No, Jojo Rabbit non è come La vita è bella. Ma quale dei due film è migliore?
In occasione dell'arrivo su Disney+ de La vita è bella affrontiamo un quesito che si pone da tempo: è meglio il film di Benigni o Jojo Rabbit?
Scopriamo quale.
Con gli occhi di un bambino
Il punto di vista, per un film, è fondamentale quanto la scelta del narratore in letteratura. A partire da questa decisione vengono declinati tutti i simboli e stabilita la soglia di sospensione dell’incredulità. Un film verrà letto e accettato da noi spettatori attraverso gli occhi e la sensibilità di chi ci parla nella storia.
Taika prende il giovane hitleriano, ne riconosce il suo intento di propaganda, e lo ribalta. La narrazione, su carta, afferma quello che un qualsiasi film di regime direbbe. Ma il portato emotivo, la costruzione deformata, delle scene suggeriscono al cuore dello spettatore il significato inverso.
Jojo non è però una vittima perché incapace di fare del male (e quindi per il suo essere un carnefice mancato). È vittima, così come tutti i suoi compagni, dell’indottrinamento folle, del potere della propaganda. Solo il suo filtro di innocenza da bambino, la visione del mondo colorata e fantasiosa, può fare da antidoto al contagioso male Nazista.
Anche Guido, interpretato da Roberto Benigni, è una vittima. Ma chiaramente è ben diverso da Jojo. Va notato infatti che La vita è bella è il film di Guido, non di suo figlio Giosué. Anche se, alla fine del film, il narratore sarà proprio quest’ultimo: “questa è la storia del sacrificio compiuto da mio padre…”. Un cambio di prospettiva nella storia che pretende di chiudere il cerchio di vita, morte e ricordo. Per tutta la durata del film però è il volto di Benigni a reagire a ciò che accade, ed è lui che guardiamo per specchiare le nostre emozioni.
Dicevamo: Guido è quindi una vittma diversa da Jojo. Prima è inconsapevole di ciò che stava per arrivare, poi è costretto dalla sua consapevolezza a “mediare” l’orrore al figlio tramite il gioco e la fiaba. Un adulto perseguitato, opposto al bambino persecutore inconsapevole, votato all’odio e per questo egli stesso vittima.
JoJo Rabbit fa un passo (enorme) in avanti nel raccontare la complessità. Attraverso un tono a tratti grottesco, a tratti espressionista (la scena degli “occhi” delle case che inorridiscono come delle persone), Taika divide il mondo in adulti crudeli e adulti che ancora non hanno dimenticato come essere bambini. La vita è bella è un mondo di adulti, in cui i bambini non possono che nascondersi.
Sì, ma l’umorismo?
L’umorismo è un arma usata da Guido per sconfiggere il male. Uno strumento narrativo alla pari dei superpoteri di Captain America, o del martello di Thor. La risata ha il potere di diminuire la forza del violento, è un gesto d’amore (e per questo ci commuove) ne La vita è bella. Che le lacrime le strappi, o che siano invece sincere, questo artificio narrativo va a caratterizzare il protagonista del film secondo i canoni fiabeschi del giullare.
Lungi dall’essere un film realistico, l'opera si suddivide in due sezioni distinte. La prima ingenua, con gag da comica televisiva (e recitazione inaccettabile per un film premio Oscar.) Poi tutto si ribilancia nella seconda parte, più seria, concreta e riuscita, del campo di sterminio. Le due anime del film non sempre interagiscono al meglio, con sbalzi di tono certamente non repentini, ma talvolta difficili da digerire.
L'umorismo di JoJo Rabbit è invece molto più compatto. Non è un'arma del piccolo Bezler, e nemmeno il suo punto di vista sul mondo. È il regista che parla attraverso l'umorismo, è la sua grammatica. Un linguaggio segreto tra l’artista e lo spettatore consapevole (Taika non vuole convincere sulla sua tesi, bisogna essere già convinti per godersi il film).
Innumerevoli artisti hanno raccontato l'orrore. E proprio su quell'orrore sembra che sia stato già detto tutto, soprattutto dalle testimonianze dirette di chi l'ha vissuto. Come continuare quindi a parlarne (cosa necessaria perché non si ripeta), senza che sia una sterile eco? Waititi sceglie di fare una caricatura, di portare all'estremo riti e movenze. Non si prende gioco del male, ma lo mostra nella sua grottesca insensatezza. Distrugge il mito del “villain”, lo priva della sua potenza narrativa. È chiaro il pensiero del regista: la crudeltà attira il pubblico. Nella realtà la violenza chiede di essere emulata, possiede il suo fascino perverso, la stupidità (quasi) mai.
Un universo di suoni, musica e bellezza
La colonna sonora di Nicola Piovani entrò nel cuore di molti italiani restando uno dei pezzi più celebri del compositore. Il compito non era semplice: i suoni sono infatti usati come contrasto rispetto alle immagini narrate. È come se Benigni avesse ripreso ogni fotogramma con uno specchio deformante in cui vengono mostrate immagini ben note, private però della carica drammatica. Così anche la colonna sonora, con un tema che andrebbe benissimo per un Pinocchio, ci immerge in un mondo sognante a cui viene chiesto di ritornare concreto. La partitura musicale si limita però ad un uso di commento extradiegetico applicato alle immagini. Mai veramente interno al racconto.
In JoJo Rabbit invece la musica ricorda molto lo struggente finale di Una tomba per le lucciole. Un grammofono che suona in una casa vuota ora ripopolata di vita. La guerra è finita. Così anche JoJo Betzler danza con Elsa sul finire della pellicola, e del conflitto. Ma Heroes, di David Bowie, è solo un'intuizione nella loro testa. I personaggi la ascoltano con noi spettatori? O la sentiamo solo noi? Non importa. Quello che conta è il segno di libertà. Ballare sulle rovine prima di iniziare a ricostruire, tornare a muoversi in un mondo ormai ereditato da una nuova generazione, è uno sfogo catartico. I piedi si muovono, non hanno più catene. I piedi si mettono in moto, permettendo di andare avanti.
[caption id="attachment_446956" align="aligncenter" width="1000"] Un momento dolorosamente indimenticabile di Jojo Rabbit[/caption]
È meglio La vita è bella o Jojo Rabbit?
I film non sono un oggetto fermo dell'immaginario: mutano negli anni, si modificano, perdono smalto o lo riacquistano. Jojo Rabbit non ha ancora subito la prova del tempo, che potrebbe ribaltare il risultato di questo piccolo gioco. La vita è bella invece è un film invecchiato malissimo. Sebbene ancora oggi conservi la sua carica di melodramma basato su un'idea di cinema fortissima (rubata però a Radu Mihăileanu di Train de vie) il suo gioco retorico è troppo scoperto per essere accettato. Jojo Rabbit diversamente opera su altre corde emotive, più sintetiche e meno esplicite, più cinematografiche. Spezza la retorica, deforma il mondo, si schiera con maggiore efficacia e con una grande intelligenza. Entrambi i film non hanno mancato di generare polemiche e radicali odi. Ma forse, quelli su Jojo Rabbit, sono male indirizzati. No, non è La vita è bella. È meglio.
La vita è bella è in arrivo su Disney +. Fateci sapere cosa ne pensate!