Nintendo Switch: cosa significa acquistarla a quasi un anno dal suo debutto ufficiale

Scoprire e riscoprire tutte le potenzialità di Nintendo Switch a quasi un anno dal suo esordio sul mercato

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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C’è davvero qualcosa di speciale nella scocca, nell’hardware, nel display e nei Joy-Con che compongono Nintendo Switch, ultimo rampollo della gloriosa stirpe di device made in Kyoto, oggetto del momento, nonché console già destinata, secondo molti, a registrare nuovi record di vendita, ad arricchire ulteriormente la casa di Super Mario, a regalare infinite gioie ad un audience che, invero, può già sollazzarsi con titoli del calibro di Super Mario Odyssey e Xenoblade Chronicles 2.

Contrariamente a quanto si possa immaginare, non è detto che chi lavori con i videogiochi sia costantemente e puntualmente aggiornato in materia di piattaforme in possesso. Può capitare, come nel caso qui descritto, che per motivi editoriali, quando non puramente e vilmente dovuti alle ristrettezze economiche del sottoscritto, si accumuli qualche mese di ritardo rispetto al debutto ufficiale.

Mi è accaduto con Wii U, recuperato in zona cesarini, a dire il vero, a ridosso dell’esordio del suo illustre ed esuberante successore; è ricapitato, per l’appunto, con Nintendo Switch. Non mancavano le buone intenzioni, né aleggiava alcun pregiudizio personale attorno ad una macchina che, comunque, aveva il difficile compito di ribaltare una situazione che sembrava ricalcare i difficili tempi vissuti dalla Grande N all’epoca del Game Cube. C’era una precisa scelta strategica alle spalle: godersi il primo impatto di Nintendo Switch dall’esterno; seguirne gli eventuali successi, registrarne le inevitabili problematiche di gioventù da distanza di sicurezza.

[caption id="attachment_181260" align="aligncenter" width="1000"]The Elder Scrolls V Skyrim screenshot Se prodotti come Skyrim dovessero avere effettivamente successo, se le terze parti dovessero iniziare ad avere fiducia in Nintendo Switch, potremmo trovarci di fronte a qualcosa che si avvicina pericolosamente al concetto di console perfetta.[/caption]

Ignavo e pusillanime, non c’è alcun dubbio. Eppure tutto è filato per il meglio. I difetti costruttivi, che pur ci sono stati, si sono rivelati di secondaria entità, mentre la softeca ha iniziato sin da subito ad ingrossarsi grazie ad illustre produzioni first party, inattesi porting, un flusso costante di titoli indie.

Complice la Limited Edition di The Legend of Zelda: Breath of the Wild che mi guardava, ancora incellophanata, con occhi sempre più supplichevoli, complice il recente raggiungimento dei trent’anni, traguardo che, come ho già avuto modo di scrivere, comporta più di un cambiamento nella vita del videogiocatore medio, mi sono deciso a rompere ogni indugio, sospendere l’austerity autoimpostami e regalarmi, finalmente, questa benedetta console ibrida che, a detta di molti, sarebbe realmente ed effettivamente capace di modificare la percezione e la consueta fruizione del medium.

Su questo, sì, ero molto scettico. Del resto, non siamo la generazione cresciuta con il Game Boy? Con la rivoluzione tattile sostenuta dal Nintendo DS? Con la potenza bruta, fine a sé stessa purtroppo, di PS Vita? Con i Google Play e gli App Store traboccanti di giochi da installare sui nostri smartphone?

Eppure, una volta stretto Nintendo Switch tra le mani, si comprende perfettamente che c’è qualcosa di speciale, di unico, di irripetibile, che distanzia il device da un qualsiasi altro tablet e scava una linea di demarcazione netta persino con il Nintendo 3DS, il suo parente più prossimo, se vogliamo.

La differenza non consiste nella possibilità di farsi una veloce partitella a The Legend of Zelda: Breath of the Wild sotto le coperte, poco prima di proseguirla sul televisore di casa. Non solo, per lo meno. Basta riprendere in mano lo sfortunato GamePad di Wii U per accorgersene subito: il discriminante è proprio il design, le funzionalità e feature con cui i Joy-Con arricchiscono la console.

Il diretto confronto, se possibile, mette ancor più a nudo tutti i limiti e criticità di una console effettivamente destinata al fallimento, confusa e disorientante tanto nel modo con cui si è presentata sul mercato, quanto negli strumenti che ha offerto agli stessi game designer delle first party, solitamente sempre a loro agio nel tirare fuori il meglio possibile dalle console prodotte da Nintendo stessa.

Ne è l’ennesima prova l’appena annunciato Labo, esperienza che fonde, seppur alla lontana, i videogiochi con i Lego, nuova collana di giocattoli di cartone e software ludici il cui cardine ruota proprio attorno alle infinite potenzialità del trittico composto dai Joy-Con e dal display, unità modulare, scomponibile e ricomponibile a piacimento, adattabile a molteplici utilizzi e funzioni.

Del resto, parliamo pur sempre di una console che, nel suo piccolo, sta rinvigorendo persino il multiplayer in locale, ennesima caratteristica che soprattutto il videogiocatore neo-trentenne non può ignorare. Il singolo Joy-Con, per quanto piccolo e a corto di tasti, si trasforma in un controller che ha ben poco da invidiare ad un Dualshock qualsiasi, strumento più che sufficiente per organizzare, al volo, una partita con un amico.

[caption id="attachment_181261" align="aligncenter" width="1000"]Joy-Con immagine L’unico limite di Nintendo Switch, al momento, sembra essere legato al costo delle periferiche. Settanta euro per una seconda coppia di Joy-Con sembrano un tantino eccessivi.[/caption]

Da questo punto di vista, il software, il semplicissimo e rudimentale sistema operativo della piattaforma dà una bella mano. Non ci sono troppi accessi e autenticazioni da fare. L’ospite non si deve loggare, non si passa attraverso menù o opzioni da selezionare.  Tutto è rapido, immediato, semplice. Come ai tempi del Super Nintendo.

Ad un anno dalla sua commercializzazione, Nintendo Switch non ha ancora smesso di stupire il suo audience. Labo è la controprova più evidente dell’efficacia del concept che ha dato i natali alla console, un device fondamentalmente simile al GamePad del Wii U, eppure completamente diverso, perché non modulare, ancorato alla fruizione “classica” di una console domestica.

Non poteva esserci un primo contatto più idilliaco di quello che ho avuto con Nintendo Switch. Il terrore che possa subire danni, le poche volte che ho avuto il coraggio di giocare a Mario Kart 8 Deluxe all’aria aperta, non mi ha impedito di carpire, finalmente, la magia di una console che sembra più un giocattolo. Sempre pronta all’utilizzo, in qualsiasi condizione e momento, smontabile, riadattabile, condivisibile, con un amico, nel vero senso del termine.

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