Normal People accartoccia tutte le altre serie teen e imposta un nuovo standard

Invece che evocare i ricordi degli spettatori Normal People punta dritto all'astrazione e raggiunge vette incredibili di desiderio e sentimento

Critico e giornalista cinematografico


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Se c’è una serie sfacciatamente sentimentale che vale la pena vedere quest’anno è Normal People (inizierà il 16 Luglio su Starz Play, quindi Apple Tv). Senza nessun compromesso va all in con tutto quel che possiede nel territorio del desiderio profondo, insondabile, dove l’attrazione fisica si mescola al bisogno di essere amati da una persona in particolare, fino a che non è più possibile districarli. E lo sa fare benissimo.

Fin dalla fenomenale partenza (il trittico di episodi d’apertura sono 90 minuti che lasciano senza fiato per stupore e penetrazione dei personaggi), la serie tratta dall’omonimo romanzo di Sally Rooney ha una delicatezza totalmente irreale e per questo sublime. Finalmente una serie (ma potremmo dire lo stesso dei film) che non cerca il romanticismo adolescenziale nella solita evocazione dei ricordi nel pubblico ma lo cerca e trova nell’astrazione, in qualcosa cioè di espressionista e non impressionista. Nell'anno in cui si chiude l'ottima Skam Italia arriva qualcuno che ha il coraggio di andare più in là, di non alludere ma cercare smaccatamente di mettere sullo schermo la materia più complicata di tutte: la struggente sensazione di solitudine che gli esseri umani provano quando non sono assieme all’unica persona con cui desiderano essere.

L’attrazione verso la serie arriva subito, perché fin dall’inizio Connell e Marianne si presentano come due antistereotipi, partono da figure bidimensionali (la ragazza ricca e senza amici, emarginata per il suo carattere inacidito da una parte; il capitano della squadra di football irlandese, povero e popolare a scuola dall’altra) ma è chiaro che non sono quel che paiono, che ognuno dei due soffre in quella casella e fa di tutto per emanciparsi. La scuola li ha messi lì, le frequentazioni, la società, la famiglia e il mondo intorno a loro, conoscendosi sembrano potersi liberare quasi subito, e lo fanno spogliandosi. Sono personaggi la cui spiccata intelligenza tende in un certo senso ad alienarli dagli altri, o comunque a farli sentire diversi.

Se la scuola li ingabbia l’università forse li libererà, l’erasmus li piega e le vacanze in Italia li uniranno fino a che, quando è (quasi) finito tutto, i due potranno dirsi persone normali, uscite dalla tormenta dell’adolescenza e post-adolescenza e pronti a prendere decisioni senza farsi del male (forse) e a provare a scegliere per il meglio. È la storia di un processo di emancipazione dai sentimenti tempestosi, vissuti dai personaggi con un mutismo nordico che si fa una grandissima fatica a capire da questo lato dell’Europa ma che dà un carattere peculiare a tutto il racconto. Connell e Marianne sembrano fare a gara a chi fatica di più a dire che le cose come stanno, a chi si ritrae di più nonostante i loro corpi dicano sempre il contrario delle parole. Lo sanno gli attori (bravissimi in questo doppio movimento) e lo sa la regia (Lenny Abrahamson imposta tutto e poi torna per qualche episodio) che indugia spesso proprio su dettagli di mani, piedi o espressioni, sul linguaggio del corpo che non è lo stesso delle parole.

Tutta la serie potrebbe essere descritta come una sequenza di momenti in cui i due cercano di avvicinarsi, alle volte ci riescono, altre no. Normal People passa da scena di avvicinamento in scena di avvicinamento senza toccare mai il corteggiamento vero e proprio, senza mai cedere alla comodità di passare su dinamiche e movimenti che già conosciamo, ma andando sempre dritta al racconto di un sentimento che fa di tutto per uscire mentre le apparenze cercano di soffocarlo.
Messo così sembra un classico del cinema dei parrucconi, le storie di damine settecentesche e dei garbati corteggiamenti che coprono passioni fiammeggianti. E in un certo senso è vero. Normal People richiederebbe pochi cambi se trasposto in quel contesto, ma così com’è trasforma quelle dinamiche di corte nella continua lotta di un sentimento carnale che vuole imporsi contro ogni logica.
Anche le frequenti ellissi temporali sembrano lavorare in questa direzione.

Forse per questo Normal People tutto quel che racconta lo idealizza, specialmente l’estasi del rapporto fisico (dal toccarsi o strusciarsi fino proprio all’amplesso) la tensione pura dell’amore che non si distingue dal sesso. E in questo senso sono fondamentali i corpi tesissimi dei due protagonisti, costantemente esposti, sempre al centro dell’attenzione, sempre presenti e imposti al desiderio dello spettatore come dei personaggi a sé. Perché di quello stiamo parlando, di due profili intellettuali che faticano a resistere alla legge del desiderio.

Sì può anche impazzire di fronte alla stolida ottusità con cui Connell rifiuta di cedere o davanti alla testardaggine con cui Marianne cerca continue imitazioni del rapporto che aveva avuto con Connell (che forse sono solo copie del rapporto con suo fratello). Ed è stupendo.

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