Nintendo 64, vent’anni fa artigliavamo la potenza per la prima volta

L’1 marzo 1997 esordiva nel nostro continente l’indimenticato Nintendo 64

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Se è vero che la storia la fanno i vincitori, lo è altrettanto che i freddi numeri, da soli e tanto più nell’industria videoludica, non bastano a riassumere un’epoca, né a carpire lo spirito, le dinamiche, l’evoluzione, di gameplay, grafica e non solo, che si racchiude e si schiude nell’arco di una generazione di console.

Quando per Nintendo la pura potenza tecnologica era ancora un fattore determinante nella realizzazione dei propri hardware; quando al comando della società di Kyoto sedeva un samurai dal pugno di ferro, l’indimenticabile Hiroshi Yamauchi; quando la Grande N dettava ancora, con un pizzico di supponenza, trend, tempi e strategie della stessa industria che aveva contribuito a creare, proprio in questo frangente storico venne il momento di lanciare sul mercato il Nintendo 64, figlio di una lunghissimo processo di ricerca e sviluppo, nonché di una campagna marketing dove gli addetti ai lavori fecero di tutto per proteggere i tanti segreti che avrebbero reso quella console unica, rivoluzionaria, speciale.

Dalle primissime tech demo mostrate da Silicon Graphics, partner prescelto da Nintendo per la realizzazione del chip di quello che inizialmente venne chiamato Project Reality, in cui, tra le altre cose, veniva mostrato uno squalo immerso in uno scenario da sogno, sino al novembre 1995, dove nel corso del Salone Shoshinkai Software tenutosi in Giappone venne mostrato il design definitivo del Nintendo 64, fu una cavalcata fatta di attesa spasmodica e notizie rilasciate con il contagocce.

[caption id="attachment_169463" align="aligncenter" width="600"]Nintendo 64DD Il 64DD prometteva meraviglie. Peccato che fu distribuito solo in Giappone e i giochi pubblicati per la sfortunata periferica furono in tutto nove, tra cui spicca F-Zero X Expansion Kit che, tra le altre cose, permetteva di creare la pista dei propri sogni grazie ad un editor dedicato.[/caption]

L’azienda di Kyoto, in questo senso, fu abilissima nell’alimentare l’immaginario di milioni di videogiocatori che iniziarono a pensare al sempre più imminente debutto console della Grande N come all’arrivo del Messia, della piattaforma definitiva che avrebbe riscritto i libri di storia.

Altri tempi, verrebbe da dire, così lontani dai quotidiani leak, dai continui rumor di insider e dai teaser trailer dei trailer. Tempi in cui le distanze, geografiche e temporali, erano siderali, spesso invalicabili, incentivanti nel creare quell’alone di mistero e attesa che rendeva tutto più magico e imprevisto.

Il Nintendo 64 se la prese con comodo, figlio di quella supponenza, già citata, che più di ogni altra cosa fu croce e delizia dalla presidenza Yamauchi. L’hype, come sappiamo, non bastò. Non sul lungo periodo, dopo un successo iniziale incoraggiante, non per surclassare la concorrenza, non per pareggiare i dati vendita dell’illustre Super Nintendo.

La prima PlayStation non solo giunse sul mercato con largo anticipo, un anno e mezzo addirittura. Piuttosto che come un oggetto tecnologico avveniristico e graziato da alcune scelte tecniche oculate, come l'uso dei CR-ROM al posto delle cartucce, si propose innanzitutto come nuovo paradigma culturale, status symbol, portatore di un modo nuovo di intendere e fruire i videogiochi. Non ci fu video di comparazione grafica, né esclusiva prodotta dagli studi interni di Nintendo a ribaltare quella che ormai si prefigurava come una battaglia (di numeri, s’intende) persa sin dall’inizio.

Eppure, dicevamo in apertura, la storia, almeno quella dei videogiochi, non la scrivono solo i vincitori. Se fosse così, oggi probabilmente non godremmo di analogici che ci permettono di controllare alla perfezione i nostri avatar immersi in mondi tridimensionali. La prima rivoluzione del Nintendo 64, fu proprio quella relativa al suo controller, il famoso tricorno, promotore e anticamera ad un inevitabile riadattamento, di un imprescindibile addestramento per i neo-avventurieri delle tre dimensioni, lievemente disorientati dalla presenza di poligoni e texture al posto dei pixel.

Chi vi scrive, ricorda una notte insonne, di poco successiva al primo marzo 1997, giorno d’esordio della console nel nostro continente, passata a muovere i primi impacciatissimi passi di un Super Mario, sorpreso quanto me, nell’esplorare un Mushroom Kingdom in lungo, in largo, in profondità.

Fu il primissimo lampo accecante di una piattaforma che mai come altre seppe aggiornarsi e rinverdirsi lungo il suo arco di vita. Soprassedendo sul comunque intrigante esperimento relativo al 64DD, (s)fortunatamente rimasto confinato in Giappone, il Rumble Pak aggiunse il tatto tra i sensi coinvolti nella normale fruizione di un videogioco, il Transfer Pak metteva in comunicazione il Nintendo 64 con il ben più fortunato Game Boy, l’Expansion Pak, infine, regalò alla console un’anzianità più che degna, amplificandone le prestazioni grafiche e permettendogli di gestire giochi mastodontici come Donkey Kong 64 e il sublime The Legend of Zelda: Majora’s Mask.

Sì, perché non bisogna ovviamente dimenticarsi dei giochi, anima e specchio di qualsiasi piattaforma, figurarsi di una targata Nintendo. C’era chi nostalgicamente sospirava ai bei tempi andati del Super Nintendo, quelli in cui anche le terze parti sfornavano regolarmente esclusive da urlo. Ci fu, in un secondo momento, chi preferì l’epoca Game Cube. Eppure la prima scampagnata della Grande N nelle tre dimensioni fu foriera di capolavori senza tempo che, per forza di cose, segnarono un’epoca e (re)inventarono nuovi generi.

[caption id="attachment_169464" align="aligncenter" width="600"]Nintendo 64 Pikachu Edition Del Nintendo 64, nel corso degli anni, ne uscirono diverse versioni che si proponevano con colori e fantasie che non facevano altro che mandare in brodo di giuggiole i collezionisti. Tra i restyling che preferiamo, c’è ovviamente quello dedicato a Pikachu.[/caption]

Inutile citare nuovamente Super Mario 64, o gli strepitosi Banjo-Kazooie e relativo seguito, padri fondatori del platform 3D. Più utile e interessante, a fini storici e affettivi, far notare come Goldeneye 007 abbia dato lustro ad un genere che dopo Doom sembrava aver già sparato le cartucce migliori; sottolineare quanto Super Smash Bros. abbia riletto i picchiaduro a incontri con originalità e un pizzico di autoironia; ribadire che The Legend of Zelda: Ocarina of Time sia a tutti gli effetti un open-world tridimensionale ante-litteram; analizzare il modo in cui Mario Party abbia ridefinito il concetto di multiplayer in locale; ricordare quel piccolo capolavoro irriverente che risponde al nome di  Conker's Bad Fur Day, in grado, da solo, di ribaltare il comune pregiudizio che Nintendo producesse solo giochi pensati per le famiglie.

Attorno a queste piccole e grandi rivoluzioni, un più che discreto numero di titoli strepitosi che traducevano in 64-bit esperienze già vissute in passato. Parliamo di giochi imperdibili del calibro di F-Zero X, Lylat Wars, Mario Kart 64, tra cui spiccano persino alcune produzioni di terze parti (spesso non in esclusiva, tuttavia) come Turok: Dinosaur Hunter, Star Wars: Rogue Squadron e Resident Evil 2 che su Nintendo 64 arrivò in una versione corretta e potenziata.

Se il mondo dei videogiochi è come lo conosciamo oggi, se tra due giorni, finalmente, potremo stringere tra le mani Nintendo Switch, lo si deve anche a questo illustre sconfitto. Il Nintendo 64 non verrà certo ricordato come la console più venduta della storia, forse nemmeno come una delle migliori partorite dalla Grande N, ma ha saputo traghettare, meglio di qualsiasi altra piattaforma, i videogiochi nella terza dimensione soprattutto grazie alla perfetta commistione tra hardware e software, come vuole la tradizione della casa di Kyoto. Perché non ci sarebbe mai stato Super Mario 64, senza analogico.

Tanti auguri Nintendo 64. È stato un piacere artigliare la potenza per la prima volta esattamente vent’anni fa.

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