “roba locale”, e l’idea stessa che il povero Hidalgo sia inferiore ai suoi cugini purosangue europei è ridicola, visto che gli antenati sono gli stessi.
E finora stiamo girando intorno solo al primo atto, se non addirittura alle prime scene: il cuore di Oceano di fuoco – Hidalgo è il viaggio di uomo e cavallo fino in Arabia Saudita, dove, sfidati da uno sceicco arrogante, sfideranno la sorte e anche la morte in una grande corsa di sopravvivenza, una maratona equina in mezzo al deserto – “l’oceano di fuoco”, come lo definisce uno dei personaggi del film, un’espressione che peraltro non trova riscontro non solo nella realtà, ma addirittura neanche negli scritti di Hopkins, e che è quindi stata inventata per il film nonostante sia spacciata come un altro pezzo di storia. Come dicevamo, è impossibile pensare a Hidalgo senza andare a infilarsi in un migliaio di tane di Bianconiglio diverse, ciascuna delle quali riporta all’affermazione iniziale: “oggi questo film non si potrebbe più fare”.
Perché anche a Hollywood c’è molta più attenzione a culture e sensibilità diverse da quella americana, e certe scene verrebbero forse tagliate, o quantomeno riscritte. Perché il casting di Viggo Mortensen probabilmente causerebbe qualche polemica perché non è un attore di origine Lakota, alla quale risponderebbero le contro-polemiche che farebbero notare che non ha senso lamentarsi di questo dettaglio quando neanche il vero Frank Hopkins era di origine Lakota. Perché tutta la cura che è stata dedicata ai nativi americani viene gettata dal finestrino quando arrivano i sauditi, loro sì stereotipatissimi ai confini della caricatura. E anche perché, indipendentemente da tutte queste considerazioni, chi oggi produrrebbe un film del genere con un budget del genere, un kolossal, magari non in senso letterale ma comunque con quel respiro lì, con quella voglia di grandi paesaggi e grandi scene di massa e più in generale grandeur?
Oggi 100 milioni di dollari sono investiti meglio in un film di supereroi, in un qualche franchise (magari che strizza l’occhio a John Wick) o in una lussuosa serie TV; Hidalgo è un film molto classico, figlio di un tempo nel quale all’America piaceva molto guardarsi allo specchio e contemplare l’epicità della propria storia per quanto recente. Oggi a questi livelli di stardom (nel 2004 Mortensen veniva dal triplo trionfo del Signore degli anelli e in particolare da Il ritorno del re) quei soldi verrebbero spesi altrove, magari in un sequel di Blade Runner (ah no, già fatto), oppure verrebbero messi in cassaforte al grido di “l’era dei blockbuster è finita!”.
Un po’ è un peccato.
Oceano di fuoco – Hidalgo è un film gigantesco o che almeno vuole esserlo, e che si perde fin troppo spesso in contemplazione di sé stesso e strapieno di quello che in America si chiama “cheese” e che in italiano non ha un corrispettivo altrettanto efficace – esagerazioni, primi piani dolenti di Viggo Mortensen, sdolcinatezze eccessive, parliamo di questo insomma. Ma è anche un’avventura letteralmente d’altri tempi, con un protagonista che dimostra una volta di più quanto il suo volto e la sua personalità siano perfette per il genere (come dimostrato in Appaloosa, e non è un caso che il suo personaggio nel Signore degli anelli, almeno nella sua versione Grampasso, sia già nel romanzo di Tolkien il più western di tutti) e con la sua bella dose di scene spettacolari e di splendide cornici. Per rispondere dunque alla domanda del titolo: Hidalgo è epica o pastrocchio?
Sì.