Nintendo Switch, il suo successo è tutta una questione di dimensioni?

Le dimensioni contano anche nel mondo dei videogiochi: Nintendo Switch ne è l’esempio perfetto

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Ad una delle domande più vecchie del mondo, donne e uomini, sicuramente una buona parte di quest’ultimi,  almeno la maggioranza delle prime, risponderanno che l’importante è che funzioni, che svolga il suo compito con efficienza, perizia, persino professionalità. Eppure, scavando, analizzando la questione più nello specifico, spesso oltrepassando la sottile linea del politically correct, si scopre che, sotto, sotto, la vita, come il football, è una questione di centimetri, parafrasando un famoso monologo di Al Pacino.

Allontanandoci dalle questioni filosofiche fin troppo delicate, e che nello specifico non ci riguardano, almeno per il momento, anche in campo videoludico il discorso, a ben vedere, non è poi tanto diverso.

Lo stacco, il progressivo accrescimento del delta, la nascita di quello che potremmo chiamare il fattore D (dove la lettera D sta ovviamente per dimensione), la si può facilmente individuare e datare ai tempi della generazione PlayStation 3, Xbox 360 e Wii. Mentre Sony e Microsoft si combattevano a suon di supporti capaci di garantire agli sviluppatori una libertà che si misurava, tra le altre cose, in termini di mappe sempre più ampie, Nintendo scendeva in campo con una console tecnologicamente arretrata, tecnicamente rinunciataria, compassata sotto il profilo delle prestazioni grafiche.

[caption id="attachment_184068" align="aligncenter" width="1000"]Nintendo Switch foto A ben vedere, Nintendo Switch è persino troppo grande per essere ritenuta una console portatile, ma nella percezione comune, la possibilità di proseguire l’esperienza sulla TV di casa, ha reso accettabile il compromesso.[/caption]

Nella percezione del pubblico pagante si è creata una sorta di divisione netta e invalicabile, solo sporadicamente colmata da capolavori del calibro di Super Mario Galaxy e Xenoblade Chronicles, tra un certo tipo di esperienze, profonde e appaganti anche e soprattutto perché esteticamente all’avanguardia e contenutisticamente ricchissime, ed un altro, incentrate sul gameplay, su avventure dal respiro meno ampio, per quanto basate sull’innovazione e sulla proposizione di meccaniche inedite.

Il gap, con PlayStation 4, Xbox One e Wii U è andato ulteriormente ampliandosi, complice l’insuccesso e il fallimento globale della piattaforma made in Kyoto. Come se non bastasse, il potenziamento delle infrastrutture online di Sony e Microsoft, con conseguente corsa degli sviluppatori all’esplorazione delle potenzialità della rete, ha ulteriormente esasperato e sottolineato il distacco.

Con Nintendo Switch, la Grande N ha compiuto l’ennesimo passo in diagonale della sua storia, utile per distaccarsi e distinguersi da una concorrenza con cui non può più gareggiare ad armi pari.

Eppure, mai come in questo caso, siamo di fronte ad una console che fa delle dimensioni il suo punto di forza. Sì, perché concettualmente la distanza dalla sfortunata e derisa PS Vita non è così ampia come potrebbe sembrare. L’idea di fondo, del resto, è molto simile: proporre, in ambito portatile, esperienze che hanno ben poco da invidiare a quelle fruite a casa, sullo schermo della propria TV. All’handheld di Sony, sotto questo punto di vista, non mancava nulla, forte di un display OLED e di un hardware ancor’oggi capace di dire la sua.

Nintendo Switch si inserisce nella stessa ed identica scia, estremizzando ulteriormente la volontà, il desiderio, l’intento di avvicinare il mobile gaming, a quello domestico. La feature portante della console, quella di poter proseguire la partita in corso sul televisore di casa, senza alcuna interruzione beninteso, parla da sola: le dimensioni contano eccome e possono determinare il successo, e conseguentemente l’insuccesso, di una console.

Se da una parte PS Vita è stata accusata di scimmiottare pateticamente quanto già esperito e visto su PlayStation 3 e PlayStation 4, dall’altra non si fa altro che esultare alla notizia dei porting di DOOM, The Elder Scrolls V: Skyrim e Dark Souls per Nintendo Switch.

Sì, perché anche i giochi, nel frattempo, complice il progresso tecnologico, hanno aumentato a dismisura le loro dimensioni, permettendosi, anche in ambito portatile, di raggiungere le esorbitanti dimensioni sfoggiate da The Legend of Zelda: Breath of the Wild, capace di oscurare, senza nemmeno troppa fatica, i pur validi Uncharted: L’Abisso d’Oro e Gravity Rush, produzioni che più di altre hanno cercato di mostrare e dimostrare la validità della strategia tentata da Sony.

Nintendo Switch, insomma, vince e convince soprattutto grazie ad un’idea banale, all’effetto scenico più vecchio del mondo: più grande è meglio. Certo, i Joy-Con sono una trovata assolutamente geniale, il design della console svolge il suo compito alla grande ed innegabilmente gli sviluppatori che lavorano a Kyoto sono ancor’oggi tra i migliori del mondo, ma il segreto intrinseco del successo della piattaforma sembrerebbe essere proprio questo.

[caption id="attachment_180752" align="aligncenter" width="1000"]Nintendo Switch Circolano già numerosi rumor riguardanti una nuova versione di Nintendo Switch. Dobbiamo aspettarci un device più potente e più contenuto nelle dimensioni?[/caption]

Del resto, così come ai tempi del Wii, contrariamente a quanto accaduto nell’era Wii U, il marketing ha svolto perfettamente il suo compito, evidenziando le potenzialità di una console portatile, e non casalinga, che all’occorrenza non avrebbe affatto sfigurato ad estendere ed espandere il display dell’handheld sullo schermo della propria TV.

Nintendo, insomma, ha compiuto l’ennesimo miracolo della sua storia, vendendo come meglio non poteva una console portatile potenzialmente dalle “grandi” dimensioni, ribadendo, ancora una volta, che, infondo, le dimensioni contano eccome.

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