Nintendo Labo, alla riscoperta dell'essenza più intima del gioco

Cos’è e come funziona davvero Nintendo Labo

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Quando ero bambino, nonostante le mie incessanti e insistenti richieste, i miei genitori non volevano comprarmi una pistola giocattolo. Le loro ovvie e intuibili intenzioni, nonostante mi permettessero di  sollazzarmi con la cassetta di Terminator 2, sacro manufatto che avvolgevo e riavvolgevo in loop da mattina a sera, erano assolutamente buone, invidiabili, sostenute da valori imprescindibili.

Capivo il loro punto di vista, ma non riuscivo ad accettarlo, mortificato e infastidito dal non possedere l’imitazione di un’arma, oggetto con cui rendere più credibili le carneficine immaginarie che mettevo in scena ogni pomeriggio, lungometraggi personalissimi in cui ricalcavo le gesta del mio eroe, quell’Arnold Schwarzenegger protagonista, tra gli altri, del bellissimo Atto di Forza, ennesima pellicola che ha alimentato sogni e fantasie della mia infanzia.

[caption id="attachment_181371" align="aligncenter" width="1000"]Nintendo Labo foto Naturalmente non vediamo l’ora di un Wario Ware in salsa Nintendo Labo.[/caption]

Non potevo starci, non potevo accettarlo, non potevo arrendermi. Cominciai così a “cercare” e creare le mie pistole tra gli oggetti che trovavo in casa. Mollette, penne tenute insieme dal nastro adesivo e pezzi di cartone tagliati su misura.

Sì, i cartoni, puzzle al contrario, da cui persino un giovanotto con poca manualità, come lo era (lo è) il sottoscritto, sarebbe stato capace di estrarre forme geometriche, sagome di animali, siluette di personaggi famosi e non.

In Nintendo ci devono essere tanti bravi designer che ricordano benissimo la loro infanzia. Shigeru Miyamoto in persona, del resto, nei suoi racconti, fa coincidere la nascita di alcune delle sue saghe più famose, da The Legend of Zelda a Pikmin, con esperienze avute durante l’infanzia, quando esplorava e giocava spensierato vicino casa o in un giardino.

Lo stesso spirito, deve aver evidentemente dato origine allo sfortunato Virtual Boy, View-Master all’ennesima potenza; al Wiimote, all’occorrenza spada, pistola e bacchetta magica, finalmente tangibile, con cui interagire; al Nintendo Labo, nuova collana di prodotti, difficilmente definibili usando una sola parola, che fonde i videogiochi con qualcosa di molto simile ai Lego, quanto meno dal punto di vista prettamente concettuale.

Acquistando uno dei due pacchetti fin’ora presentati, il Kit Assortito o il Kit Robot, vi porterete a casa software e Toy-Con, dei cartoni da montare, seguendo attentamente le istruzioni, entro cui incastrare e incastonare Joy-Con e display di Nintendo Switch.

"non è affatto detto che Nintendo Labo sarà un prodotto che spopolerà esclusivamente nella fascia di pubblico più giovane"La Grande N, ancora una volta, sembra andare in controtendenza. Laddove la concorrenza si sfida in un’inedita versione della Guerra Fredda fatta di risoluzioni, benchmark tecnologici e visori per la realtà virtuale, a Kyoto si torna alle origini, con un hardware apparentemente (apparentemente) arretrato, Nintendo Switch appunto, restituendo alla fantasia, nella fruizione videoludica, il ruolo egemone, esattamente come accadeva ai tempi del NES, del Game Boy, delle prime console che hanno fatto innamorare di questo medium noi, utenti ormai attempati.

Sì, perché contrariamente al parere di molti, non è affatto detto che Nintendo Labo sarà un prodotto che spopolerà esclusivamente nella fascia di pubblico più giovane. Sui social, sono moltissimi gli adulti che hanno già espresso il loro entusiasmo nei confronti della proposta, scoraggiati semmai, solo in parte, dal costo relativamente elevato per ciò che ritengono poco più che una manciata di minigiochi e qualche cartone (come se le idee non avessero un valore).

[caption id="attachment_181372" align="aligncenter" width="1000"]Nintendo Labo foto Buona parte del successo di Nintendo Labo dipenderà anche dalla tipologia di videogiochi proposti. Al momento solo il Kit Robot sembra affiancato da un prodotto dotato di una certa profondità.[/caption]

Tra neo-genitori con la scusa del figlio piccolo, curiosi ed eterni Peter Pan, Nintendo Labo rischia di fare il botto anche tra i più cresciuti. Potrebbe ovviamente trattarsi di una bolla di sapone, tanto divertente quando effimera, un  po’ come accadde con Wii Sports e cloni.

Eppure, a ben vedere, è lo stesso concept dell’iniziativa a suggerire una certa fugacità, legato com’è, a doppio filo, ad un materiale deperibile come il cartone, destinato, in un modo o nell’altro, a rovinarsi, a perdere elasticità, consistenza, resistenza alle torsioni.

C’è un adagio popolare che, più di altri, ricalca alla perfezione lo stato dei fatti: il gioco è bello finché dura poco. Come le mollette, le penne e i cartoni che usavo da bambino per creare delle pistole immaginarie, che tornavano ad assumere la loro funzione originale, o si rompevano, nel giro di un pomeriggio, Nintendo Labo potrebbe comporsi come un’esperienza sicuramente costosa, ma magica, sopratutto perché tutt’altro che destinata a sopravvivere al tempo, così da trascendere la dimensione fisica, per accucciarsi nello stesso posto in cui attualmente risiede la parte migliore della nostra infanzia, nonché uno dei periodi più felici della nostra vita: i ricordi.

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