Nightmare – Dal profondo della notte trionfa per principio

Lo spunto alla base di Nightmare – Dal profondo della notte è talmente forte che da solo basta a rendere il film un trionfo

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Quarant’anni fa, Wes Craven fece uscire un film, regalando così a un’intera generazione di adolescenti un incubo talmente potente da trascendere la sua natura filmica ed entrare a far parte della cultura popolare tutta – Nightmare – Dal profondo della notte è il genere di film di cui anche chi non frequenta l’horror ha sentito parlare, e Freddy Krueger un’icona alla pari di Michael Myers e Jason Voorhees. L’uscita negli anni di un numero enorme di altri film del franchise ne ha purtroppo un po’ sciacquato la potenza, riducendolo infine a un classico “horror con un sacco di sequel”. Ma ormai viviamo nell’era dei cineuniversi e dell’orizzontalità totale, per cui abbiamo deciso di celebrare i quarant’anni di Nightmare – Dal profondo della notte andando a rivisitare tutti i film del franchise – e se la rubrica andasse bene, anche gli spin-off e i remake.

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L’importanza di chiamarsi Freddy

Ci sono tre motivi per i quali Nightmare – Dal profondo della notte ha scavato un solco così, ehm, profondo nella fantasia di milioni di persone. In realtà ce ne sono anche di più, ma oggi vogliamo concentrarci su quelli che secondo noi riassumono meglio l’unicità della serie, e del primo capitolo in particolare. Il più importante, forse non serve neanche dirlo, è che trattandosi di uno slasher deve avere un mostro/cattivo/assassino all’altezza – e Freddy Krueger è forse una delle creazioni più spaventose della storia dell’horror moderno.

Innanzitutto è immediatamente riconoscibile, un’icona con il suo maglioncino, la faccia bruciata e le unghie chilometriche; ma è anche, un po’ come Pennywise, plastico e mutaforma: agisce nei sogni (ci torniamo) e quindi può fare del suo corpo quello che vuole, purché serva a terrorizzare le sue vittime. Non dà punti di riferimento, come succede negli incubi, e poi è, in mancanza di un termine più adatto, completamente demente. Ride, si contorce, dà l’impressione non solo di essere letale ma anche di divertirsi un mondo a fare quello che fa: è un sadico fuori di testa, e anche se Nightmare – Dal profondo della notte arriva a motivare le sue azioni con una classica origin story tragica, non ne fa mai il fulcro del personaggio. Freddy fa Freddy perché è Freddy, e non c’è nulla di più spaventoso di un’entità con la quale non si può ragionare.

Nightmare – Dal profondo della notte e l’estetica del sogno

Il secondo motivo per cui il film di Wes Craven è diventato un classico è quello che anticipavamo già nel titolo: il presupposto stesso di Nightmare – Dal profondo della notte, il pitch che si scrive su un foglietto di carta e spiega già tutto, è talmente forte da “fare” il film. L’idea del killer che si insinua nei sogni e lì agisce è terrificante, perché è un’invasione di uno dei momenti più intimi che una persona possa vivere; il sonno è un’attività sacra, da svolgere senza disturbi esterni, e soprattutto completamente privata: nessuno può (o dovrebbe potere) romperti le scatole nei sogni, durante i quali il nostro cervello riordina e rianalizza le informazioni acquisite nel corso della giornata. Si dorme da soli, si sogna da soli: è terribile pensare che ci possa essere un intruso nel nostro santuario onirico. Ed essere obbligati a stare svegli per non farsi ammazzare è una tortura che non si augurerebbe neanche al proprio peggior nemico.

Wes Craven lo sa e punta tutto l’impatto del film su questa indescrivibile invasione della privacy. Quello che succede quando Nancy è sveglia conta poco, anche se serve a presentarci i personaggi e a preparare il terreno allo scontro finale. Il cuore del film è quello che succede quando Nancy (o chi per lei) si addormenta, il che rende Nightmare – Dal profondo della notte anche un film per guardoni, che spia i suoi protagonisti nei loro momenti più privati e vulnerabili. E siccome Craven aveva anche un clamoroso talento visivo, ogni sequenza onirica diventa indimenticabile, oltre che incredibilmente influente: un film come Il corvo, per esempio, deve moltissimo a Nightmare.

Il twist della final girl

L’ultimo aspetto di Nightmare – Dal profondo della notte che vorremmo mettere in evidenza è il giochino che fa con le aspettative di chi già nel 1984 era abituato agli slasher e alle loro regole. E cioè: il primo atto del film di Craven fa di tutto per farci credere che la Christina di Amanda Wyss sia la final girl, quella che alla fine si scontrerà con il mostro. Le viene dedicato il tempo a schermo che normalmente si riserva alla protagonista, e sia Nancy sia il suo fidanzato Glen (l’esordiente Johnny Depp) vengono invece presentati come contorno, come “amici della protagonista”.

C’è un solo indizio che fa sospettare che le cose possano prendere una piega diversa: il fatto che Christina non sia una ragazza virginale e innocente. Si sa che negli slasher non fare sesso è il modo migliore per salvarsi la vita: e infatti la povera Tina diventa non la final girl, ma la prima vittima di Freddy Krueger. Da lì, Nightmare – Dal profondo della notte sposta l’occhio su Nancy, elevandola grazie alle sue virtù morali al ruolo di vera protagonista; ma la morte di Tina rimane un momento shockante, che prepara il terreno al resto dell’incubo. Un incubo che, come da tradizione, non finisce con i titoli di coda: ma di questo parleremo settimana prossima.

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