Nightmare 6 – La fine non è una gran fine

Nightmare 6 – La fine chiude (?) la saga di Freddy Krueger snaturandolo definitivamente

Condividi

Lo avevamo evocato la scorsa settimana ed ecco che è arrivato: Nightmare 6 – La fine non è solo la (prima e non unica) conclusione della saga di Freddy Krueger, il film che avrebbe dovuto chiudere tutte le parentesi e mandare definitivamente in pensione il tizio con gli artigli che ti ammazza nel sonno; è anche il primo vero salto dello squalo di un franchise che, da qui in avanti, ma ne parleremo, conoscerà una rapidissima parabola discendente. Da un lato è un mezzo miracolo: una saga di sei film cinque dei quali valgono qualcosa (in una scala che va da “tantissimo” a “poteva andare peggio”), e solo uno è clamorosamente sbagliato. Dall’altro è un peccato: la fine di una saga è qualcosa che ci si ricorda per sempre, ed è brutto sapere che ci ricorderemo di Freddy per Nightmare 6 – La fine.

Nightmare 6 – La fine snatura definitivamente Freddy Krueger

Cominciamo subito con la considerazione più importante, quella che stabilisce il tono di tutto il film e lo condanna irrimediabilmente allo scherno o all’oblio. Giunti al sesto capitolo di questa saga nella quale un tizio ti entra nei sogni e ti ammazza in modi creativi, Freddy Krueger non è più lui. È stato completamente snaturato, trasformato in un’icona pop, ricordato più per le sue buffe one-liner che per i suoi omicidi. Il Freddy dei primi capitoli era minaccioso e inquietante. Certo, era anche pazzo da legare, rideva sempre e diceva frasi a effetto; ma erano dettagli che ne arricchivano la figura, non erano la sua intera personalità.

Nightmare 6 – La fine, invece, decide che Freddy Krueger non deve più fare paura, ma ridere e divertire. È più giocoso del solito, persino nel togliere la vita alle sue vittime: prendete per esempio la scena in cui manipola il povero Spencer con un Power Glove della Nintendo. È persino diventato citazionista: c’è una morte che richiama i cartoon di Hanna&Barbera, per esempio, nella quale il nostro incubo si spara pure una posa da Road Runner. Persino la rivelazione sull’origine dei poteri di Freddy lascia… freddi: c’era davvero bisogno di introdurre i demoni del sogno, rappresentati peraltro come dei buffi pesciolini con la faccia da teschio?

Il casino della mitologia

Per rispondere alla domanda con cui si chiude il paragrafo precedente: sì, probabilmente sì, ce n’era bisogno, per dare una risposta definitiva e tutto sommato accettabile alla domanda “chi è Freddy Krueger?”. Che è poi la domanda che ci portiamo dietro dal primo film, e la cui risposta abbiamo scoperto pezzo dopo pezzo, capitolo dopo capitolo: il modo in cui è stato concepito, la sua infanzia e adolescenza, la vita “normale” che ha condotto prima di diventare un serial killer… Tutti pezzi di un puzzle che viene completato in Nightmare 6 – La fine, e che a conti fatti risulta incredibilmente pasticciato.

Il dettaglio gestito peggio di questo enorme calderone di spunti è, a nostro avviso, il rapporto tra il mondo dei sogni dominato da Freddy e la realtà. Quella che all’inizio era una cosa semplicissima (“Freddy invade i tuoi sogni e ti ammazza”) è diventata, capitolo dopo capitolo, un gran macello: Nightmare 6 – La fine è, in questo senso, il film nel quale il confine tra i due mondi crolla forse definitivamente, al punto che dal secondo atto in avanti smettiamo di capire se quello che stiamo vedendo sia un sogno o la realtà. Tanto ormai vale tutto: l’importante è avere un gruppo di adolescenti da massacrare, e qualche buona idea per farlo.

Nightmare 6 – La fine e Tank Girl

E qui arriviamo a quello che avrebbe dovuto essere uno dei punti di forza del film, e si rivela invece la sua debolezza principale. A dirigere, su una storia scritta da lei stessa, c’è Rachel Talalay, che fino a quel momento aveva lavorato principalmente come produttrice, e che scelse Nightmare 6 – La fine per fare il salto dall’altra parte della macchina da presa. Magari la ricorderete per un piccolo culto anni Novanta, Tank Girl con Lori Petty e Naomi Watts: era un film fumettoso, colorato, eccessivo e sempre sopra le righe, una sorta di “Mad Max incontra il circo Barnum” che, al netto dei suoi problemi produttivi, divertiva, intratteneva e mostrava tutto il talento anarchico della sua autrice.

Il problema è che quello stesso talento, se trasportato sulla saga di Nightmare, non funziona. Nightmare 6 – La fine è un baraccone postmoderno e autoironico, che di per sé è una scelta valida come un’altra, ma che in questo caso specifico contribuisce in maniera decisiva a quanto dicevamo all’inizio, cioè la snaturalizzazione totale di Freddy Krueger. E così anche quello che dovrebbe essere uno dei momenti più importanti della saga, la morte definitiva e irreversibile del mostro, è messo in scena come una mezza barzelletta, una cafonata che non fa alcun favore al personaggio. È un peccato, e il botteghino punì Nightmare 6 – La fine come si meritava. Per fortuna, nello stesso periodo, Wes Craven lavorava nell’ombra per sistemare le cose… ma ne parleremo la prossima settimana.

Continua a leggere su BadTaste