Non solo Joker: 7 film che hanno fatto il dito medio agli studios

Quando i registi si ribellano agli studios. Ecco 7 film dove il cinema critica l'industria cinematografica, dove il metacinema manda a quel paese i produttori.

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Joker: Folie à Deux ha fatto arrabbiare un po’ di persone. Era da tempo che non si assisteva a un dibattito così serrato su un film. Una divisione, non simmetrica, del pubblico e della critica in due. Un film che o lo si ama o lo si odia. Queste reazioni radicali sembrano proprio essere parte del progetto di Todd Phillips. Anche se il regista ha di recente dichiarato che il film non intendeva prendersela con i fan, né con il fandom tossico, è impossibile non vedere questo sequel come un prodotto metacinematografico. Il processo ad Arthur Fleck è il processo a un personaggio, ma soprattutto al primo film (che viene spesso citato nella figura di un adattamento cinematografico interno alla storia).

Se il “dito medio” non è per i fan allora per chi è? Si potrebbe pensare che sia per gli studios hollywoodiani e il loro impulso a sfruttare e spolpare le IP. Una ribellione contro la Warner Bros. che tiene imprigionati i film (si veda il caso Batgirl), e contro la DC di cui non compare nemmeno il logo

Ispirati dalla cronaca della produzione che, secondo voci interne, è stata piuttosto litigiosa (leggi qui tutti i dettagli) abbiamo compilato una lista di sette film che, proprio come Joker: Folie à Deux hanno mandato a quel paese Hollywood e lo spirito con cui produce i film. 

Matrix Resurrections

Il caso più clamoroso di "dito medio" degli ultimi anni. Lana Wachowski non aveva voglia di girare l’ennesimo seguito di Matrix e si vede. Non voleva neanche lasciare la sua saga ad altri, così ha fatto un film che per il solo fatto di essere stato approvato dovrebbe smentire la “cattiveria” degli studi cinematografici. Invece forse ne certifica la distrazione e la rapacità. Matrix Resurrections è per metà una storia di Matrix e per l’altra metà il racconto di creativi intrappolati nella macchina genera soldi e schiaccia idee dei produttori. Si cita esplicitamente la Warner Bros. e la sua volontà, contraria a quella di Neo, di far continuare all’infinito il gioco di Matrix. Un reboot contro i reboot.

The Truman Show

Il classico di Peter Weir parla di un uomo intrappolato dentro una trasmissione televisiva. The Truman Show riflette sul nostro rapporto con la realtà e con l’identità. Messi da parte i temi filosofici, il film è anche una stoccata verso una società “panoptica” ovvero dove lo sguardo è diffuso a tal punto da permeare tutta la società. Jim Carrey recita nei panni di un uomo paradossalmente libero, contro una schiera di comparse nella vita altrui e contro una produzione televisiva che da lui dipende.

Beetlejuice Beetlejuice + Dumbo

Tim Burton contro tutti. Il remake live action di Dumbo usava la storia dell’elefantino costretto a diventare un’attrazione da circo per mostrare tutta la frustrazione del suo autore, in quella fase in crisi creativa. Per lui l’esperienza in Disney è stata come prendere parte a un "orribile gigantesco circo”. Dal sequel Beetlejuice Beetlejuice emerge un autore meno frustrato, ma ancora critico. Attraverso i suoi personaggi si prende gioco dell’industria cinematografica, del bisogno di avere sempre di più, sempre più film più grandi e spettacolari alla ricerca del successo. Willem Dafoe che interpreta un ex attore che fa da solo i suoi stunt e resta intrappolato nella parte di un detective è l’esempio più divertente della stizza con cui Burton continua a parlare di Hollywood. 

Funny Games

Nel 1997 Michael Haneke sconvolgeva gli spettatori con Funny Games, un film che usa il genere della "home invasion” per parlare della violenza nell’audiovisivo e quello che provoca negli spettatori. Convinto di non avere raggiunto il suo pubblico d’elezione, ovvero quello anglofono, accetta di farne un remake. Cambia gli attori e nient’altro. Il film del 2007 è una riproposizione inquadratura per inquadratura dell’originale. Come a dire: il film è questo e non lo si tocca, ma se serve si può provare a rigirarlo per aprirlo a un nuovo pubblico.  

Jurassic World

Anche le meraviglie, dopo un po’, stufano. Il messaggio nascosto (ma neanche troppo) di Jurassic World è che l’intrattenimento lotta costantemente contro se stesso. Anche una cosa incredibile come riportare in vita i dinosauri, dopo un po’ non basta più. Serve un parco più grosso e servono mostri ancora più potenti per attrarre il pubblico. Jurassic World ha provato a ribellarsi alla direzione dei franchise, sempre più grandi e con sempre meno inventiva. Ha finito per lanciare una trilogia miliardaria. 

Quella casa nel bosco

Una commedia horror contro i cliché dei film horror. Splendido esempio di metacinema che non si ferma al lato teorico, ma diventa una satira molto appassionante e originale. Inizia come il più classico degli slasher: un gruppo di giovani e belli passa una vacanza in una baita isolata nel bosco. Si preparano a venire ammazzati uno alla volta… salvo che qualcosa si inceppa nella macchina perché loro, avendo visto molti film del genere, riescono a cavarsela abbastanza bene. Dietro tutto questo c’è una regia occulta che compie il rituale di uccisione per salvare il mondo. Quella casa nel bosco si muove sul terreno di Scream, ma in maniera meno esplicita e più moderna. 

Tropic Thunder

Quando si pensa a una commedia da morire dal ridere, Tropic Thunder è uno dei primi titoli che viene in mente. Una produzione di un ambizioso film di guerra, con attori super star e premi Oscar, si ritrovano sul terreno di una vera guerriglia. Se ne accorgeranno molto tardi. Tropic Thunder racconta di quanto Hollywood sia stupidamente ombelicale. È cattivissimo eppure oggi tutti i suoi sfoghi sono ancora validi.

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