Norman Jewison: la risposta di Hollywood alla Nuova Hollywood
All'interno del decennio della grande trasformazione di Hollywood Norman Jewison è stato il cineasta classico al servizio delle nuove istanze
Arrivato al cinema dopo più di un decennio nella televisione, Norman Jewison era il tipo di cineasta capace di girare di tutto in anni in cui Hollywood sterzava verso il cinema personale
Tra il 1965 di Cincinnati Kid e il 1979 di …e giustizia per tutti, Norman Jewison ha tra i 40 e 50 anni, è vecchio per un sistema che in quel momento si rinnova profondamente, è investito da un’ondata di ragazzi terribili con idee diverse, che ambiscono a fare film diversamente. Non sono puliti, non sono sempre presentabili e parlano di antieroi in storie che non hanno una grande fiducia nell’America. Jewison in un certo senso è la controriforma, è l’altro lato della barricata, fa film con tutto un altro stile e tutto un altro piglio, e quando serve si adatta ai temi che vanno di più (come la ribellione, la sfiducia nel governo o la controcultura). È il cocco delle major che per loro può anche adattare Jesus Christ Superstar in una veste che strizza l’occhio agli hippie, ribaltando il ruolo di Giuda. È il cineasta che come l’acqua si adatta ai tempi.
Lungo gli anni ‘70 delle proteste, del Watergate e dell’attacco al sistema, Jewison gira film bellissimi pensati per intercettare quelle istanze, sempre di traverso. Tra questi due ancora oggi sottovalutati sono F.I.S.T., in cui ci furono una lunga serie di problemi dovuti alle intemperanze di Stallone che non riusciva a trovare una dimensione per sé a Hollywood dopo Rocky, e Rollerball, una storia di fantascienza molto avanti al suo tempo, in cui un atleta di un violentissimo sport del futuro che vive di diritti televisivi, si rende conto che la società è marcia, il sistema è corrotto e usa proprio la televisione, la presa che ha sul pubblico e il suo sport mortale per fomentare una rivoluzione. La cosa forte di Rollerball è che la rivoluzione non la vediamo mai, vediamo la maniera in cui un’icona che fa promozione al sistema, capisce il potere dell'immagine e di essere uno strumento, così cambia se stesso e la percezione che tutti hanno di lui. È la storia di Hunger Games, 30 anni prima.
Ma Jewison è stato anche quello di Stregato dalla Luna o di Amici come prima e Only You - Amore a prima vista. Cineasta di mestiere, bravo a fare tutto, dotato di quel tipo di formazione che consente di fare quello che oggi, per cultura, evoluzione del linguaggio e del ruolo del filmmaker, è molto raro: adattarsi anche a storie che non gli appartengono. Nonostante avesse le sue ossessioni personali, come tutti, per quelli come Jewison dirigere film vuol dire dirigere storie di altri con cui, magari, non si ha niente in comune, riguardo mondi che non si conoscono e personaggi come non se ne sono mai conosciuti. Di nuovo: era l’esatto contrario di Coppola, Scorsese, Bogdanovich e Spielberg che facevano film spesso sui mondi che conoscevano meglio e in tutti gli altri casi trasformando qualsiasi universo narrativo, anche quelli di fantasia, in uno a loro vicini.
Jewison invece era semplicemente uno che il cinema lo sapeva fare, che padroneggiava una tecnica ad alti livelli, che aveva una maniera tutta sua di veicolare le proprie idee e dare corpo ai temi delle storie che leggeva, senza bisogno di scriverle. Regista classico nelle tempesta dei grandi cambiamenti autoriali hollywoodiani, uomo degli studios negli anni dei cineasti indipendenti, l’ultimo di un’era che ha cominciato a morire quando lui aveva solo 40 anni.